Sclerodermia, letteralmente significa “pelle dura”. Nel nostro paese ne soffrono circa 25 mila persone, con un’incidenza maggiore per le donne. Nota anche come sclerosi sistemica, la sclerodermia è una malattia rara autoimmune che porta all’accumulo di tessuto fibroso sulla pelle e sugli organi interni.
Tra le altre conseguenze, la pelle si indurisce, perdendo sensibilità. Oltre all’epidermide, spesso vengono colpiti anche altri organi vitali, come cuore, polmoni e reni.
E la prevenzione, per questa debilitante malattia, passa anche attraverso l’informazione: è questo l’obiettivo della Giornata Mondiale della Sclerodermia, promossa dalla Federation of European Scleroderma Associations, che si celebra ogni anno il 29 giugno, all’insegna del grido “La sclerodermia non prenderà il mio sorriso”.
Cos’è la sclerodermia e come si manifesta
Sono poche le certezze intorno a questa patologia, inserita nell’elenco aggiornato delle malattie rare stabilito dai nuovi Lea, i Livelli essenziali di assistenza, pochi mesi fa.
Sappiamo che all’origine della sclerodermia si ha un’alterazione del sistema immunitario che, impazzendo, attacca in modo anomalo i tessuti connettivi del corpo, con un’eccessiva produzione di collagene. Le cause scatenanti, invece, non sono ancora del tutto chiare.
Sappiamo, inoltre, dell’esistenza di più varianti di sclerodermia, classificate in base al coinvolgimento cutaneo: si ha una forma diffusa, una forma limitata e una forma sine scleroderma. In tutti i casi, i campanelli di allarme sono molto simili: tutto parte dalle mani.
I sintomi iniziali della sclerodermia sono infatti inquadrabili nel cosiddetto fenomeno di Raynaud, che si manifesta con un eccessivo pallore alle dita della mani, specialmente se esposte a repentini cambiamenti climatici. Un segnale che tendiamo a sottovalutare ma che, invece, risulta fondamentale per poter diagnosticare la malattia in tempi brevi.
L’importanza della diagnosi della sclerodermia
La velocità della diagnosi consente, infatti, l’inizio tempestivo del trattamento, determinante per bloccare l’evoluzione della malattia ed evitare complicanze come ulcere sclerodermiche e danni agli organi interni. Soprattutto, una diagnosi precoce della sclerodermia consente ai pazienti che ne sono affetti di conservare una buona qualità di vita.
“Una volta eseguita la diagnosi, con la capillaroscopia e alcuni esami specifici del sangue per la ricerca degli anticorpi, iniziano le terapie più appropriate per il paziente” – spiega il dr. Lorenzo Beretta, direttore della “Scleroderma Unit” al Policlinico di Milano – “Ad oggi di sclerodermia non si guarisce, ma la malattia può essere adeguatamente monitorata e curata, quanto più si interviene tempestivamente”.
Per andare incontro a questo obiettivo, in Italia si stanno diffondendo le cosiddette “Scleroderma Unit”, centri specializzati in cui i pazienti possono essere trattati con un approccio multidisciplinare, viste le complicanze e la complessità della malattia stessa.
“La nostra volontà e il nostro desiderio di mettere l’ammalato al centro si sta finalmente realizzando. Questo grazie alla stupenda collaborazione che si è creata e consolidata negli anni tra tutte le componenti scientifiche, istituzionali e il Gils” – ha affermato Carla Garbagnati Crosti, presidente del Gruppo Italiano Lotta alla Sclerodermia, a capo del progetto.
E se la cure stanno progredendo, è importante ricordare che l’informazione è alla base della prevenzione. Il buon senso indica la strada da seguire: parliamo, parliamo e ancora parliamo di sclerodermia. Farà bene a tutti.