Non c’è niente da fare, giudicare le persone fa parte della natura umana! Anche se il termine giudizio ha comunemente un’accezione negativa, questo comportamento del tutto automatico ci aiuta a stabilire se possiamo instaurare un rapporto di fiducia con le persone che abbiamo davanti.
Giudichiamo a prescindere, in tutti i contesti della nostra vita. Quando stiamo affrontando un colloquio di lavoro, quando dobbiamo scegliere se assumere o meno un candidato per un posto di lavoro ma, soprattutto, quando siamo alla ricerca di un partner. Del resto, si sa: è la prima impressione quella che conta davvero.
Secondo un recente studio condotto dalla dr.ssa. Amy Cuddy, psicologa e professoressa presso l’Harvard Business School, per giudicare le persone utilizziamo essenzialmente due criteri. Ecco quali sono.
L’importanza di apparire empatici
Amy Cuddy e il suo gruppo di ricerca studiano da decenni i condizionamenti dettati dal comportamento non verbale. Insieme ai colleghi Susan Fiske and Peter Glick hanno concentrato la propria ricerca sulla formazione delle prime impressioni, quindi sui parametri attraverso i quali le persone basano il proprio giudizio sugli altri quando li incontrano per la prima volta.
Secondo gli autori, la prima impressione si forma in base al nostro aspetto esteriore e al nostro modo di porci, elementi che costituiscono la chiave del nostro successo relazionale, perché è proprio su questi fattori che le persone iniziano a formarsi un’opinione su di noi.
Nel suo best-seller, dal titolo “Presence: Bringing Your Boldest Self to Your Biggest Challenges“, la Cuddy ci svela le due domande che noi tutti ci poniamo quando conosciamo qualcuno:
- Posso fidarmi di questa persona?
- Questa persona merita il mio rispetto?
La valutazione iniziale che facciamo delle persone dipende essenzialmente da due dimensioni ben precise: “warmth” che rappresenta il grado di affidabilità e “competence” ovvero la competenza. Per la Cuddy e il suo team di ricercatori per fare un’ottima impressione, dunque, bisognerebbe possedere entrambe queste caratteristiche.
In base al contesto in cui avviene la conoscenza, l’uno o l’altro aspetto può essere prevalente. Nel contesto professionale, ad esempio, la competenza avrà un rilievo maggiore rispetto alla cordialità e l’affidabilità. «Se consideriamo questi dati secondo una prospettiva evolutiva – afferma la Cuddy – È evidente come sia molto più importante valutare se una persona meriti o meno la nostra fiducia piuttosto che giudicarla in base alle sue abilità. Se torniamo indietro nel tempo, per l’uomo primitivo era di vitale importanza capire se chi aveva di fronte rappresentasse una minaccia alla propria sopravvivenza o se invece avrebbe assunto un comportamento amichevole».
L’empatia era, ed è tuttora, una qualità più importante rispetto alla competenza e al saper fare. L’idea dominante, specie in ambito professionale, è che la competenza sia il fattore più importante da tenere in considerazione e quello decisivo per soddisfare le aspettative altrui. Ma in realtà, non è esattamente così. Una persona evidentemente dotata di un ottimo livello di competenza ma che esibisce un atteggiamento freddo e distaccato, il più delle volte non riscuote apprezzamento anzi rischia di risultare inaffidabile.
«Una persona che ispira fiducia, suscita invece una forte ammirazione e calore, ma solo dopo che la fiducia viene riconfermata questo punto di forza viene visto come un’opportunità e non come una minaccia» – ha concluso.
Affidabilità o competenza?
Nella sua esperienza di insegnante, la Cuddy insegna ai propri studenti che focalizzarsi troppo sul voler mettere in mostra le proprie competenze può portare a ignorare o trascurare elementi anche molto importanti. Solitamente chi punta tutto sulle competenze ha difficoltà a mostrarsi debole o in difficoltà, non riuscendo a riconoscere la necessità di chiedere aiuto, elemento controproducente soprattutto in ambito lavorativo.
Il paradosso è che nel valutare noi stessi, tendiamo tutti a privilegiare l’aspetto della competenza, tentando di trasmetterlo agli altri mentre al contrario, nelle persone che incontriamo, cerchiamo in primo luogo calore e affidabilità. Praticamente, quando conosciamo qualcuno, vogliamo proiettare competenza, ma nell’altro cerchiamo calore e affidabilità. Questo meccanismo paradossale è all’origine del fallimento di molte prime impressioni: conoscerlo può aiutarci a evitare di commettere errori di giudizio che possono pregiudicare il nostro rapporto con gli altri.
Come evidenziato in questa ricerca, l’affidabilità e la competenza sono i due elementi cardine sui quali basiamo la nostra impressione sugli altri. Il segreto per fare una buona impressione non è quello di apparire competenti sotto ogni aspetto, piuttosto è far sì che le persone si sentano accolte e comprese da noi, in uno scambio reciproco di fiducia. Tenetelo bene a mente la prossima volta che vi troverete faccia a faccia con qualcuno per la prima volta!