ECMO: una nuova sfida terapeutica

Vincenzo Russo | Blogger

Ultimo aggiornamento – 29 Luglio, 2015

ECMO, acronimo di Extra Corporeal Membrane Oxigenation, è la sigla che indica un trattamento di supporto vitale utilizzato per contrastare patologie che provocano una inadeguata ossigenazione del sangue e, nelle più recenti versioni, rappresenta una evoluzione della procedura adottata da diversi decenni, in occasione di interventi a cuore aperto.

L’ECMO, oggi, viene utilizzato ogni volta che, per patologie polmonari o cardiache, il paziente non sarebbe in grado di sopravvivere.

La storia dell’ECMO inizia a metà degli anni ’50 del Novecento, quando viene utilizzata per la prima volta una tecnica di ossigenazione artificiale durante un intervento a cuore aperto. Negli anni ’70, l’ECMO viene utilizzato anche per patologie respiratorie e, successivamente, anche in patologia neonatale come supporto vitale per bambini nati con gravi problemi polmonari o cardiaci.

Come funziona l’ECMO?

Ecmo

Il trattamento con ECMO non è terapeutico e non cura la malattia. Grazie a questo macchinario, le cui evoluzioni sono state costanti sia in termini di dimensioni che di funzionalità, è possibile mantenere in vita un paziente, anche privo di funzionalità cardiaca o polmonare, e attuare i trattamenti terapeutici più indicati. È un trattamento definito di supporto vitale (ECLS, extra corporeal life support), in quanto rende possibile un trattamento medico pur in presenza di limitazioni funzionali anche gravi, purchè reversibili o, in totale e irreversibile assenza di funzionalità polmonare o cardiaca, in attesa di trapianto.

L’ECMO permette di mantenere ossigenato il sangue, utilizzando una pompa collegata al paziente; l’ossigeno viene spinto in un polmone artificiale costituito da una speciale membrana porosa. Questa membrana riproduce la funzione fisiologica di scambio dei gas, rimuovendo l’anidride carbonica dal flusso ematico che la percorre e arricchendolo di ossigeno. Il sangue spinto da questa pompa viene reintrodotto nel paziente dopo essere passato attraverso uno scambiatore di calore che lo riporta alla giusta temperatura corporea.

In quali casi è consigliato?

Il trattamento ECMO, come detto, è utilizzato sia come supporto vitale di tipo respiratorio che cardiaco.

Nel primo caso il bypass extracorporeo può essere sia tipo veno-arterioso che veno-venoso. L’efflusso avviene sempre dal circolo venoso, mentre la reinfusione del sangue ossigenato e decarbossilato può avvenire nel circolo arterioso, e in questo caso si parla di ECMO Veno-Arteriosoo in quello venoso o ECMO Veno-Venoso. L’ECMO cardiaco, trattandosi di un supporto cardiocircolatorio, utilizza sempre la metodica veno-Arteriosa.

I più moderni macchinari per l’ossigenazione extracorporea, che permettono di regolare i flussi di pressione e la conseguente ventilazione, vengono utilizzati anche in patologia neonatale, nei casi di insufficienza respiratoria grave o in caso di malformazioni cardiache congenite, come bridge verso l’intervento chirurgico.

L’ECMO come supporto respiratorio viene utilizzato in casi gravi di sepsi o polmonite, nei casi di sindrome da stress respiratorio, anche degli adulti (RDS – ARDS), nei casi di ernia diaframmatica congenita e in caso di ipertensione polmonare.

L’ECMO come supporto vitale cardiocircolatorio pre-intervento viene molto spesso utilizzato in patologie quali l’infarto acuto o le miocarditi o nei casi in cui è necessario impiantare un VAD (dispositivo di assistenza ventricolare) e nei casi trapianti di cuore.

Complicanze

L’utilizzo dell’ECMO, per periodi lunghi, può presentare diversi inconvenienti e dare vita a complicanze improvvise e gravi, fino a essere fatali.

È quindi fondamentale che il paziente in ECMO sia costantemente accudito da personale specializzato ed adeguatamente addestrato alla gestione dei possibili problemi, riguardanti sia il sistema meccanico che il paziente stesso. Ogni parte del circuito extracorporeo può essere virtualmente soggetta a rottura o malfunzionamento e la membrana, in particolare, va mantenuta pulita e, dopo un certo numero di giorni, sostituita perché l’accumulo degli elementi globulari del sangue o accenni di coagulazione, potrebbero limitare fortemente la funzionalità.

Va poi ricordato come il bypass extracorporeo sia di per sé un intervento impegnativo e, a maggior ragione, lo sono gli interventi di manutenzione sul macchinario. Per quanto riguarda il paziente, le complicanze possono nascere da problemi connessi alle cannule, problemi connessi all’ossigenatore, presenza di coaguli, aria nel circuito.

Non va dimenticato che la circolazione extracorporea prolungata ha, comunque, un costo biologico non indifferente che può tradursi in problemi di recupero funzionale di media-lunga durata [1].

Storie vere

Nel mese di dicembre 2014, al centro cardiologico dell’Ospedale Niguarda di Milano, è stato effettuato il trapianto cardiaco n. 1000. La paziente, una donna milanese di 57 anni, non aveva mai sofferto di alcun problema cardiaco ed è stata improvvisamente colpita da una miocardite a cellule giganti, che l’ha completamente privata della funzionalità cardiaca.

Il bypass extracorporeo, finalizzato in principio a consentire terapie farmacologiche per tentare il recupero della funzionalità cardiaca è durato oltre 20 giorni e, visto il mancato recupero funzionale, le ha permesso di sopravvivere in attesa del donatore. La paziente ha potuto sopportare un periodo così lungo di ossigenazione extracorporea anche grazie al suo stile di vita, sano e con quotidiano esercizio fisico tanto che, dopo una fase di degenza resa ancor più lunga e impegnativa anche per le complicanze del lungo periodo trascorso in ECMO, la paziente è tornata a casa avendo completamente recuperato e, pur da trapiantata, potrà godere una vita normale e intensa.

Ancora più sorprendente la storia di un altro milanese, un ragazzo di 15 anni che si è risvegliato dal coma dopo quasi un mese: lo scorso 24 aprile era stato ripescato dalle acque del Naviglio, vicino Milano, dove era rimasto privo di sensi per quasi un’ora.

Trasportato in eliambulanza al San Raffaele, i medici, pur constatando la mancanza di battito cardiaco, decidono di attivare il bypass extracorporeo tramite l’ECMO.

Lentamente il ragazzo ha recuperato coscienza e funzionalità fino a svegliarsi, dimostrando di essere ben orientato nel tempo e nello spazio. Appassionato di calcio, ha subito chiesto se era in tempo per vedere la finale di Champions League.

Probabilmente, a rendere possibile la ripresa, è stata anche la bassa temperatura delle acque del Naviglio. Il ragazzo, infatti, è stato ripescato con una temperatura corporea di 29° e questo potrebbe aver contribuito ad evitare i danni da mancata ossigenazione cerebrale.

Anche se il costo è stato alto, il giovane ha perso la parte inferiore di una delle gambe, questo caso, come il precedente è straordinario nel dimostrarci come, intelligenza professionale e tecnologie possono porre più avanti l’asticella della possibilità di salvare vite anche in situazioni estreme [2].

Fonti

[1] Extracorporeal Membrane Oxygenation http://emedicine.medscape.com/article/1818617-overview

[2] Ragazzo di 15 anni si risveglia dal coma dopo un mese: “Hanno già giocato la Champions?” http://milano.fanpage.it/ragazzo-di-15-anni-si-risveglia-dal-coma-dopo-un-mese-hanno-gia-giocato-la-champions/

 

 

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Lavoro da anni nel mondo della medicina. Con Pazienti.it ho l'opportunità di scrivere di argomenti di salute, trasmettendo importanti messaggi di prevenzione e benessere.

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