Donanemab, un nuovo anticorpo monoclonale per la cura dell’Alzheimer, è stato lanciato, di recente, dall’azienda farmaceutica statunitense Elly Lilly. I risultati dimostrano una regressione della malattia e un ritardo dei sintomi, ma solo agli stadi iniziali della patologia.
Lo studio e la sperimentazione del farmaco
Dopo l’approvazione di due anticorpi monoclonali, aducanumab nel 2021 e lecanemab nel 2023, la Food and Drug Administration (FDA) statunitense potrebbe approvare anche donanemab, terapia farmacologica di un nuovo studio fase III, per la cura dell’Alzheimer, pubblicato sul Journal of The American Association (JAMA).
Secondo gli studi, il nuovo anticorpo sarebbe capace di rimuovere le cellule della proteina beta-amiloide, (contenuta nel cervello) e responsabile della formazione di placche malate nei pazienti con Alzheimer, rallentando il processo di decadimento cognitivo dei neuroni.
La sperimentazione “Trailblazer- Alz 2” ha coinvolto 1.736 pazienti con patologia di Alzheimer:
- il primo gruppo, fase alta, è stato trattato con placebo;
- il secondo, fase medio-bassa, ha ricevuto l’infusione endovena del nuovo farmaco donanemab.
I pazienti sono stati monitorati e sottoposti a scansioni neurologiche durante tutta la fase di sperimentazione del farmaco, per misurare i livelli di proteina beta-amiloide e proteina tau, che normalmente contribuisce al funzionamento dei neuroni del cervello, ma che nei casi di Alzheimer forma aggregati di proteine, causando il decesso delle cellule nervose.
Il gruppo di fase alta presentava quindi livelli di proteina tau elevate, a differenza del gruppo di fase medio-bassa con proteina tau più lieve.
I risultati
I primi risultati concreti sono sorti dopo un anno e mezzo dalla somministrazione del farmaco ai gruppi di pazienti con Alzheimer.
Durante questo periodo è stato dimostrato un rallentamento della malattia del 20% circa nei pazienti trattati con donanemab, rispetto a quelli che hanno ricevuto il placebo.
In particolare, il gruppo di fase medio-bassa ha riscontrato una regressione della malattia del 35%, andando quindi a confermare l’efficacia del farmaco testato. Tuttavia nel gruppo di pazienti di fase alta, con elevate proteine tau, non è stato riscontrato alcun miglioramento significativo; questo risultato spiega quindi, come il nuovo farmaco migliori solo le condizioni dei pazienti allo stadio iniziale della patologia di Alzheimer.
“Questo è il primo studio di fase III in cui una terapia capace di modificare la progressione della malattia replica i risultati clinici positivi osservati in uno studio precedente. Se approvato, riteniamo che donanemab possa fornire alle persone con malattia di Alzheimer benefici clinicamente significativi, nonché la possibilità di completare il loro ciclo di trattamento già 6 mesi dopo che la placca amiloide è stata eliminata", dichiara Huzur Devletsah, Presidente e Direttore generale di Lilly Italy Hub.
Gli effetti collaterali e il futuro della malattia
Come in tutte le sperimentazioni, non è mancata la comparsa di effetti indesiderati nei pazienti con trattamento da donanemab.
Oltre il 6% degli 860 pazienti coinvolti ha riscontrato sintomi collegati a emorragie cerebrali e gonfiore (confusione, mal di testa, convulsioni) e vi sono stati 3 decessi, presumibilmente causati dal nuovo farmaco.
“I risultati del farmaco servono ad evidenziare la complessità della malattia da Alzheimer. L'eccezionale capacità di farmaci come donanemab e lecanemab di rimuovere l'amiloide, unita al loro effetto piuttosto sottile sul tasso di declino delle misure cognitive e funzionali, ci dice che l'amiloide probabilmente non è l'unico fattore che contribuisce alla progressione dell'Alzheimer", hanno affermato Eric Widera, Sharon Brangman e Nathaniel Chin, a commento dello studio sul farmaco.
Queste parole espongono dei chiari dubbi sui rischi e i benefici correlati al nuovo farmaco e alle sperimentazioni precedenti, suggerendo di ripensare ad altre cause della patologia di Alzheimer, ancora pressochè sconosciute.