Negli Stati Uniti è stata condotta una ricerca che collega il lavoro notturno con l’insorgere del diabete.
Ad occuparsene è stata Varsha Vimalananda, ricercatrice presso il Center for Health Organization and Implementation Research, in Bedford (Massachusetts), e assistente-professore di medicina, presso la Boston University School of Medicine.
Il risultato ha evidenziato un’effettiva differenza tra chi è abituato a lavorare con turni di notte e chi, invece, non l’ha mai fatto: più anni di lavoro notturno corrispondono a maggiori probabilità di soffrire di diabete.
Per la precisione, l’aumento è stato così quantificato:
- 17% da uno a due anni di lavoro notturno
- 23% da tre a nove anni di lavoro notturno
- 42% da dieci o più anni di lavoro notturno
Dopo aver aggiustato le statistiche anche in riferimento all’indice di massa corporea e ad altri fattori di stile di vita (dieta alimentare e abitudine al fumo), l’associazione tra il lavoro di notte e il rischio di diabete è rimasta statisticamente significativa: 23% di probabilità in più per chi ha lavorato almeno dieci anni con turni notturni, rispetto a chi ha lavorato sempre soltanto di giorno.
“Anche se lo stile di vita e l’indice della massa corporea spiegano in parte l’associazione lavoro-diabete, le donne con alle spalle un lungo periodo lavorativo di notte presentavano un aumento del rischio di diabete, suggerendo la presenza di connessioni significative supplementari”, affermano gli autori della ricerca.
Quali sarebbero le cause della correlazione “lavoro notturno-diabete”?
La causa di questo legame potrebbe essere da attribuire all’interruzione del regolare ritmo del ciclo del sonno: “Simile agli effetti del jet lag, che sono però a breve termine, chi fa turni di lavoro di notte può sperimentare stanchezza e sonnolenza durante le ore programmate di veglia, poco sonno invece durante i periodi di riposo. Queste alterazioni nel normale ciclo sonno-veglia hanno effetti profondi sul metabolismo”, assicurano i ricercatori.
“Anche dopo tanti anni di lavoro notturno, ritmi non regolari possono disequilibrare completamente il normale ciclo sonno-veglia. Gli effetti metabolici di un lavoro a turni a lungo termine sono quindi probabilmente associati all’insorgere del diabete”.
Rischio diabete: è una questione di etnia?
Diversi studi precedenti avevano già esaminato il legame tra lavoro notturno e diabete, ma si era data una spiegazione per lo più attraverso i dati dell’indice di massa corporea. Con l’aumento della prevalenza di diabete nelle donne di origine afro-americana negli Stati Uniti (12,6% rispetto al 4,5% di quelle di altre etnie), si è deciso che questa potenziale associazione (lavoro-diabete) andasse esplorata più a fondo tra le donne di colore.
I ricercatori hanno così monitorato più di 28.000 donne di colore senza diabete e si sono informati sulle loro abitudini lavorative. Le donne sono state seguite dal 2005 per otto anni e si sono riscontrati 1.786 casi di diabete. Il 37% ha riferito di aver avuto turni notturni, il 5% di aver lavorato di notte per almeno 10 anni. Le donne di colore che hanno riferito di aver lavorato di notte presentavano un 22% in più di rischio di sviluppare diabete, rispetto a quelle che non avevano mai sperimentato ore di lavoro notturno. Dopo l’aggiustamento delle statistiche in base a fattori di indice di massa corporea e di stile di vita, l’aumento del rischio si è attestato intorno al 12%.
Gli autori hanno anche scoperto come l’associazione sia più forte nelle donne giovani (sotto i 50 anni) rispetto alle donne anziane: 39% contro 17%.
Dallo studio è emersa anche l’alta prevalenza di afro-americani che lavorano di notte (circa il 35%).
Quando smettere di lavorare non è un’opzione
“Per la maggior parte dei lavoratori notturni interrompere semplicemente il proprio lavoro non rappresenta un’opzione realmente percorribile per la prevenzione”, afferma la leader di questa ricerca Varsha Vimalananda. “L’onere della prevenzione può quindi rappresentare un impegno sociale a carico del datore di lavoro che può evitare, quando è possibile, il lavoro notturno”.
Vimalananda e i suoi co-autori, la maggior parte dei quali affiliati allo Slone Epidemiology Center dell’università di Boston, sostengono che l’esatta correlazione tra i disturbi del sonno ed il rischio di diabete non è ancora del tutto chiara. Proprio per questo la ricerca è stata implementa con studi condotti su alcuni animali. L’interruzione del regolare ciclo sonno-veglia nei ratti, ad esempio, ha causato una rapida perdita di cellule beta, con conseguente diminuzione della secrezione d’insulina e un accelerato sviluppo del diabete.
L’aumento del rischio di diabete ha importanti implicazioni per la salute pubblica: “Poiché lavorare di notte può essere una condizione inevitabile, è necessario continuare con la ricerca per arrivare un giorno a facilitare l’adattamento ad un ritmo sonno-veglia non regolare”.