La sclerosi laterale amiotrofica (SLA), nota anche come morbo di Lou Gehrig, è una malattia neuromuscolare che attacca i neuroni e il midollo spinale. Chi ne è affetto soffre di graduale paralisi del corpo, fino alla morte che in genere sopraggiunge entro cinque anni dall’insorgere dei primi sintomi.
Al momento, non si conoscono rimedi efficaci per curare questa patologia. Il Riluzone, l’unico farmaco ad oggi approvato dalla comunità medico-scientifica per casi di SLA, è in grado soltanto di allungare di qualche mese la vita del paziente.
Lo studio
L’insorgere della SLA è legato alla mutazione di alcuni geni nell’organismo umano. La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature Communications, ha mostrato un legame finora sconosciuto tra il sistema immunitario e la morte dei neuroni motori. Lo studio si è basato sull’analisi del sistema immunitario del C. elegans, un minuscolo verme lungo un millimetro e spesso utilizzato per esperimenti genetici.
“Uno squilibrio del sistema immunitario può contribuire alla distruzione dei motoneuroni e scatenare la malattia”, ha confermato Alex Parker, ricercatore e professore al Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Montreal. I ricercatori hanno introdotto un gene umano mutato in alcuni esemplari di C. elegans: l’obiettivo era trovare un modo per salvare i vermi da morte certa.
A contatto con il gene umano mutato, i vermi si sono paralizzati in circa 10 giorni. “Abbiamo così avuto l’idea di modificare un altro gene (tir-1) importante nel sistema immunitario”, rivela Julie Veriepe, sperimentatore e studente di dottorato sotto la supervisione di Alex Parker.
I risultati sono stati notevoli: “Vermi con un deficit immunitario derivante dalla mutazione del gene tir-1 hanno sviluppato migliori condizioni di salute e subito meno paralisi fisiche”.
I risultati della ricerca
Questo studio, benché condotto su un sistema immunitario piuttosto semplice come quello del verme C. elegans, ha messo in evidenza un meccanismo finora sconosciuto. Infatti “poiché il verme pensa di avere un’infezione virale o batterica, lancia una risposta immunitaria. Questa reazione, però, è tossica e finisce col distruggerne i motoneuroni”, spiega Alex Parker.
Uno scenario molto simile coinvolge probabilmente anche gli esseri umani.
L’equivalente umano del gene tir-1, cioè la proteina SARM1, si è dimostrata cruciale per l’integrità del nostro sistema nervoso. Se, come ritengono i ricercatori, il meccanismo di segnalazione è identico per tutti i geni associati con la SLA, questo rende il gene tir-1 o la proteina SARM1 eccellenti bersagli terapeutici per lo sviluppo di un farmaco contro la SLA.
In particolare, la proteina SARM1 è importante perché fa parte del processo di attivazione della chinasi, un processo che può essere bloccato con farmaci già esistenti ed in commercio.
Il team di ricerca di Alex Parker è già al lavoro per testare farmaci per il trattamento di disturbi come l’artrite reumatoide, per capire se potrebbero ugualmente funzionare anche contro la SLA.
Il futuro tra dubbi e speranze
Trovare un rimedio per contrastare la SLA non è comunque semplice.
“Nei nostri studi, sappiamo che i verme è malato perché abbiamo causato noi la malattia. Questo ci permette di somministrare il trattamento agli inizi della patologia. Ma la SLA è una malattia connessa con l’invecchiamento e colpisce in genere dopo i 55 anni. Non sappiamo se un potenziale farmaco sarebbe efficace anche se somministrato solo dopo la comparsa dei primi sintomi. Tuttavia, abbiamo dimostrato con certezza che bloccare questa proteina chiave frena il progresso della malattia, almeno nei vermi”, ha concluso soddisfatto Alex Parker.
La speranza è che questa scoperta possa aprire la strada a un approccio completamente nuovo nella ricerca di farmaci in grado di combattere o rallentare la progressione di malattie neurodegenerative come la SLA, l’Alzheimer, il morbo di Parkinson e il morbo di Huntington.