Sì, i batteri dell’intestino influenzano (anche) il nostro umore

Martina Valizzone | Psicologa

Ultimo aggiornamento – 01 Marzo, 2019

microbiota: qual è la funzione

Un recente studio suggerisce l’esistenza di una correlazione tra la salute dell’intestino e quella mentale.

Per la prima volta, infatti, gli scienziati hanno indagato questa associazione, identificando alcuni dei possibili fattori responsabili di questa correlazione.

I ricercatori del Vib-KU Leuven Center for Microbiology in Belgio hanno scoperto l’esistenza di un legame stabile tra la diversità batterica presente nel nostro intestino e alcuni aspetti della nostra salute sia mentale sia fisica.

Questo studio ha dunque analizzato i dati circa le condizioni di salute di un ampio gruppo di soggetti, allo scopo di individuare quali batteri intestinali potrebbero influenzare o meno depressione.

I risultati di questa ricerca, pubblicati sulla rivista Nature Microbiology, non solo forniscono il nome di questi batteri ma mostrano anche come questi siano in grado di produrre sostanze neuroattive capaci di interagire con il sistema nervoso.

La diversità microbica potrebbe avere un ruolo nella depressione

I ricercatori hanno inizialmente analizzato i dati provenienti dai microbiomi fecali di 1.054 persone, partecipanti al Progetto Flora Flemish Gut, tutti soggetti con una diagnosi di depressione. Attraverso l’analisi dei dati, il team di scienziati ha scoperto che due tipi di batteri, quelli dei generi Coprococcus e Dialister, non sono presenti nel fegato dei soggetti affetti da depressione. Lo stesso è stato riscontrato nei soggetti in cura con farmaci antidepressivi.

Risultati poi confermati da un’altra coorte di partecipanti, composta da 1.063 soggetti dei al progetto LifeLinesDEEP  e un altro gruppo di individui trattati per depressione clinica presso gli ospedali universitari di Leuven.
”Il rapporto tra metabolismo microbico intestinale e salute mentale – sostiene il coautore dello studio il prof. Jeroen Raesè un argomento controverso. L’idea che i metaboliti microbici possano interagire con il nostro cervello, e quindi influenzare il nostro comportamento e le nostre sensazioni è intrigante. Tuttavia la comunicazione tra intestino, cervello e microbioma, allo stato attuale è stata principalmente esplorata su modelli animali, ad oggi sono ancora pochi gli studi effettuati sull’uomo“.

Grazie alla nostra ricerca condotta sugli esseri umani” – continua Raes –  “siamo riusciti ad identificare diversi gruppi di batteri che si presentano o meno sulla base di alcuni fattori, quali la presenza o meno di depressione e la qualità della vita“.

Nel corso di ricerche precedenti, il prof. Raes e il suo team di ricercatori avevano già scoperto che una particolare comunità batterica (enterotipo) con scarsa diversità microbica  si manifesta più frequentemente nei soggetti affetti da malattia di Crohn, una malattia infiammatoria che colpisce l’intestino.
 In questo studio i ricercatori sono riusciti ad individuare un enterotipo simile, nei soggetti con una diagnosi di depressione e con una percezione negativa della propria qualità della vita.

Questa scoperta” – ha aggiunto il Prof. Raes – “aggiunge ulteriori prove che indicano la natura potenzialmente disbiotica dell’enterotipo Bacteroides2 identificato in precedenza: apparentemente, le popolazioni microbiche che possono essere collegati all’infiammazione intestinale e a condizioni patologiche condividono un insieme di caratteristiche comuni“.

I batteri parlano al sistema nervoso

I ricercatori hanno anche ideato una tecnica che gli ha permesso di scoprire quali batteri sono in grado di comunicare con il sistema nervoso.

Per farlo, hanno esaminato oltre 500 batteri intestinali, concentrandosi sulla possibilità di questi di produrre composti neuroattivi, che i ricercatori hanno successivamente classificato sulla base della neuroattività dei diversi batteri.

Molti composti neuroattivi sono prodotti nell’intestino umano – spiega la co-autrice dello studio Mireia Valles-Colomer, aggiungendo – Lo scopo del nostro studio era quello di indagare quali microbi intestinali potevano influenzare la produzione, degradazione o modifica di queste molecole“.

Secondo gli autori questi composti neuroattivi rilasciati da alcuni batteri intestinali sarebbero capaci di influenzare attivamente il benessere mentale. 
”La nostra cassetta degli attrezzi non solo consente di identificare i diversi batteri probabilmente responsabili di alcuni aspetti della nostra salute mentale, ma anche i meccanismi potenzialmente coinvolti in questa interazione – ha affermato Valles-Colomer – Ad esempio, abbiamo scoperto che la capacità dei microrganismi di produrre DOPAC, un metabolita del neurotrasmettitore umano dopamina, è associata ad una maggiore salute mentale“.

In futuro, il prof. Raes e colleghi intendono ampliare e possibilmente replicare questi risultati su un campione più ampio di soggetti attraverso ulteriori esperimenti. Si stanno già preparando ad analizzare i prossimi campioni raccolti attraverso il progetto Flora Gut Flemish.

Non ci resta che aspettare di conoscerne i risultati, per sapere se la nostra salute mentale inizia da quella del nostro intestino.

Martina Valizzone | Psicologa
Scritto da Martina Valizzone | Psicologa

Sono una psicologa dell'età evolutiva, con una specializzazione in psicoterapia sistemico relazionale. In ambito lavorativo, mi occupo principalmente di terapie individuali e familiari e, da qualche anno, di psicologia dell'educazione, lavorando alla progettazione e realizzazione di interventi psico-pedagogici in ambito scolastico ed extrascolastico.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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