Una vita condotta in condizioni socio-economiche precarie incide notevolmente sullo stato di salute degli individui, riducendo l’aspettativa di vita di oltre due anni, quasi quanto altri mali comunemente conosciuti, quali fumo, diabete e obesità.
A dimostrarlo è uno studio condotto dai ricercatori di Lifepath, finanziato dalla Commissione Europea e pubblicato sulla prestigiosa rivista medico-scientifica The Lancet.
Secondo tale ricerca la condizione socio-economica si aggiunge ai sei fattori di rischio già resi noti dal piano “25×25”, un progetto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità datato 2011, il cui obiettivo è quello di ridurre del 25% la mortalità legata a malattie non trasmissibili entro il 2025.
I fattori di rischio ufficialmente definiti dal piano “25×25” sono i seguenti:
- fumo: l’utilizzo abituale di tabacco incide sulla vita degli individui, riducendola mediamente di 4.8 anni;
- diabete: ha un impatto sulla durata della vita di circa 3.9 anni;
- vita sedentaria: la poca attività fisica provoca una riduzione della vita media di circa 2.4 anni;
- ipertensione: siamo nell’ordine di 1.6 anni di vita in meno rispetto a soggetti che non ne soffrono;
- obesità: mangiare poco sano provoca una riduzione di vita media di 0.7 anni;
- alcol: siamo nell’ordine di 6 mesi.
La povertà fa male?
Obiettivo della ricerca condotta dai ricercatori di Lifepaht è stato quello di dimostrare come la condizione socio-economica delle persone incida sulla durata media di vita.
È stato analizzato un campione di circa due milioni di persone, provenienti da sette Paesi diversi (Regno Unito, Italia, Portogallo, Stati Uniti, Australia, Svizzera e Francia), seguite dal team per circa 13 anni. Ciascun soggetto è stato classificato in relazione al proprio stato occupazionale, seguendo la classificazione ufficiale del quadro europeo.
A loro volta, tali informazioni sono state confrontate con i sei fattori di rischio ufficialmente riconosciuti nel progetto “25×25” dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Grazie alla molteplicità di dati raccolti è stato possibile effettuare una valutazione quantitativa dello stato di benessere del campione oggetto di studio, calcolando le probabilità di mortalità in relazione a un determinato fenomeno di rischio.
Risultati dello studio sugli effetti della povertà sulla salute
Ciascun fattore di rischio è stato analizzato in maniera indipendente rispetto alle altre cause di mortalità.
Da ciò è emerso che una condizione socio-economica poco favorevole è strettamente correlata alla mortalità prematura delle persone, con una riduzione dell’aspettativa di vita di oltre due anni, quasi al pari dell’obesità e poco meno del diabete.
Quali le soluzioni?
Un basso profilo professionale, una precarietà economica, una vita sociale disagiata sono condizioni che nascondono in se altri fattori deleteri, ad esempio stress, condizioni ambientali poco confortevoli, che nel lungo termine incidono notevolmente sul stato di benessere dell’individuo, generando casi di mortalità prematura.
Individuate le cause, è bene intervenire prontamente per ridurne le conseguenze. A tale proposito, gli autori della ricerca invitano le istituzioni locali, nazionali ed internazionali ad attivare un concreto pianto di intervento volto alle classi sociali più disagiate.
L’educazione infantile, l’inserimento nel mondo del lavoro, l’assistenza sanitaria, l’integrazione sociale, la stabilità economica sono solo alcune delle aree di intervento per poter garantire a tutta la popolazione una prospettiva di vita più lunga e confortevole.