I mezzi di contrasto, detti anche agenti di contrasto, sono sostanze impiegate prevalentemente nell’ambito della diagnostica radiologica per immagini (radiologia tradizionale, angiografia, TAC), così come risonanza magnetica nucleare (RMN).
In particolare, i mezzi di contrasto hanno la capacità di “alterare il contrasto” di un organo, di una lesione o di qualsiasi altra struttura rispetto a ciò che li circonda: solo utilizzando questi agenti, vi è infatti la possibilità di rendere visibili alcuni dettagli che, diversamente, non riuscirebbero a emergere in modo così nitido.
Vi sono, però, degli effetti collaterali del mezzo di contrasto. O meglio, alcuni soggetti potrebbero manifestare dei sintomi avversi, vuoi per motivi allergici vuoi per reazioni imprevedibili.
Cerchiamo di capirne di più.
Gli effetti collaterali del mezzo di contrasto
Malgrado la loro indubbia efficacia a livello diagnostico, vi sono una serie di effetti collaterali del mezzo di contrasto, che possiamo suddividere in due categorie principali:
- Reazioni prevedibili di natura chemiotossica – Dipendono dalla tossicità del composto utilizzato, quindi dalla sua composizione chimica e dalla dose somministrata per effettuare l’indagine.
Oppure:
- Reazioni imprevedibili – Si tratta di quelle reazioni per cui risulta difficile stabilire il rapporto causa-effetto e che si ritiene siano dovute all’interazione tra il mezzo di contrasto e diversi fattori, come l’azione del sistema immunitario, la presenza di altre patologie concomitanti e lo stato psicologico del paziente.
In base alla severità dei sintomi è possibile distinguere reazioni:
- Lievi – Gli effetti collaterali facenti parte di questa categoria sono solitamente transitori e comprendono dolore, orticaria o edema nell’area dell’iniezione, nausea, vomito e sudorazione intensa per le quali non è necessario alcun trattamento medico;
- Moderate – Tra queste le più diffuse sono l’orticaria, episodi di vomito frequenti e severi, edema delle palpebre, dispnea, dolore addominale e/o toracico;
- Gravi – Si tratta di manifestazioni rare che possono comprendere alterazioni del ritmo cardiaco e della pressione sanguigna, dispnea grave, edema laringeo e polmonare oltre a sintomi neurologici quali convulsioni e perdita di coscienza, eventi che richiedono cure mediche immediate allo scopo di evitare il peggioramento delle condizioni del paziente.
Ad oggi le reazioni avverse ai mezzi di contrasto sono eventi piuttosto rari, grazie all’introduzione di nuovi farmaci dotati di una maggiore tollerabilità e a una maggiore conoscenza dei possibili effetti collaterali legati ai singoli composti utilizzati in radiodiagnostica e diagnostica per immagini.
Vediamo ora nel dettaglio i mezzi di contrasto più utilizzati sulla base dei due principali esami diagnostici eseguiti: RMN e TC.
Risonanza magnetica con mezzo di contrasto: pro e contro del gadolinio
Il mezzo di contrasto più comunemente utilizzato per effettuare una risonanza magnetica è – era! – sicuramente il gadolinio, una sostanza paramagnetica iniettata per via venosa. I mezzi di contrasto paramagnetici sono in genere meglio tollerati rispetto ai mezzi di contrasto iodati, e non comportano alcun rischio di tossicità.
L’uso del gadolinio è da sempre sconsigliato per tutti quei soggetti che hanno già manifestato una reazione allergica al mezzo di contrasto in questione e per quei pazienti affetti da insufficienza renale grave o cronica o che hanno subito un trapianto di fegato, per scongiurare il manifestarsi della fibrosi nefrogenica sistemica legata all’accumulo di mezzo di contrasto nell’organismo.
Di recente, però, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha sospeso l’uso dei mezzi di contrasto lineari a base di gadolinio (ad eccezione dell’acido gadoxetico e dell’acido gadobenico). La decisione è giunta dopo la pubblicazione delle nuove Linee Guida per l’utilizzo dei mezzi di contrasto negli esami di risonanza magnetica stilata dall’International Society for Magnetic Resonance in Medicine (ISMRM). Secondo recenti studi, infatti, sembra ormai certo che gli agenti a base di gadolinio si depositino (in una percentuale inferiore all’1%) nei nuclei di alcune cellule presenti nel cervello.
Pur non esistendoci alcuna prova che i depositi di gadolinio nel cervello siano in grado di provocare danni nei pazienti che si sottopongono a questa procedura, tali agenti di contrasto sono stati sospesi a partire dal febbraio 2018, ed indicati solo ed esclusivamente «quando non sia possibile ottenere le necessarie informazioni diagnostiche con scansioni di altro tipo» – come dichiarato dall’Agenzia Italiana del Farmaco.
L’utilizzo del bario: la TAC con contrasto
Fra i mezzi di contrasto più utilizzati in radiodiagnostica (TAC in particolare) vi sono il bario e lo iodio. I mezzi di contrasto baritati sono composti principalmente da solfato di bario, dotati di un’intensa radiopacità che però non viene assorbita nè metabolizzata dall’organismo.
Il solfato di bario è impiegato per lo più nel corso delle indagini strumentali del canale alimentare, dal quale viene eliminato per svuotamento naturale, di conseguenza – se impiegato correttamente – non dovrebbe provocare effetti collaterali se non quelli relativi ad una possibile reazione allergica al composto.
Inoltre, il suo utilizzo è controindicato nel caso in cui il paziente soffra di occlusioni acute dell’intestino, emorragie gastrointestinali o perforazioni del lume viscerale: in questi casi, il mezzo di contrasto baritato potrebbe solidificarsi e rendere necessario il ricorso alla chirurgia per la sua rimozione oppure provocare perforazioni intestinali, così come gravi forme di peritonite.
In tutti gli altri casi, non preoccupatevi. Il mezzo di contrasto è altamente sicuro, nonostante vi siano – seppur raramente – degli effetti collaterali.