La resistenza alla chemioterapia è un fattore importante nel basso tasso di sopravvivenza di donne che sviluppano un carcinoma ovarico serioso (HSC), la forma più maligna di cancro ovarico. L’HSC rappresenta il 70% di tutti i tumori ovarici e ben il 60% dei decessi correlati alla malattia.
Ogni anno circa 80.000 donne in tutto il mondo muoiono di HSC, cifre che stentano a diminuire. Questo nuovo studio australiano è stato pubblicato sulla rivista Nature.
La ricerca
Secondo David Bowtell, professore del Peter MacCallum Cancer Centre di Melbourne e co-autore dello studio, le attuali conoscenze non sono sufficienti per prendere decisioni cliniche efficaci per affrontare una recidiva di cancro ovarico: “Per decenni medici di tutto il mondo hanno guardato HSC ridursi sotto l’attacco della chemioterapia, per poi tornare più aggressivo mesi o anni più tardi”. Il team di ricerca ha sequenziato i genomi di 114 campioni di HSC provenienti da 92 pazienti, trovando indizi su come un cancro aggressivo muta sotto l’effetto della chemioterapia: prima molto vulnerabile, poi altamente resistente.
I campioni analizzati sono stati prelevati da pazienti in varie fasi di progressione della malattia: prima della diagnosi, durante e dopo il trattamento, subito dopo la morte.
HSC si evolve geneticamente in risposta alla chemioterapia
Per il professor Bowtell aver sequenziando completamente i genomi da campioni prelevati in diverse fasi della malattia ha permesso, per la prima volta, di ricavare una mappa di come HSC si evolve sotto la pressione della chemioterapia.
I risultati rivelano almeno quattro cambiamenti genetici attraverso cui il tumore prova ad eludere una chemioterapia inizialmente efficace: “In due dei meccanismi le cellule tumorali trovano un modo per ripristinare la loro capacità di riparare il DNA danneggiato e resistere agli effetti della chemioterapia; in un altro caso, le cellule tumorali attivano un interruttore genetico che permette loro di pompare sostanze immuni ai trattamenti chemioterapici. Un ulteriore meccanismo vede la struttura molecolare del tessuto tumorale rimodellarsi, così che questo tessuto cicatriziale impedisce alla chemioterapia di raggiungere il proprio bersaglio”.
Per i ricercatori questa è la prima volta che la malattia viene mappata nel suo complesso, in maniera così dettagliata. Grazie a questi risultati si potrebbero mettere a punto nuove strategie per migliorare le prospettive di vita per pazienti con carcinoma ovarico ricorrente. Ad esempio, aiutando a capire in anticipo quali farmaci risultano essere inefficaci per combattere il tumore, risparmiando così tempo e risorse nella cura.
Questa ricerca è stata attivata dall’Australian Ovarian Cancer Study (AOCS), il più grande studio epidemiologico molecolare di cancro ovarico nel mondo, che raccoglie campioni di tessuto di cancro ovarico da moltissimi donatori. I fondi per questo studio provenivano dal National Health and Medical Research Council (Australia), dal Worldwide Cancer Research, dal Cancer Australia, dall’Ovarian Cancer Action (UK) e dall’Ovarian Cancer Australia.
Lo studio prende le mosse da una ricerca di inizio anno sulla scoperta di un nuovo biomarcatore che dovrebbe migliorare le prospettive dei malati di cancro ovarico, indicando come un corpo è in grado di rispondere alla chemioterapia.