Quell’assurda inclinazione dell’uomo a fare del male

Tania Catalano | Biologa

Ultimo aggiornamento – 10 Aprile, 2017

l'esperimento di miligram dimostra come l'uomo sia debole e incline a lasciarsi convincere

Solitamente i nostri comportamenti rispecchiano la nostra personalità e le nostre volontà, perché le nostre azioni sono guidate dalla coscienza. Tuttavia, secondo le statistiche, quando ci troviamo di fronte a un ordine eticamente opposto ai nostri principi, nella maggior parte dei casi, non siamo in grado di opporci (vediamo il caso dell’esperimento di Milgram).

L’esperimento di Milgram: in cosa consiste?

Nel 1961, a Yale, lo psicologo Stanley Milgram fece un esperimento che aveva come scopo lo studio del comportamento di individui ai quali veniva ordinato di attuare comportamenti che andavano contro i loro valori morali. L’esperimento di Milgram prevedeva la presenza di uno sperimentatore, di un insegnante e di un allievo (attore che avrebbe dovuto fingere all’insaputa dell’insegnante).

L’insegnante controllava un generatore di corrente elettrica i cui pulsanti andavano da 15 a 450 V, a scatti di 15 V, sotto il quale erano presenti indicazioni di intensità come scossa leggera, scossa forte, scossa molto intensa, scossa molto pericolosa. L’ultima scritta era XXX.

Ogni volta che l’allievo faceva uno sbaglio nell’eseguire un compito mnemonico, l’insegnante doveva infliggere una punizione, cioè una scossa elettrica, e l’intensità a ogni nuovo sbaglio doveva aumentare. L’allievo/attore era legato a una sorta di sedia elettrica e all’aumentare dell’intensità delle scosse urlava sempre più forte, simulando un grande dolore e pregando l’insegnante di sospendere le scosse elettriche, fino a simulare svenimento quando venivano raggiunti i 300 V.

Lo sperimentatore ricopriva il ruolo dell’autorità e aveva il compito di spingere l’insegnate a continuare l’esperimento nonostante le suppliche da parte dell’allievo. La percentuale di soggetti, che ricoprivano il ruolo di insegnante, che riuscirono a premere l’interruttore relativo alla pericolosa scossa di 450 V fu del 65% nel primo esperimento.

Nei successivi esperimenti la percentuale di soggetti/insegnanti che ubbidirono all’autorità superò il 95% arrivando alla scossa finale.

L’esperimento di Milgram oggi

L’applicazione del concetto di “ubbidienza” a una realtà aziendale, mostra che soggetti nell’ambito di una struttura sociale gerarchica non si considerano più completamente padroni delle proprie scelte, ma piuttosto si si rifanno alle scelte dei soggetti che rivestono un ruolo di autorità, facendosi condizionare nelle proprie azioni.

Le statistiche ci dicono che persone perfettamente normali riescono a fare cose terribili solo perché qualcuno in una posizione di autorità dice loro di farle. L’esplicazione della morale individuale e soggettiva durante situazioni di in cui siamo costretti da soggetti con maggiore potere o che coprono ruolo di autorità non è scontata e richiede una grande capacità di autogestire le proprie azioni.

Alla luce della drammaticità dei fatti attuali, risulta raccapricciante pensare che diversi individui riescano a fare cose cattive e terribili a causa di un’influenza politica prepotente.

L’esperimento di Milgram è stato ripetuto in altri contesti; nel 2015 in Polonia l’Università di Scienze sociali e umanistiche ha rilevato che il numero di soggetti/insegnanti che rifiutavano di eseguire i comandi dello sperimentatore era tre volte maggiore quando la studentessa era di sesso femminile.

Un esperimento interessante, che potrebbe farci molto riflettere su ciò che è giusto e ciò che non lo è. Vi sottoporreste al test? Cosa ne pensate?

Tania Catalano | Biologa
Scritto da Tania Catalano | Biologa

Sono laureata in Scienze Biologiche e sto per conseguire la laurea Magistrale in Biologia Sanitaria e Cellulare Molecolare. Nei lavori di stage presso diversi laboratori di analisi biochimico cliniche ho approfondito la diagnostica clinica e immunologica. Mi occupo di giornalismo medico scientifico e approfondisco spesso la relazione tra nutrizione e patologie cronico-degenerative.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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Tania Catalano | Biologa
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