Nonostante l’attenzione dei media sull’argomento sia minore, l’epidemia di Ebola che ha colpito la Sierra Leone e parte dell’Africa non è affatto diminuita.
Se i riflettori della stampa internazionale e le associazioni umanitarie avevano tenuto il mondo informato e al corrente di quanto stava (e sta) accadendo in Africa, oggi pare che, al contrario, ci sia un abbassamento generale dell’attenzione sull’argomento, come stanno sottolineando i funzionari sanitari che lottano ogni giorno in Sierra Leone contro il virus.
I casi sono stati in netta diminuzione all’inizio dell’anno. Ma questo declino si è fermato e, a più di un anno dallo scoppio dell’epidemia, nuovi casi di contagio emergono ogni settimana.
“Non siamo riusciti a convincere un ultimo nocciolo duro della popolazione a cambiare il proprio comportamento“, ha detto Obi Sesay, direttore del Centro Nazionale di Ebola Response. “Le fasi iniziali dell’epidemia ci hanno colto di sorpresa, la fase successiva ha visto le persone stesse identificare e denunciare la malattia, ma ora siamo in una fase di negazione e stanchezza che non aiuta a far diminuire i casi di contagio”.
Misure straordinarie
Per arrivare ad abbattere la costante presenza di nuovi casi ogni settimana si è attuata una strategia davvero dura: coprifuoco serale, sorveglianza casa per casa in cerca di potenziali contagiati, l’istituzione di campi apposta in cui tenere in osservazione gli individui ad alto rischio. Non solo, sono state predisposte misure coercitive e multe per le persone che non vogliono farsi curare o per le famiglie che si affidano a sepolture non sicure.
Le misure straordinarie vanno chiaramente ad alterare la vita di ogni giorno: sono vietate le riunioni all’aperto per evitare contagi, sport un tempo comuni come il calcio sono proibiti e guardati con diffidenza perché lo stare insieme può portare a contrarre il virus; ogni persona deceduta viene trattata come se fosse morta di ebola e quindi prelevata da squadre apposta in veri e propri rastrellamenti perché la comunità non vuole correre rischi.
Ciò che sorprende, sottolineano gli esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità intervenuti per arginare il virus e tenere sotto controlla la situazione, è la serena rassegnazione della popolazione locale.
“Le misure adottate, che in qualche modo sono anche una limitazione della libertà, sono necessarie per fermare l’epidemia – ha dichiarato il direttore Obi Sesay – perché siamo di fronte a una guerra che stiamo vincendo ma che ancora non è terminata”.