Negli ultimi anni, il calo dell'attenzione mediatica e sociale verso HIV e AIDS ha portato a una pericolosa sottovalutazione del problema, con conseguenze tangibili in termini di nuove infezioni e ritardi nelle diagnosi.
Questo silenzio rischia di vanificare i progressi raggiunti in decenni di lotta contro il virus, sottolineando l'importanza di rilanciare la consapevolezza pubblica e le campagne di prevenzione.
Una pandemia ancora in corso
Secondo il rapporto UNAIDS 2024, nel mondo vivono circa 39,9 milioni di persone con HIV, di cui il 23% non ha accesso ai trattamenti antiretrovirali, considerati salvavita.
Solo nel 2023, si sono registrate 1,3 milioni di nuove infezioni, un dato tre volte superiore rispetto all'obiettivo fissato di 370.000 nuovi contagi entro il 2025.
In Italia, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) segnala 2.349 nuove diagnosi nel 2023, con una preoccupante incidenza di casi diagnosticati in fase avanzata (41%), mentre l’anno precedente le nuove diagnosi erano state 1888.
La maggior parte delle nuove infezioni, l’86,3%, è attribuibile a rapporti sessuali non protetti, soprattutto tra persone eterosessuali; questi sono i dati che ci vengono forniti da Lila (Lega italiana per la lotta contro l’Aids), da sempre in prima linea per garantire il diritto alla salute, delle persone con Hiv.
Le implicazioni della riduzione della consapevolezza
Il calo dell’attenzione pubblica verso HIV e AIDS ha determinato una diminuzione dei test diagnostici e una minore aderenza ai programmi di prevenzione.
La normalizzazione del virus che viene percepito come "problema risolto", ha contribuito a diffondere comportamenti a rischio, specialmente tra i giovani, che risultano meno informati rispetto alle generazioni precedenti.
Un altro fattore critico è l'aumento delle disuguaglianze nell'accesso alle cure. Come evidenziato dal rapporto UNAIDS, le politiche di riduzione delle risorse e le restrizioni sui diritti umani stanno ostacolando l’espansione dei trattamenti nei paesi più vulnerabili, aggravando l’impatto della pandemia in queste regioni.
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L'importanza di rilanciare la sensibilizzazione
Rilanciare le campagne di sensibilizzazione sull'HIV è una priorità fondamentale per contrastare l’aumento dei contagi e combattere lo stigma ancora presente. In un contesto in cui i giovani e le nuove generazioni sono meno informati rispetto al passato, utilizzare strumenti moderni e strategie comunicative mirate risulta essenziale.
Un esempio virtuoso è rappresentato dall'iniziativa Friendly Test lanciata a Bergamo, che ha reso disponibile un test rapido e gratuito per l'HIV. Questo progetto, sostenuto da ATS Bergamo e diverse associazioni locali, ha permesso di raggiungere migliaia di persone, soprattutto giovani, in contesti informali come scuole, eventi culturali e serate dedicate alla prevenzione.
Il Friendly Test ha avuto il merito di abbattere barriere logistiche e psicologiche legate al test, creando un ambiente accogliente e rispettoso, particolarmente apprezzato da chi teme il giudizio o si sente emarginato.
Parallelamente, un altro importante strumento nella prevenzione è rappresentato dalla PrEP (Profilassi pre-esposizione), una terapia farmacologica che, se assunta regolarmente, può ridurre il rischio di contrarre l’HIV fino al 99% nei soggetti esposti.
Sebbene sia disponibile da anni, la PrEP è ancora poco conosciuta in Italia, e molte persone non ne comprendono l'efficacia o i criteri di accesso. Inserire la PrEP tra le principali strategie di sensibilizzazione significa dare a chiunque un’opzione in più per proteggere la propria salute, oltre al tradizionale utilizzo del preservativo.
Iniziative come il friendly test e terapie come la PrEP dimostrano che è possibile avvicinare le persone alla prevenzione e alle cure, riducendo la paura di scoprire il proprio stato sierologico. Questo approccio si affianca alle tradizionali campagne di sensibilizzazione, che devono continuare a sottolineare l’importanza dell’uso del preservativo e del trattamento come prevenzione.
Per rilanciare efficacemente la sensibilizzazione, è inoltre fondamentale sfruttare i social media e le piattaforme digitali, canali dove il messaggio può raggiungere in modo capillare un pubblico eterogeneo. Parallelamente, le scuole devono riprendere un ruolo centrale nell’educazione sessuale, integrando nozioni aggiornate sull’HIV per formare generazioni consapevoli e responsabili.
Queste azioni rappresentano il fulcro di una nuova fase nella lotta all’HIV, che può portare non solo a una riduzione dei contagi, ma anche a un cambiamento culturale profondo verso l’accettazione e la solidarietà.
Il parere dell’infettivologo
Per approfondire l’argomento, abbiamo chiesto il parere del Dr. Stefano Zona medico chirurgo specializzato in Malattie Infettive.
Per descrivere lo stato dell’arte sull' HIV, partirei dalle buone notizie: si tratta di una infezione che, grazie alle terapie, diventa cronica e controllata. Abbiamo farmaci ben tollerabili e con pochi effetti secondari, alcuni di questi si assumono con una iniezione sottocute mensilmente.
Insomma, la ricerca scientifica farmaceutica ha fatto enormi passi in avanti negli ultimi 20 anni. Chi assume regolarmente la terapia può vivere una vita assolutamente normale (sì, anche una vita sessuale normale), è importante ribadirlo.
Un altro aspetto positivo della situazione italiana è la PrEP: poter accedere a terapie preventive che hanno dimostrato una protezione elevatissima, tanto da ridurre la necessità di trovare un vaccino, è sicuramente un gran vantaggio per coloro che rischiano di esporsi all’infezione.
Ma, comunque sia, c’è il risvolto della medaglia: aver abbassato l’attenzione mediatica ha portato a un aumento delle diagnosi in ritardo, quando i sintomi dell’AIDS sono già conclamati e si rischia la vita. Abbiamo più casi, quindi più persone in trattamento: ciò si traduce in maggiori costi per il Sistema Sanitario Nazionale e potenziali sofferenze per coloro che necessitano di terapie antiretrovirali.
I dati epidemiologici degli ultimi 3 anni dovrebbero spingerci a chiedere investimenti volti alla prevenzione primaria (educazione sessuale e sentimentale tra i giovani e giovanissimi, maggiore promozione dell’uso del condom, ampliamento della platea di utilizzatori della PrEP), sia alla prevenzione secondaria.
Il test HIV è infatti lo strumento migliore per individuare le persone che vivono con questo virus e poter iniziare prima possibile le terapie adeguate.