Quello che non sai sull’ictus

Giulia Agnolucci | Studentessa di Medicina

Ultimo aggiornamento – 19 Agosto, 2016

Ictus: sintomi, terapie

L’ictus è una condizione medica grave, nonché una delle principali cause di morte nel mondo occidentale. È causato dalla rottura o più spesso dal blocco di un vaso sanguigno del cervello. Senza che si intervenga, le cellule del cervello iniziano rapidamente a morire: le conseguenze di questi eventi portano a una disabilità seria o alla morte della persona.

Se un parente o un vostro caro presenta i sintomi di un ictus, chiedete immediatamente l’intervento di un medico: agire in tempi brevi è di fondamentale importanza. Scopriamo qualcosa in più su questa condizione per conoscerla e riconoscerla.

Ictus: i sintomi

Tra i sintomi di un ictus, troviamo:

  • Improvviso intorpidimento o debolezza del corpo, soprattutto da un lato
  • Cambiamenti improvvisi alla vista ad uno o entrambi gli occhi o difficoltà a deglutire
  • Improvviso e forte mal di testa senza motivo
  • Problemi improvvisi nel camminare, nell’equilibrio o senso di vertigini
  • Stato confusionale improvviso, con difficoltà a parlare o a capire gli altri

Esiste un test che comprende una serie di domande utili per riconoscere i sintomi di un ictus: questo test è conosciuto con l’acronimo inglese F.A.S.T (Face, Arms, Speech, Time):

  1. Faccia. chiedete al soggetto di fare un sorriso. Una parte è distorta verso il basso?
  2. Braccia: chiedete di sollevare le braccia, una ricade in basso?
  3. Parola: chiedete alla persona di ripetere una frase semplice. Ha problemi nel farlo o farfuglia e storpia le parole?
  4. Tempo: il tempo è un punto chiave per trattare l’ictus. Se uno di questi sintomi è presente chiamare immediatamente il 118.

Nel trattamento dell’ictus, ogni secondo è importante per evitare danni seri: le cellule del cervello infatti, quando private dell’ossigeno, iniziano a morire in pochi minuti. I farmaci trombolitici, studiati apposta per sciogliere i coaguli sanguigni, possono limitare i danni al cervello, ma devono essere utilizzati entro tre ore, massimo 4 ore e mezzo, dal momento in cui appaiono i sintomi dell’ictus.

Una volta che il tessuto nervoso muore, le parti del corpo controllate da quelle aree specifiche non funzioneranno più allo stesso modo: è proprio per questi motivi che l’ictus è una delle principali cause di disabilità a lungo termine.

Se notate uno o più di questi sintomi, è necessario chiamare immediatamente il 118 per poter intervenire nel minor tempo possibile.

Diagnosticare un ictus

Quando una persona con i sintomi di un ictus arriva al pronto soccorso per prima cosa si cerca di capire di che tipo di ictus si tratti: ci sono infatti due principali tipi di ictus che vengono trattati in maniera diversa; una Tac può aiutare i dottori a capire se i sintomi siano dovuti a un vaso sanguigno bloccato o lacerato.

Inoltre, altri esami specifici possono essere fatti per capire quale sia la zona interessata.

L’ictus ischemico è il tipo più comune: circa 9 su 10 ictus sono di questo tipo. È causato da un coagulo di sangue che blocca un vaso sanguigno del cervello; il coagulo può formarsi nel cervello oppure viaggiare attraverso il sangue da qualsiasi altra parte del corpo.

L’ictus emorragico invece è meno comune, ma è più spesso fatale. È causato dalla rottura improvvisa di un vaso sanguigno del cervello che causa un’emorragia cerebrale, spesso difficile da bloccare.

Le cause di un ictus

Una delle cause più comuni di ictus è l’aterosclerosi, una malattia dei vasi sanguigni che provoca l’inspessimento e la perdita di elasticità delle pareti delle arterie. Nelle arterie si forma progressivamente placche con accumuli di grassi, colesterolo, calcio e altre sostanze che progressivamente riducono il diametro dell’arteria, lasciando un minor spazio al sangue per circolare.

Un coagulo di sangue può bloccarsi in questo punto e causare così un ictus ischemico. L’aterosclerosi inoltre favorisce la formazione di coaguli sanguigni. L’ictus emorragico, invece, è più spesso dovuto a pressione alta che porta a un indebolimento delle arterie e alla loro rottura.

Fattori di rischio dell’ictus                                                                                                                                                

Come in molti condizioni mediche, anche per l’ictus si riconoscono dei fattori di rischio che aumentano la probabilità di sviluppare questa patologia. Tra questi troviamo rischi associati a malattie croniche, come il diabete, colesterolo, pressione alta, obesità; a stili di vita, come il fumo, l’abuso di alcol e la sedentarietà; ma anche ad abitudini alimentari: una dieta ricca di frutta e verdura, così come di pesce e cerali può ridurre il rischio di ictus.

Oltre a questi fattori di rischio, che possono essere modificati cambiando le proprie abitudini alimentari e il proprio stile di vita, ce ne sono altri che purtroppo non dipendono dalla nostra volontà: l’età e il sesso, ad esempio, con una percentuale più alta negli anziani e negli uomini, ma anche l’etnia, gli Afro-americani, gli Indigeni d’America e dell’Alaska hanno una probabilità nettamente più alta rispetto al resto della popolazione mondiale.

Prevenzione si può

Le persone che hanno già avuto un infarto possono ridurre il rischio di un secondo episodio cambiando le proprie abitudini, riducendo l’uso di alcol e di sale, smettendo di fumare, facendo più esercizio fisico e assumendo un’alimentazione adeguata.

Per le persone che invece presentano un alto rischio di ictus, i dottori in molti casi prescrivono medicinali adatti alla situazione; in casi più gravi, si può anche decidere di ricorrere alla chirurgia. In alcuni casi, l’ictus può infatti essere dovuto a un restringimento nelle carotidi, le due arterie che percorrono il collo a destra e sinistra per portare il sangue alla testa; in queste situazioni si può praticare un’angioplastica o un’endoarterectomia carotidea, operazioni che consentono di “ripulire” le carotidi permettendo al sangue di circolare al meglio.

La riabilitazione

Nonostante l’ictus nella maggior parte dei casi provochi disabilità a lungo termine, non si deve pensare a questa evenienza come una condanna definitiva: si possono infatti avere vari gradi di disabilità che portano con sé problemi nell’equilibrio, debolezza, difficoltà a muoversi, a camminare o a parlare. Queste conseguenze possono comunque essere ridotti tramite una lunga, ma efficace terapia riabilitativa.

Tra le terapie di impiego più comune troviamo la terapia del linguaggio, la fisioterapia, per aiutare i muscoli a ritrovare forza, equilibrio e coordinazione. Anche l’aiuto di uno psicologo o di uno psicoterapeuta è spesso utilizzata per aiutare il paziente e anche la famiglia a superare i momenti difficili e faticosi che si incontrano a seguito della malattia e durante il percorso riabilitativo.

 

 

 

 

 

 

 

Giulia Agnolucci | Studentessa di Medicina
Scritto da Giulia Agnolucci | Studentessa di Medicina

Sono una studentessa di medicina, da sempre appassiona del corpo umano e con una grande passione per la letteratura; concilio questi due grandi amori qui su Pazienti.it, cercando con la scrittura di promuovere la salute, con un'attenzione particolare alla prevenzione.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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