Da oggi, si può guarire anche dalla cecità. Perché la ricerca non si ferma, e la medicina fa passi da giganti ogni giorno. Per la prima volta in Italia, infatti, è stato eseguito l’impianto di una protesi sottoretinica, una vera e propria retina artificiale, su una paziente cinquantenne non vedente.
Il delicato intervento è stato condotto dagli specialisti in Chirurgia Vitreoretinica e Oftalmoplastica dell’Unita’ di Oculistica dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano, diretta dal professor Francesco Maria Bandello.
L’operazione è andata bene. Tra il 22 e il 23 febbraio vi sarà l’accensione di quel microchip che stimolerà gradualmente la retina, consentendo alla paziente di imparare nuovamente a vedere. E, se tutto andrà come sperato, la paziente, da una situazione di buio totale in cui si trova ora, potrà tornare a vedere forme, luci e ombre.
Retina artificiale e occhio bionico? Da oggi è possibile
La retina artificiale è in realtà un microchip di circa 3 millimetri e 1600 sensori. Non tutte le persone che soffrono di cecità potranno però beneficiarne. Il dispositivo, infatti, è stato studiato per coloro che hanno perso la vista in età adulta, a causa di gravi malattie genetiche della retina, tra cui la retinite pigmentosa (di cui, appunto, soffriva la donna appena operata).
L’obiettivo è quello sì di ripristinare la vista, e in particolare modo la percezione della luce e delle sagome di persone e oggetti. Il sistema è in assoluto il più evoluto al mondo, che può restituire la visione senza l’ausilio di nessun supporto esterno, né occhiali né telecamere. E finalmente, questo nuovo modello di protesi sottoretinica (chiamato Alpha AMS), di fabbricazione tedesca, impiantato esclusivamente in due centri europei, è arrivato anche in Italia.
Nonostante lo stupore della notizia, risulta importante (e curioso!) capire come agisce questo impianto davvero innovativo. Il dispositivo, per funzionare, agisce sui fotorecettori della retina, ovvero su quelle cellule specializzate nel tradurre la luce in segnali bioelettrici, che dal nervo ottico arrivano al cervello.
Il microchip viene inserito al di sotto della retina, in corrispondenza della macula, in modo da stimolare il circuito nervoso che collega naturalmente l’occhio al cervello: in questo modo si sostituisce all’attività delle cellule non più in grado di compiere il loro lavoro.
L’intervento (difficile) è andato bene
L’intervento, diretto dall’équipe dei camici verdi del dr. Marco Codenotti, è durato 11 ore. Ed è andato bene.
«Ci aspettiamo una stimolazione retinica che gradualmente potrà portare la paziente a reimparare a vedere – spiega Codenotti – Operazioni chirurgiche di questo tipo possono essere eseguite con successo solo su pazienti che in passato sono state ‘vedenti’ per almeno 10 anni. Solo così il paziente può reimparare gradualmente a vedere».
Dalle parole del dr. Codenotti, l’intervento è stato il più complicato che abbia mai eseguito in tutta la sua vita. Ogni passo è fondamentale e delicato, tanto che la riuscita dell’operazione può essere davvero compromessa da un momento all’altro.
«L’aver visto il microchip posizionato correttamente è stato per me una grandissima emozione, un sogno realizzato» – ha concluso. Se la ricerca avvera un sogno, la paziente avrà un occhio bionico. E, dopo 25 anni, avrà nuovamente la vista.