L’emicrania è il disturbo neurologico più comune in tutte le età, lo sappiamo. Un nuovo studio ha purtroppo evidenziato come possa essere un fattore di rischio per la demenza.
Tuttavia, c’è una buona notizia: gli esperti sottolineano che anche le persone con emicrania cronica possono giocare in anticipo, per ridurre il rischio di demenza senile.
Lo studio sull’emicrania
Gli attacchi di emicrania sono un problema per milioni di persone ogni anno, ma ciò che questa condizione può far scaturire sul lungo periodo non è mai stato chiaro.
Un nuovo studio pubblicato sull’International Journal of Geriatric Psychiatry suggerisce che l’emicrania, il disturbo neurologico più comune in assoluto, è un importante fattore di rischio di demenza, in particolar modo per il morbo di Alzheimer.
A sua volta, l’Alzheimer è una delle principali cause di morte nei Paesi Occidentali, poiché non esiste una cura definitiva per questa condizione neurologica degenerativa. Di certo, una diagnosi tempestiva che individui i primi sintomi del morbo di Alzheimer può essere di grande aiuto, per affrontare al meglio questa malattia.
Suzanne L. Tyas, ricercatrice all’Università di Waterloo in Ontario, Canada, e autrice dello studio, ha dichiarato che questa prima ricerca potrebbe aiutare gli esperti a prevedere con più esattezza chi è a rischio per questa malattia.
Come l’emicrania aumenta il rischio di Alzheimer
I ricercatori hanno esaminato soggetti un gruppo di 679 anziani che non avevano familiari con problemi cognitivi. Oltre la metà di questi erano donne, con un’età media di circa 76 anni.
Dopo averli osservati per 5 anni, hanno scoperto che in 51 avevano sviluppato demenza. Analizzando questo campione, è stato osservato che “le persone che soffrivano di emicrania avevano il triplo delle probabilità di sviluppare una forma di demenza e più del quadruplo delle probabilità di sviluppare la malattia di Alzheimer, una delle principali cause di demenza” – ha affermato la dr.ssa Tyas.
La dr.ssa Rebecca Edelmayer, ricercatrice presso l’Associazione Alzheimer, afferma che sono necessari studi clinici randomizzati per vedere se il trattamento dell’emicrania può ridurre il rischio di demenza.
Inoltre, sottolinea, una delle ragioni del legame con la demenza è che gli attacchi di emicrania possono influenzare lo stile di vita, come l’essere sedentari o seguire una dieta non sana, fattori cardine nel rischio di demenza.
La Edelmayer ha affermato anche che “sono necessarie ulteriori ricerche per capire se fattori come la mancanza di sonno, un’alimentazione squilibrata, la sedentarietà e la scarsa interazione sociale (tutti fattori di rischio già legati alle malattie cardiovascolari) giochino un ruolo anche nella comparsa della demenza senile e dei suoi sintomi iniziali”.
Emicrania e altri fattori di rischio
Una scoperta interessante in questo studio è che non è stato trovato alcun collegamento tra l’emicrania e la demenza vascolare, un’altra forma di demenza.
Ciò suggerisce che gli attacchi di emicrania non causano la perdita della memoria mediante un limitato apporto di sangue al cervello, ma attraverso un altro processo: “la demenza vascolare è un declino delle capacità cognitive a causa di lesioni vascolari, ma la malattia di Alzheimer è un disturbo neurodegenerativo” – ha affermato la dr.ssa Cristina Wohlgehagen, neurologa.
Come ha commentato la dr.ssa Suzanne Tyas, “ciò suggerisce che le emicranie non agiscono attraverso il sistema vascolare nel giocare un ruolo chiave collegato all’aumento dell’insorgenza di Alzheimer, ma possono invece agire attraverso altri danni neurologici”.
Il dr. Gayatri Devi, neurologo del Lenox Hill Hospital di New York City, spiega come, in realtà, diverse forme di demenza possono essere intrecciate: “la malattia di Alzheimer è causata da una perdita di cellule cerebrali, dovuta alla deposizione di placche e grovigli di proteine, mentre la demenza vascolare è causata da una perdita di cellule cerebrali dovute al calo o alla mancanza di flusso sanguigno in alcune aree cerebrali. Molti pazienti soffrono sia di Alzheimer che di demenza vascolare: tale compresenza viene definita ‘demenza mista“.
Identificare i soggetti a rischio può significare diagnosi precoci
Tyas sottolinea che un obiettivo dello studio è quello di identificare le persone ad alto rischio di demenza, affinché possano ricevere una diagnosi tempestiva e un trattamento fin dalle prime fasi della malattie, ma occorre anche adottare strategie preventive per ridurre questo rischio.
Nel suo studio la ricercatrice ha anche affermato: “l’indicazione dei fattori di rischio per la demenza può facilitare l’identificazione precoce di individui a rischio e la messa a punto di strategie preventive“.
Come in moltissime malattie, dunque, anche per l’Alzheimer la diagnosi precoce è fondamentale; secondo Edelmayer ciò è importante per aiutare le persone e le loro famiglie a prepararsi al decorso della malattia. Infatti, quando si sviluppa la demenza senile, ci si chiede sempre come comportarsi e cosa fare: un confronto con il medico dipanerà questi dubbi iniziali.
Inoltre, ottenere una diagnosi accurata può far sapere a una persona se i suoi sintomi sono dovuti alla malattia di Alzheimer o a un’altra causa, magari reversibile (come la depressione o l’apnea notturna).