Curare i vari disturbi – in primis i “disordini addominali funzionali”, ovvero mal di pancia e gonfiore addominale – con diete studiate ad hoc, anche in età pediatrica. Ma qual è la reale utilità di queste indicazioni nutrizionali? Quando la “moda” e le tendenze incidono anche sull’alimentazione, che diventa a volte restrittiva anche per i più piccoli?
A confrontarsi sul tema, gli esperti della Società Italiana di Pediatria riuniti a Roma al Congresso Nazionale, in una tavola rotonda dal titolo “Diete speciali: mito o realtà?”.
Qual è l’utilità e quali sono gli effetti delle diete speciali nei bambini?
“I disordini addominali funzionali non hanno una causa organica, non esiste un test diagnostico che permetta di capirne l’origine. I benefici delle diete e delle opzioni farmacologiche proposte da più parti per alleviarne i sintomi sono in molti casi simili all’effetto placebo”, afferma la Vicepresidente SIP – Annamaria Staiano, Docente di Pediatria all’Università Federico II di Napoli. “In linea generale – spiega – tutte le diete che escludono alcuni alimenti (cosiddette “diete di eliminazione”) presentano dei rischi per i bambini, perché possono compromettere lo stato nutrizionale o l’equilibrio psicofisico. Pertanto devono essere veramente necessarie. È inoltre importante che i risultati siano sempre monitorati dal medico e che il miglioramento venga valutato in base a parametri oggettivi”.
Il dr. Riccardo Troncone, Docente presso il Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali e Laboratorio Europeo per lo Studio delle Malattie Indotte da Alimenti, Università Federico II di Napoli, ha poi posto l’attenzione sulla dieta senza glutine, sostenendo che: “La dieta gluten free è da osservare solo in caso di una diagnosi clinica di celiachia o di allergia al grano ig-E mediata. É invece stata invocata da più parti anche per i soggetti non celiaci per contrastare i disordini addominali funzionali, patologie neurologiche, disordini dello spettro autistico, psoriasi, fibromialgia. In molti di questi casi, l’evidenza della sua efficacia è a dir poco debole. Con l’aggravante che non è priva di rischi. I prodotti senza glutine infatti possono avere un minore contenuto di micronutrienti (ferro, zinco, magnesio) e fibre e un contenuto più elevato di grassi”.
Nonostante questi problemi e il costo più alto dei prodotti dietoterapeutici, la dieta senza glutine è divenuta nota ai più come dieta “salutare”. Molti atleti, infatti, la preferiscono per aumentare le loro performance. “Nonostante questa crescente domanda l’evidenza di benefici è scarsa – aggiunge Riccardo Troncone – Nessun effetto è dimostrato per esempio sulla capacità di far perdere peso. È stata prospettata l’induzione di un miglioramento del profilo glicemico, ma in realtà i prodotti senza glutine, perdendo la componente di grani integrali nel loro processing, sono responsabili di un rialzo glicemico post-prandiale più elevato e in ultima analisi di una minore protezione verso le malattie cardiovascolari. Per tutti questi motivi, oltre che per il rischio di oscurare la possibile diagnosi di celiachia, ridurre o eliminare il glutine dalla dieta senza una chiara indicazione clinica è una pratica da evitare”, conclude.
Diverso è nei casi di allergia al glutine o celiachia. “Si allarga il panorama dei cereali che possono essere ammessi alla tavola del bambino celiaco”, spiega Carlo Catassi, Professore ordinario di Pediatria presso l’Università Politecnica delle Marche.
Ma quali saranno le evoluzioni future? Quali sono le posizioni degli esperti, quando si parla di dieta a basso contenuto di FODMAP, ovvero una riduzione/eliminazione degli alimenti contenenti determinati carboidrati?
Scopriamolo insieme, continuando a leggere l’approfondimento sul portale della SIP, e dando la parola con un semplice click agli specialisti della Società Italiana di Pediatria.