Hiroshima e Nagasaki: gli effetti delle radiazioni anni dopo

Vincenzo Russo | Blogger

Ultimo aggiornamento – 14 Marzo, 2022

Fu lo stesso presidente USA, Henry Truman, preoccupato dei rapporti ricevuti sugli effetti della bomba atomica, dopo le prime esplosioni nucleari della storia, ad ordinare la prima commissione di studio sui danni provocati dalla bomba H, dopo aver prontamente censurato tutti i reportage degli inviati dei giornali che descrivevano scenari apocalittici fino ad allora sconosciuti.

Da allora in poi, uno studio rimasto storico e durato 63 anni ha permesso di costruire la più importante e completa banca dati epidemiologica sugli effetti delle radiazioni nucleari (onde elettromagnetiche) e sui danni biologici.

Le conseguenze delle esplosioni nucleari per Hiroshima e Nagasaki

Al termine delle ostilità, una commissione mista nippo-americana si insediò, pur tra mille difficoltà. 

Il raggio di distruzione era stato tale che si faticava persino a riconoscere luoghi ed edifici pubblici, ospedali e centri logistici, per molti chilometri. La bomba atomica e la radioattività avevano fatto centinaia di migliaia di morti tra la popolazione civile, anche questo un altro triste primato, e mancava quindi ogni forma di autorità, civile o militare, riconosciuta e riconoscibile.

Anche se furono raccolte numerose testimonianze di prima mano, per descrivere il danno alle persone esposte alle forze distruttive degli ordigni nucleari, è comprensibile che non fu possibile quantificare i danni dal punto di vista medico, date le circostanze caotiche e gli effetti plurimi di ustioni, infezioni, lesioni fisiche e traumi, oltre a quelli dovuti a cibo e acqua contaminati. Quando i primi osservatori riferirono di alcuni effetti mai documentati in precedenza, gli Stati Uniti decisero di prendere in considerazione il lancio di uno studio coordinato con gli scienziati giapponesi, già presenti nelle 2 città.

I primi lavori sono stati successivamente raccolti e ripresi prima dalla ABCC, l’Atomic Bomb Casualty Commission, che iniziò i lavori nel 1947, sotto l’egida della National Academy of sciences e che si è trasformata, nel 1975, nella Radiation Effects Research Foundation che ha continuato, ininterrottamente, a studiare i sopravvissuti e i loro discendenti fino ad oggi, monitorando circa 200.000 persone, scelte tra i 280.000 sopravvissuti di Hiroshima e i 130.000 sopravvissuti di Nagasaki, con un lavoro che ha visto coinvolti medici e studiosi provenienti da tutto il mondo.

I primi studi sugli effetti delle radiazioni sul corpo umano e sull’ambiente

I primi studi della ABCC si focalizzarono su temi specifici di interesse medico. 

Vennero registrati danni congeniti nei bambini che avevano subito l’effetto delle radiazioni ancora in utero. Diversi studi, nel campo dell’ematologia e, in generale, sui problemi dello sviluppo e della crescita furono avviati anche se si trattava, in genere, di case-report su gruppi ben definiti di popolazione.

Dal 1950, gli studiosi poterono disporre di un vero e proprio complesso attrezzato poco fuori Hiroshima. L’impegno di entrambe le nazioni e la presenza sul posto di gruppi consistenti di scienziati internazionali divennero il segno distintivo del gruppo di lavoro che ha permesso il raggiungimento di uno status di eccellenza e di molti successi nel campo degli studi epidemiologici delle radiazioni e degli effetti sulla salute.

Un punto di svolta importante nella storia degli studi sugli effetti sulla salute delle radiazioni atomiche fu la formulazione di un programma di lavoro unificato, nel 1955. Il programma di studio unico ha iniziato un controllo epidemiologico, ancora oggi in vigore, per la mortalità e l’incidenza del cancro su di un campione fisso di circa 120.000 sopravvissuti alla bomba atomica e un gruppo di soggetti di controllo, tra cui un sottogruppo di pazienti che avrebbero ricevuto sorveglianza supplementare sulla base di esami sanitari biennali, denominato Adult Health Study

In seguito, si sono aggiunti casi di studio riguardanti soggetti che avevano subito radiazioni in utero e soggetti nati dopo l’esplosione atomica e non irradiati direttamente. In tutto, oltre 200.000 persone coinvolte in uno studio che ha reso possibile un gran numero di studi settoriali che vanno dalla epidemiologia e clinica patologica, all’immunologia cellulare fino alla biologia molecolare.

Incidenza dei tumori multipli a seguito dell’esposizione alle radiazioni

Nel 1959, nelle province di Hiroshima e Nagasaki venne istituito il primo registro dei tumori, predisposto con criteri scientifici e moderni che ha fornito informazioni diagnostiche più accurate per le morti attribuibili a tumori diffusi, come il cancro della mammella, della tiroide e dei polmoni

Per ciascun caso, sono stati predisposti e compilati appositi questionari utili per ottenere informazioni sullo stato socio-economico, lo stile di vita e altri fattori che potessero interferire con i danni provocati dalle radiazioni. Un ampio piano di autopsie, effettuato più attivamente nel corso degli anni dal 1950 al 1960, ha fornito informazioni sulla precisione e sui tipi di errori presenti nella classificazione dei dati tratti dai certificati di morte.

Allo stesso modo, vennero istituiti un certo numero di follow up sui gruppi campione scelti in modo che circa la metà dei soggetti fosse tra coloro che avevano ricevuto dosi relativamente elevate delle radiazioni. Gli esami biennali previsti dal programma includevano: 

  • esami generali fisici; 
  • anamnesi;
  • serie di test clinici di laboratorio; 
  • studi ad hoc su determinate condizioni patologiche, come le patologie tiroidee e le condizioni oftalmologiche.

Una risorsa molto importante per gli studi di laboratorio sono stati i campioni biologici, soprattutto prelievi di sangue effettuati su un gruppo selezionato di 17.000 sopravvissuti della bomba. Un gruppo specifico di bambini, nati dopo lo scoppio della bomba, quindi irradiati in utero, è stato sottoposto al programma di controllo della morbilità e dei tumori, fino a tutto il 2006.

Gli studi sulla dosimetria, ovvero la misurazione della radiazione

Gli studi sulla dosimetria si riferiscono alla quantità di radiazioni sufficiente a uccidere e, si può dire, sono iniziati proprio grazie ai lavori della ABCC prima e della RERF poi.

Pur non essendo disponibili misurazioni al momento dell’esplosione, è stato possibile calcolare le dosi di radiazioni immesse nell’atmosfera basandosi sulla potenza della bomba atomica, sulla posizione e sull’altezza al momento dell’esplosione, tenendo conto delle condizioni meteo presenti sul luogo al momento dello sgancio.

Partendo da questi dati, sono stati esaminati gruppi di superstiti, ricostruendo la loro esatta collocazione, distanza dal punto dell’esplosione, tipo di protezione di cui godevano, condizioni di salute personali.

Oltre ad alcuni dati scontati, come il numero delle vittime inversamente proporzionale alla distanza dall’epicentro dell’esplosione, gli studi hanno dimostrato che il tasso di sopravvivenza immediato era significativamente diverso, non solo in base alla distanza dall’epicentro ma anche al tipo di schermatura, ad esempio tra persone all’interno ed all’esterno di uno stesso edificio.

In base a quanto si è potuto ricostruire dalle testimonianza dei superstiti cosiddetti prossimali, cioè che si trovavano molto vicini all’esplosione, si è calcolato che pressoché nessuno è sopravvissuto ad un raggio di 1 km dall’epicentro mentre, a distanze leggermente maggiori, sono riusciti sopravvivere coloro che erano sufficientemente schermati, per esempio da pareti di calcestruzzo molto spesse, resistenti al calore e alle radiazioni.

Queste conclusioni provengono da uno studio su larga scala condotto nel 1950 e che ha definito anche la capacità di auto schermatura del corpo che è stata stimata utilizzando modelli standardizzati sviluppati in base ai dati antropometrici comuni della popolazione giapponese del 1945. Il sistema di dosimetria - utilizzata dalla RERF - stima le dosi di radiazioni che gli organi possono sopportare per 15 organi umani.

Il gruppo di studio dosimetrico di Hiroshima, del quale si deve tener conto che i sopravvissuti prossimali sono quasi completamente scomparsi entro i primi 5 anni, ha mostrato la relazione di proporzionalità tra distanza dall'esplosione nucleare e sopravvivenza, permettendo in questo modo di stabilire una scala analitica per le stime di rischio epidemiologico. 

Questo è stato possibile solo ad Hiroshima, dove i superstiti sono stati distribuiti simmetricamente rispetto all’epicentro, visto che la città si trova sul delta di un fiume ed è, quindi, piatta. Nagasaki, dove la bomba è stata fatta esplodere a nord del centro della città, al contrario, si trova in una valle circondata da ripidi pendii ed i sopravvissuti erano distribuiti in posizioni non raggruppabili simmetricamente rispetto all’epicentro, rendendo impossibile stilare una scala.

Gli scienziati che hanno lavorato nella commissione ABCC / RERF hanno utilizzato principalmente 2 tipi di calcoli, negli studi epidemiologici, per descrivere il rischio sulla salute associato all’esposizione a radiazioni. Il valore di rischio assoluto (EAR) si riferisce alla differenza nel tasso di incidenza di una malattia tra una popolazione esposta e una popolazione, paragonabile per caratteristiche, che non è stata esposta. Il rischio relativo è il rapporto tra il tasso di occorrenza nella popolazione esposta a quella nella popolazione non esposti. Il rischio relativo in eccesso (ERR) è il relativo rischio meno 1, che è essenzialmente identico al rapporto della EAR rispetto al tasso di casi associati all’effetto dell’esposizione e può avere significato biologico, mentre il valore EAR è una misura della dimensione assoluta dell’effetto, che può essere utile per le stime sulla salute pubblica.

Sia EAR e ERR sono influenzati non solo dal variare della dose di radiazione assorbita, ma anche dall’età al momento dell’esposizione e dall’età raggiunta, cioè dal tempo intercorso dopo l’esplosione. Sono inoltre sensibili alle abitudini di vita potenzialmente patologiche come, ad esempio, il fumo. Questo perché i tassi di malattia dipendono da questi fattori (ad esempio, l’età, il sesso o l’età al momento dell’esposizione).

Le stime di rischio sono solitamente riportate per una dose specifica, ad esempio, 1 Gy, per una combinazione specifica di altri fattori, per esempio, per una persona in età raggiunta di 70 dove il Gy è il Gray, l’unità di misura universalmente adottata. L’EAR è il numero stimato di casi per 10.000 persone all’anno per gy, mentre la ERR per gy si riferisce al valore ERR stimato per gli individui esposti a 1 Gy. Le stime di rischio sono in genere calcolate utilizzando modelli di regressione che includono l’età al momento dell’esposizione, età raggiunta, il sesso, la città (Hiroshima o Nagasaki).

Effetti patologici delle radiazioni nucleari

Leucemia e radiazioni ionizzanti 

I dati hanno suggerito un aumento del rischio di leucemia tra i superstiti della bomba, con le prime evidenze pubblicate nel 1952 che riferivano di 25 decessi nel gruppo di studio. Il rapporto, che riportava i decessi per leucemia in eccesso in base ai dati standard, è diventato il primo rapporto ufficiale sulle patologie letali provocate dallesposizione a radiazioni.

I rapporti che indicavano gli aumenti dei decessi per altri tipi di tumori e per malattie non oncologiche sono stati pubblicati solo a metà degli anni Sessanta. Naturalmente, questi dati valgono solo considerando il periodo dal 1950 in poi, dal momento che il gruppo di studio era composto da individui in vita nel 1950. In conseguenza, non è stato possibile effettuare alcuna valutazione dei rischi, per il periodo 1945-1950.

Gli ultimi dati di mortalità per la leucemia arrivano fino al 2002 con 315 decessi nel gruppo analizzato, questi casi sono stimati come decessi imputabili all’esposizione alle radiazioni tra i sopravvissuti esposti a dosi > 0,005 Gy. La percentuale aumenta con l’aumentare della dose e raggiunge circa l’86% tra quelli esposti a dosi> 1 Gy.

La maggior parte dei decessi per leucemia nei bambini esposti alle radiazioni della bomba è avvenuto durante il periodo di follow-up prima 1975. Anche i sopravvissuti, dopo quella data, presentano un rischio maggiore di leucemia rispetto ai non esposti.

Tumori solidi e atomica

Con il continuo aumento dei casi di mortalità di cancro registrati ogni anno nel gruppo di studio, il lavoro dei ricercatori RERF emerse come principale fonte di informazione per la valutazione del rischio cancro da esposizione alle radiazioni. I dati di incidenza del cancro sono diventati sempre più importanti, nel corso degli anni, grazie alla migliorata precisione statistica, alle maggiori possibilità diagnostiche e alla copertura di molti siti specifici colpiti dalle radiazioni.

A differenza della leucemia, le finestre temporali di rischio legate all’esposizione radioattiva mostrano un andamento graduale, con le prime evidenze diagnosticabili solo alcuni anni dopo i bombardamenti e correlato in modo simile al normale aumento del rischio legato all’età.

L’aumento del rischio è stato osservato, con valori simili, per tutti i distretti e gli organi del corpo, probabilmente perché, nei soggetti studiati, l’esposizione alle radiazioni era avvenuta in modo totale.

Particolarmente significative le risposte per i tumori del cavo orale, esofago, stomaco, colon, fegato, polmone. Per i tumori della pelle, melanoma escluso, per il carcinoma mammario e per i tumori di ovaio, vescica, cervello, sistema nervoso centrale e tiroide. In assoluto, i valori di rischio più alto sono stati trovati relativamente ai tumori del seno, dei polmoni e del sistema nervoso. Il cancro del retto, il cancro alla prostata, e il melanoma maligno non sono stati significativamente associati con l’esposizione alle radiazioni.

Lo studio comune di tutti i tumori solidi aumenta la precisione statistica, che è particolarmente importante nel determinare la forma della risposta ad un’esposizione a basse dosi, un aspetto di particolare interesse per la radioprotezione. Per quanto riguarda i valori assoluti, su 100.000 soggetti esaminati nel gruppo di studio, sono stati trovati 17448 casi di tumori solidi , circa 853 sono stati direttamente associati all’esposizione a dosi di radiazioni > 0,005 Gy.

La quota di competenza aumenta con l’aumentare della dose e raggiunge il 48% tra coloro che hanno ricevuto almeno 1 Gy.

Tutte le stime effettuate per i tumori solidi concordano nell’attribuire un aumento del rischio del 50% per le donne rispetto agli uomini.

L’aumento del rischio è fortemente dipendente dall’età al momento dell’esposizione e dall’età raggiunta. Minore era l’età al momento dell’esposizione, maggiore è il rischio di sviluppare un tumore solido. Abitudini di vita e dieta si sono dimostrate importanti per aumentare o ridurre i fattori di rischio. Ad esempio, i fattori alimentari (consumo di frutta, verdura, prodotti di soia, o tè verde) si sono dimostrato utili nel ridurre il rischio di cancro per le persone esposte a dosi eccessive di radiazioni.

Patologie non oncologiche e radiazioni

Lo sviluppo di malattie croniche non oncologiche a esordio tardivo, tarato su 20.000 soggetti tra quelli più massicciamente esposti alle radiazioni, si è dimostrato utile soprattutto per alcune malattie

Opacità del cristallino e danni alla vista: un aumento di rischio considerevole è stato rilevato nei soggetti in cui l’esposizione è stata molto elevata, con dosi comprese tra 1,5 e 2 Gy, con un aumento del rischio di cataratta del 39% nei soggetti esposti a dosi superiori ad 1 Gy. Solo nei soggetti esposti a dosi molto superiori, > 5 Gy, il rischio è tale da portare alla cecità. Questi dati hanno portato alla formulazione di nuove tabelle e misure di sicurezza per tutti coloro che, per lavoro, sono a contatto con le radiazioni.

Malattie della tiroide e iperparatiroidismo

Uno screening della tiroide effettuato sui sopravvissuti alla bomba atomica circa 55 anni dopo i bombardamenti, condotto utilizzando le moderne tecnologie della diagnostica per immagini, ha trovato una risposta, ritenuta significativa, a dosi di radiazioni lineari > 2 Gy. 

Il rischio di iperparatiroidismo, con un fattore di rischio direttamente proporzionale alla dose di radiazioni, è stato stimato a 3.1 per esposizioni a 1 Gy.

Patologie cardiovascolari e altre malattie ad esordio tardivo

Aumenti significativi dei rischi correlati ad esposizioni a dosi eccessive di radiazioni sono emersi, per le malattie cardiovascolari e altre malattie ad esordio tardivo, dalle analisi dei dati di mortalità e sono stati segnalati nel 1992 per diverse categorie di malattie come, ad esempio, le malattie dell’appartato circolatorio, digestivo e respiratorio. 

Malattia cardiaca e ictus costituiscono più della metà (54%) dei decessi per malattie a carattere non oncologico ed il rischio correlato alla dose di radiazioni è significativo per entrambe le categorie. Analisi successive e più approfondite hanno dimostrato che l’aumento del rischio di malattie non oncologiche non può essere spiegato da fattori estranei come il fumo o altri fattori di rischio o possibili distorsioni associabili alle modalità di selezione dei sopravvissuti.

Gli studi hanno fatto emergere alcuni dati fondamentali. Ad esempio, l’aumento del rischio per malattia non oncologica è basso ed è stimato allo 0,14 per mortalità da tutte le malattie non oncologiche, che è circa un terzo di quello – 0,47 – per tutti i tumori solidi; vi è una notevole incertezza per quanto riguarda l’associazione a dosi inferiori a circa 0,5 Gy, che ha suggerito che ci può essere un valore soglia associato a malattie non oncologiche. Analisi periodiche dei dati hanno anche identificato un aumento dei rischi correlati alle radiazioni per alcune grandi categorie di malattie non oncologiche come, ad esempio, le epatopatie (compresa la steatosi epatica, cirrosi ed epatite cronica), il mioma uterino, la cataratta e l’ipertensione.

Per quanto riguarda le cardiopatie, dati recentemente pubblicati definiscono non significativo l’aumento del rischio per esposizioni inferiori a circa 0,5 Gy .

Guerra nucleare: effetti sulla salute mentale

L’entità degli effetti psicologici e sociali del bombardamento di Hiroshima e Nagasaki è stato classificato e, in seguito, approfondito, grazie a specifici studi. Un sondaggio condotto a 20 anni dai bombardamenti ha trovato che le persone che erano in città al tempo dei bombardamenti soffrono di gravi disturbi d’ansia, diagnosticabili come disturbo post-traumatico, in maniera molto più significativa rispetto a quelli che non erano presenti in città.

L’aspettativa di vita dopo l'esposizione alla radiazioni ionizzanti

L’aspettativa media diminuisce con l’aumentare dosi ad una velocità di circa 1,3 anni / Gy, anche se non si osservano diminuzioni più significative associabili a un aumento della dose assorbita.

Mutazioni genetiche da bomba atomica

Aberrazioni cromosomiche nei linfociti si osservano ancora in sopravvissuti più di 65 anni dopo le bombe atomiche.

Risposta immunitaria

Il sistema immunitario è più debole nei soggetti esposti alle radiazioni, anche se sono ancora oggetto di studio i meccanismi e la durata della fase di immunodepressione. I ricercatori RERF suggeriscono che ci sia una variazione dell’omeostasi delle cellule T che provoca immunosenescenza accelerata.

Effetti neurologici

Un aumento del rischio di ritardo mentale congenito è stato trovato nei soggetti esposti in utero da 8 a 15 settimane e fino alla 25 esima. Non sono stati osservati effetti negli altri periodi gestazionali. La soglia di pericolo è stata stimata in un dosaggio > 0,3 Gy e l’aumento del rischio è correlato ad esposizioni ad 1 GY. 

Il ritardo mentale è stato spesso accompagnato da microcefalia e, alla RMN l’architettura del cervello è risultata anomala. Il test IQ somministrato a circa 1670 bambini in età solare, colpiti da radiazioni in utero, ha mostrato una generale diminuzione del QI di circa 25 punti.

Effetti e conseguenze genetici nella seconda generazione dei sopravvissuti

Una delle maggiori preoccupazioni riguardava gli effetti genetici delle radiazioni nei discendenti dei sopravvissuti.

Pertanto, l’ABCC ha subito avviato uno studio su larga scala per valutare la frequenza di problemi alla nascita e di possibili altri esiti negativi della gravidanza. Questo studio monumentale fu iniziato nel 1948 e comprendeva un reclutamento basato su una popolazione di 77.000 donne in gravidanza in entrambe le città, un follow-up clinico delle gravidanze, con partenza dal quinto mese di gestazione fino al parto, e la somministrazione di un questionario socio anamnestico alle future mamme.

La frequenza di individui con anomalie strutturali citogenetiche trovate con il metodo Giemsa-staining è stata tra lo 0,5% ed lo 0,6% nei bambini concepiti da genitori entrambi esposti -8322- inferiore a quella trovata nei figli di genitori non esposti -7976 – pari allo 0,72. Il rischio stimato, pur presente, sembra comunque molto basso.

Cancro e altre malattie multifattoriali

Il primo studio a valutare se l’esposizione alle radiazioni dei genitori porta a un aumento del rischio di malattie ereditarie multifattoriali comuni a insorgenza nell’età adulta (ad esempio, l’ipertensione, il diabete mellito di tipo 2, ipercolesterolemia, cardiopatia ischemica, ictus) è stato condotto in un programma di studi clinici su 12.000 bambini figli di genitori esposti alla bomba e sopravvissuti, che avevano raggiunto una età media di circa 50 anni. 

I dati non hanno indicato alcuna evidenza che faccia pensare ad una correlazione tra la prevalenza delle malattie multifattoriali nella prole e l’esposizione alle radiazioni.

Sfide per il futuro

Circa l’80% delle persone esposte alle radiazioni nucleari prima dei 20 anni è ancora viva oggi. Queste persone solo ora stanno entrando nel periodo anagrafico dove maggiore è l’incidenza delle “malattie dell’invecchiamento”. Per loro il follow-up continuerà per i prossimi 20 anni e sarà un’importante occasione per perfezionare le stime di rischio comparative tra coloro che erano adulti al momento dell’esplosione e coloro che erano bambini.

Allo stesso modo, con criteri adeguati alle diverse età, continueranno a essere studiati i bambini (la generazione F1) aventi uno o entrambi i genitori sopravvissuti all’atomica.

Guerra nucleare oggi: quali sarebbero gli effetti 

La minaccia di una guerra nucleare non conosce tempo e, ancor di più nel presente, il timore che avvenga si fa concreto. Ma cosa aspettarsi, subito dopo una esplosione atomica? Quali gli immediati effetti sulla salute

Ecco ciò che potrebbe avvenire al corpo umano: 

  • gravi lesioni e traumi, a seguito dell'onda d'urto; 
  • ustioni;
  • cecità, temporanea o permanente, in conseguenza della forte luce;
  • avvelenamento da radiazione;
  • esposizione a sostanze cancerogene;
  • emorragie;
  • modificazioni genetiche. 

Cosa fare in caso di una esplosione nucleare oggi?

Diciamocelo, le regole da seguire sono tutt'altro che semplici, come molto difficile sarebbe mantenere la giusta concentrazione. 

Condividiamo, però, alcuni comportamenti suggeriti dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, in caso di esplosioni atomiche: 

Se si è vicino all'epicenro dell’esplosione...

  • coprire gli occhi, restando voltati; 
  • sdraiarsi a terra, con le mani sotto il corpo e il volto in basso. 

Se si è all’aperto...

  • trovare un oggetto con cui coprire bocca e naso;
  • rimuovere la polvere dai vestiti, senza respirarla; 
  • trovare un rifugio anti-atomico, come un seminterrato; 
  • rimuovere gli abiti; 
  • lavarsi senza sapone; 
  • detergere le ferite. 

Ovviamente, le armi nucleari attuali possono avere effetti ancora non chiari, con una potenza di distruzione che durerebbe nel tempo, ahimé, lasciando segni difficili da cancellare. 

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Lavoro da anni nel mondo della medicina. Con Pazienti.it ho l'opportunità di scrivere di argomenti di salute, trasmettendo importanti messaggi di prevenzione e benessere.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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