Un gruppo di ricercatori americani del Scripps Research Institute ha scoperto un nuovo trattamento per contrastare l’AIDS, che consiste nell’alterare il DNA delle cellule per trasformarle in cellule che combattono il virus dell’HIV.
La ricerca
Lo studio è partito con una sperimentazione sulle scimmie. I ricercatori hanno modificato il DNA delle cellule muscolari sane, inducendole a creare informazioni genetiche volte a contrastare il virus e a proteggere le cavie.
Il team di studiosi ha creato un farmaco che sviluppa due imitazioni dei recettori ai quali si lega l’hiv sulle cellule-killer Cd4, uno dei principali “soldati” di difesa messi in campo dal nostro sistema immunitario. Queste imitazioni hanno, per cosi dire, ingannato il virus che si è legato a questi ricettori come è solito fare per infettare le cellule. Una volta legatosi, una proteina ha provocato l’autodistruzione del virus che, in questo modo, non è riuscito a infettare le cellule sane.
La verifica
Per essere certi che il loro stratagemma funzionasse, hanno esposto il sistema immunitario delle scimmie al virus SIV, una versione di HIV dei primati, contagiando ripetutamente gli animali e notando che questi non si ammalavano, ma, anzi, rispondevano attaccando il virus come se avessero degli anticorpi.
“Abbiamo continuato a gestire il virus, raddoppiando ogni volta la dose, fino ad arrivare a sedici dosi senza che le scimmie si ammalassero” – spiega il ricercatore Michael Farzan, autore principale dello studio che è già stato pubblicato sulla rivista Nature.
Perché questi risultati sono interessanti?
La strada finora intrapresa per della ricerca di un vaccino per l’HIV è tanto ardua quanto frustrante poiché le difficoltà sono molte a causa della capacità del virus di mutare molto rapidamente. Con questo farmaco si è andati a colpire le proteine di ingresso del virus, che hanno una minore capacità di mutare, offrendo, secondo Farzan, una protezione fortissima alle scimmie che hanno dimostrato di essere protette dal virus fino a un anno dall’assunzione.
Ulteriori ricerche sono indispensabili per assicurarsi che il farmaco funzioni per periodi prolungati e, ovviamente, sull’uomo.