Gli abitanti dell’isola di Guam, i chamorro, nell’Oceano Pacifico, hanno permesso agli scienziati di fare una scoperta molto importante: una sostanza tossica presente in alcuni terreni e in alcuni laghi dell’isola potrebbe aumentare il rischio di contrarre il morbo di Alzheimer e altre malattie neurodegenerative.
Cos’è la BMAA?
In uno studio, pubblicato sulla rivista Proceedings of the Royal Society B,i ricercatori hanno scoperto che l’esposizione alla tossina beta-metilammino-L-alanina (BMAA) potrebbe essere associata allo sviluppo delle placche beta amiloidi e ai grovigli neurofibrillari (NTF), costituiti da proteina tau fosforilata. Tali placche e grovigli sono l’elemento caratteristico della malattia di Alzheimer, ma presenti anche in alcuni pazienti affetti da morbo di Parkinson.
Dove si trova la BMAA?
La tossina BMAA viene prodotta dai cianobatteri, organismi cellulari fotoautotrofi, detti anche alghe azzurre o alghe verdi-azzurre che vivono in oceani, terreni e laghi. La tossina è presente nella flora marina, incluso anche squali e crostacei, che ingeriscono i cianobatteri. Tuttavia, la tossina può anche essere presente in alcune piante, del genere cicadofite, e in alcuni animali che si cibano di semi.
Perché i chamorro sono importanti?
Gli abitanti dell’isola di Guam, i Chamorro, si nutrono proprio di quei animali e pesci che, a loro volta, si cibano di semi e alghe in cui è presente la stessa tossina. Pertanto, sono molto inclini a sviluppare malattie inusuali, come la paralisi, mentre molti hanno gli stessi sintomi del morbo di Alzheimer, di Parkinson e la SLA (Sclerosi Laterale Amniotrofica).
Cinquanta anni fa, proprio sull’isola di Guam, era stata riscontrata un’altissima e del tutto insolita incidenza della SLA, la Sclerosi Amiotrofica Laterale, e del Parkinson: una persona su 3 contro un’incidenza di una persona su 400.
Iniziarono così gli studi che portarono a scoprire che nelle acque di quest’isola vivono i cianobatteri (batteri fotosintetici denominati comunemente anche alghe verdi-azzurre) che producono delle tossine neurotossiche. Queste tossine, in particolare la BMAA, sono poi rilasciate nelle acque circostanti, assorbite dalle piante attraverso le radici e immagazzinate nei frutti.
La quantità contenuta nei frutti commestibili però è talmente basse da non essere la causa del problema. A peggiorare il tutto, l’azione dei pipistrelli-volpe che si nutrono di questi frutti, a loro volta mangiati dalla popolazione locale.
Quali ricerche sono state fatte?
Il team del dottor Paul Alan Cox, un etnobotanico all’istituto di Etnomedicina a Provo, negli Stati Uniti, ha eseguito in 140 giorni due tipi di esperimenti su alcune scimmie, esposte a varie dosi di BMAA nella dieta. Nel primo esperimento, gli animali sono stati esposti a frutti contenenti la tossina. Un altro gruppo di scimmie veniva nutrito con uguali livelli di BMAA e di L-serina, un amminoacido, mentre un terzo gruppo veniva nutrito con frutti contenente un semplice placebo.
Quali sono stati i risultati?
I risultati sono stati particolarmente esplicativi. Durante le analisi, solo le scimmie nutrite con i frutti contenenti la tossina BMAA avevano mostrato lo sviluppo di grovigli e placche. La dottoressa Deborah Mash, coautrice dello studio, ha affermato: “I grovigli e i depositi di amiloidi prodotti sono identici a quelli trovati nel cervello degli abitanti dell’isola nel Pacifico, che sono morti a causa della malattia di Alzheimer“. Durante il secondo esperimento, le scimmie sono state divise in quattro gruppi. In breve, dopo 140 giorni, i ricercatori hanno scoperto che tutte le scimmie che hanno consumato la tossina BMAA avevano sviluppato grovigli e placche.
Può la l-serina combattere l’Alzheimer?
Nello stesso esperimento, le scimmie esposte sia alla tossina che all’amminoacido l-serina mostravano una significativa riduzione dei grovigli tau. Ciò suggerirebbe che tale amminoacido potrebbe essere la base per la cura dell’Alzheimer. Attualmente, la l-serina non è stata ancora approvata dalla FDA come cura per le malattie neurodegenerative, a causa della scarsità di ricerche a riguardo. Tuttavia, la ricerca è molto attiva in questo ambito e si stanno già valutando gli effetti di tale amminoacido sui pazienti affetti da Alzheimer o da deterioramento cognitivo lieve (MCI).