Dr. Carlo Pizzoni, specialista in neurologia.
Convivere con il disturbo dell’epilessia non è semplice. Lo sanno bene i pazienti che ne soffrono. Abbiamo chiesto al dr. Carlo Pizzoni, specialista in neurologia, quali sono i trattamenti migliori in questi casi.
Da quali sintomi è riconoscibile l’epilessia?
Se pensiamo all’epilessia, spesso focalizziamo nella nostra mente la figura di un soggetto che perde improvvisamente coscienza cadendo a terra, emettendo un grido, per la violenta contrazione dei muscoli respiratori che causano poi difficoltà respiratorie (apnea). Concomita, per la contrazione dei muscoli masticatori, il morso della lingua. A questa fase di spasmo muscolare generalizzato (fase tonica), seguono scosse muscolari dei quattro arti (fase clonica). Il paziente riprende poi a respirare perdendo saliva dalla bocca, urina e, meno frequentemente, feci. Segue, infine, un periodo di sonno (coma post-critico), seguito dal risveglio con stato confusionale.
Il quadro descritto, in medicina, viene conosciuto come crisi tonico-clonica generalizzata o grande male. Il piccolo male è invece tipico dei bambini, dove si verificano delle improvvise perdite di coscienza di breve durata, con arresto dell’attività in corso e sguardo fisso (assenze).
Queste due sono forme frequenti di crisi epilettiche, cioè manifestazioni improvvise (accessuali), clinicamente variegate (polimorfe), legate alla scarica eccessiva di un gruppo di neuroni cerebrali.
Le crisi possono insorgere occasionalmente, in rapporto a malattie intercorrenti (ad esempio convulsioni febbrili). Circa il 10% della popolazione presenterà, nel corso della vita, una crisi epilettica occasionale.
Quando le crisi ricorrono dopo un intervallo di tempo, in maniera apparentemente spontanea, si parla di epilessie propriamente dette. Le epilessie vengono classificate in base alla clinica ed all’elettroencefalogramma (cioè in base all’attività elettrica dei neuroni cerebrali; detta attività viene rilevata applicando una particolare cuffia dotata di elettrodi di registrazione atraumatici sulla testa del paziente).
Distinguiamo quindi crisi parziali, se la scarica neuronale interessa solo un emisfero, e crisi generalizzate quando la scarica patologica è estesa a tutto il cervello.
Le crisi possono interessare oltre al versante motorio, anche tutti gli altri aspetti dell’attività cerebrale. Avremo quindi crisi fonatorie (con impossibilità a parlare), crisi vocalizzatorie (con emissione di suoni non strutturati), crisi sensitive, visive, uditive, olfattive (usualmente odori sgradevoli), gustative, vertiginose, psichiche (con attacchi di panico o sensazioni di gioia estrema etc.).
Data l’estrema eterogeneità dei quadri clinici, a volte è estremamente difficile diagnosticare una crisi epilettica, è fondamentale quindi il ruolo dello specialista.
Un’epilessia parziale che insorga in un uomo adulto, deve far sempre sospettare una neoplasia cerebrale.
Quali sono le cause dell’epilessia?
Le convulsioni febbrili sono legate a temperature corporee generalmente superiori ai 39°C, colpiscono circa il 3% dei bambini sotto ai 5 anni di età, con un picco verso i 2 anni.
Le epilessie riflesse sono generalmente scatenate da stimoli luminosi intermettenti (ad esempio videogiochi).
Le epilessie occasionali si verificano per cause metaboliche (ad esempio aumento o riduzione nel sangue di calcio o sodio, ipoglicemia, ipotiroidismo, insufficienza epatica o renale etc.), tossiche (ad esempio consumo di alcol o droghe), parenchimali, cioè insulti cerebrali (ad esempio traumi cranici).
Le epilessie propriamente dette sono legate, nel 50% dei casi, a lesioni cerebrali organiche (ad esempio tumori cerebrali, infezioni del sistema nervoso, ischemie cerebrali etc.) ed a cause genetiche (ed esempio nelle epilessie idiopatiche).
Nei restanti 50% dei casi, le cause sono ancora oggi sconsciute (epilessie criptogenetiche).
Quali sono le cure possibili per l’epilessia?
Molte forme epilettiche possono essere trattate con la sola prevenzione, ad esempio evitare di far raggiungere elevate temperature nei bambini febbrili, evitare l’uso di alcol e droghe. Attualmente, esistono in commercio vari farmaci anti-epilettici, con diversi meccanismi d’azione. Questi farmaci possono essere associati fra di loro. Quindi, nel 75-80% circa dei pazienti con epilessia, è possibile ottenere una remissione parziale o completa della sintomatologia con il solo trattamento farmacologico. Negli altri casi (epilessie farmaco-resistenti) bisogna valutare l’opzione chirurgica.
Il trattamento neurochirurgico dell’epilessia prevede un’accurata selezione dei pazienti, che si effettua mediante studi neurofisiologici e neuroradiologici.
Le tecniche neurochirurgiche sono fondamentalmente 3:
- tecniche di resezione, in questo caso si asporta chirurgicamente il focolaio epilettogeno localizzato nel parenchima cerebrale, o una lesione epilettogena, ad esempio un tumore o una malformazione vascolare;
- tecniche di disconnessione, ad esempio per separare i due emisferi cerebrali, si pratica una sezione del corpo calloso (cioè del fascio di fibre che unisce anatomicamente e funzionalmente i due emisferi cerebrali);
- tecniche di stimolazione. Queste ultime sono meno invasive e stanno ottenendo discreti risultati. Comprendono il posizionamento di uno stimolatore vagale e la stimolazione cerebrale profonda. L’intervento di posizionamento di uno stimolatore vagale consiste nell’isolare il nervo vago al collo e circondarlo con un micro-elettrodo a spirale. L’elettrodo và poi collegato allo stimolatore vero e proprio. Quest’ultimo viene posizionato nel tessuto sottocutaneo del torace. La stimolazione del nervo vago si traduce, a livello cerebrale, con la riduzione del glutammato, il neurotrasmettitore eccitatorio per eccellenza. Si innalza quindi la soglia di convulsività, con riduzione delle crisi epilettiche.
Epilessia e autismo: esiste un legame?
Sicuramente sì. In circa “un terzo dei pazienti affetti da autismo, si hanno anche crisi epilettiche. Viceversa nelle forme più gravi di epilessia associata a ritardo mentale sono spesso presenti tratti autistici. Verosimilmente, poi, a livello genetico, in alcune forme di autismo ed epilessia vi sono delle alterazioni in comune, legate a disturbi nella trasmissione del segnale a livello neuronale”.
Mi preme però sottolineare due cose. L’autismo è in realtà composto da varie forme patologiche di gravità crescente, si dovrebbe quindi parlare di spettro autistico. Molte patologie dello spettro autistico sono legate sicuramente all’inquinamento atmosferico; quindi (lo scrivo senza allarmismo, con l’evidenza dei dati epidemiologici ) o si iniziano a ridurre l’emissioni di polveri sottili nell’atmosfera, o assisteremo ad un rapido ed esponenziale aumento dei casi di autismo.