La scoperta di un gruppo di scienziati canadesi ha contribuito alla nascita di un bambino, Zain, venuto al mondo grazie all’aiuto delle cellule staminali. Con l’arrivo dell’estate sono attesi altri bambini “figli” anche di questa nuova tecnica di fecondazione in vitro che è una vera e propria rivoluzione.
Lo studio degli scienziati è partito dagli ovuli di alcune pazienti, di una qualità poco buona e quindi poco adatti ad essere fecondati. Per renderli più sani, sono state utilizzate cellule staminali di ovuli più forti non ancora sviluppati. Inoltre, un vantaggio di questo esperimento è che le cellule staminali degli ovuli, a differenza delle altre cellule staminali che possono svilupparsi anche in altri organi del corpo, si trasformano soltanto in ovuli.
La storia di Natasha
Natasha Rajani, mamma del piccolo Zain, ha subito un intervento di laparoscopia per effettuare il prelievo di una piccola parte di tessuto ovarico. L’intervento è avvenuto nel centro First Steps Fertility di Toronto. Dalle cellule staminali ovariche, in seguito, gli scienziati hanno estratto i mitocondri, i piccoli organismi deputati a fornire energia alle cellule.
Il passo successivo è stato l’inserimento di questi mitocondri negli ovuli più vecchi della donna e di eseguire la fecondazione in vitro utilizzando il liquido spermatico del marito di Natasha. Il primo tentativo ha portato alla formazione di 15 ovuli, di cui solo 4 erano fecondati. Solo uno si è sviluppato in modo tale da essere trasferito nell’utero di Natasha: il medico non era entusiasta della qualità di questo embrione, ma in realtà la sua paziente è stata fortunata. Da quel piccolo embrione è nato proprio Zain. Dall’intera sperimentazione sono derivati 4 embrione, due dei quali sono stati congelati per volontà della coppia.
Questo tipo di esperimento potrebbe risolvere i problemi di fertilità causati da età e qualità degli ovuli. Il procedimento seguito dagli scienziati di Toronto è vietato negli USA perché il trapianto di mitocondri è considerato terapia genetica. La realtà, però, è che una trentina di donne in 4 paesi del mondo hanno fatto ricorso a questa tecnica e 8 di loro sono rimaste incinte.
Anche i genitori di Zain cercavano di avere un figlio da molto tempo: Natasha si era sottoposta anche ad un trattamento di fecondazione in vitro senza riuscire a portare a termine la gravidanza. “Ho cercato di essere ottimista, speravo di vedere la luce alla fine del tunnel, speravo che il bambino mi potesse aspettare alla fine del tunnel” ha raccontato la donna. E sembra davvero che l’ottimismo abbia premiato Natasha con l’arrivo del piccolo Zain.
Il punto di vista etico
La tecnica che ha portato alla nascita di Zain è una piccola rivoluzione di cui osserveremo i risultati man mano che nuove pazienti ricorreranno a questo metodo. Uno dei vantaggi che gli scienziati fanno notare è di natura etica: il DNA utilizzato per la sperimentazione è quello dei due genitori, e non prevede quindi l’intervento di terzi estranei alla coppia.