Scoperta una nuova specie di ominide: ecco come si è evoluto il corpo umano

Alessandra Lucivero

Ultimo aggiornamento – 14 Settembre, 2015

Un grande scoperta potrebbe sconvolgere il nostro albero genealogico: sono stati ritrovati i resti di un ominide, chiamato Homo Naledi, appartenente a una specie mai conosciuta sino ad ora.

La scoperta

L’annuncio, fatto dall’Università di Witwatersrand in collaborazione con il National Geographic, ha svelato la natura di questo incredibile reperto fossile rinvenuto in una grotta sudafricana, che offre una nuova immagine di “uomo”. Cranio, denti e volto rendono l’ominide familiare nei lineamenti, ma le altre sue caratteristiche lo fanno appartenere a una specie finora sconosciuta nella linea evolutiva dell’uomo.

cranio

1.500 sono le ossa ritrovate nell’insieme di grotte, dette Rising Star, a una cinquantina di chilometri da Johannesburg.

Ma entriamo nel dettaglio: come è fatto l’Homo Naledi?

L’Homo Naledi appare come un bizzarro assemblaggio di tratti primitivi e moderni. Ha un cervello più piccolo, come quello di una scimmia antropomorfa, una testa piccola, un’altezza di circa un metro e mezzo, spalle e torso scimmieschi, dita curve per arrampicarsi sugli alberi e un peso di circa 45 kg. Tutte le caratteristiche portano a pensare a una specie vicina alle origini del genere Homo, collocata nel passato tra due e tre milioni di anni fa.

Ma come mai tutte quelle ossa rinvenute insieme?

La fortuna ha voluto che questo “cimitero preistorico” fosse ritrovato dai ricercatori che, dopo aver ipotizzato il perché di questo insieme di ossa, hanno pensato che, anche per gli ominidi, fosse importante seppellire i morti in una “zona protetta”, come una grotta stretta e angusta, praticamente quasi inaccessibile.

Da qui nascono una serie di interrogativi su abitudini, perché e comportamenti, che gli archeologi stanno cercando di ricostruire.

Tra curiosità e ipotesi, si è aperto un nuovo e importantissimo scenario nella ricostruzione della storia evolutiva dell’uomo.

 

 

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Scritto da Alessandra Lucivero

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a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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