Come riconoscere i sintomi di un infarto

Vincenzo Russo | Blogger

Ultimo aggiornamento – 17 Ottobre, 2016

Un infarto del miocardio o meglio un attacco cardiaco, fa parte delle malattie cardiovascolari e si verifica quando a una parte del muscolo cardiaco viene a mancare l’apporto costante e continuato di sangue ricco di ossigeno ed entra, perciò, in una situazione di ischemia. Se l’afflusso di sangue ossigenato non viene ripristinato velocemente, la parte di tessuto cardiaco va in necrosi; in questo caso si parla di infarto miocardio acuto.

La necrosi del tessuto sano comporta la sua sostituzione con un tessuto cicatriziale, non attivo fisiologicamente.

Il rischio di morte è, quindi, direttamente correlato all’entità della parte colpita.

L’infarto è ancora la principale causa di decessi in Europa e nel continente americano, anche se oggi, grazie a nuovi trattamenti terapeutici, sono molto aumentate le possibilità di sopravvivenza, soprattutto se l’intervento è immediato [1].

Le cause dell’infarto

infarto

La causa principale dell’attacco cardiaco è la malattia coronarica. Le arterie coronariche forniscono sangue ricco di ossigeno al cuore.

La sofferenza delle arterie deriva soprattutto dalla condizione di aterosclerosi, che si verifica quando le arterie sono parzialmente o totalmente ostruite da ateromi, o placche aterosclerotiche, nient’altro che accumuli di colesterolo e sostanze grasse.

Contrariamente a quanto si pensa, non è l’ateroma in sé a essere dannoso, quanto la sua infiammazione con conseguente rottura. In questo caso, infatti, il sangue si mescola al colesterolo che, in quanto grasso, non può sciogliersi in circolo. Si ottiene così l’avvio del meccanismo di coagulazione, simile a quello che ripara le ferite, che porta alla formazione di un coagulo duro, o trombo che, se abbastanza grande, ostacola o interrompe il flusso di sangue al cuore, causando l’ischemia e la conseguente necrosi dei tessuti.

L’eccesso di colesterolo è la causa più diffusa, ma non l’unica, di attacco cardiaco. Infarti possono verificarsi anche come conseguenza di malattie cardiache preesistenti, come l’insufficienza cardiaca o l’aritmia ventricolare e, molto più raramente, a causa di spasmi gravi e improvvisi delle coronarie.

Quali sono i sintomi dell’infarto?

Perché la malattia cardiaca ha un così alto tasso di mortalità?

Come detto in precedenza è fondamentale che sia riconosciuta subito. Un pronto intervento permette di salvare la vita a chi ne è colpito.

Il problema è dato dal quadro sintomatologico, non sempre chiaro e specifico ma, spesso, piuttosto subdolo. Proprio per questo è molto importante non sottovalutare i segnali di pericolo e ridurre al minimo i fattori di rischio.

Il primo fattore di rischio è lo stile di vita. Obesità, fumo, alcol, dieta sbagliata con alti valori di colesterolo, portano a un rischio elevato di attacco cardiaco.

Esistono poi fattori genetici predisponenti, come la familiarità della malattia cardiaca, o malattie come il diabete. Infine, l’età, a cui purtroppo non è possibile opporsi. Soprattutto se rientrate in una categoria a rischio, o se avete raggiunto i 65 anni, meglio non sottovalutare questi sintomi, possibili indicatori di un attacco cardiaco. Ecco come riconoscere un infarto:

  1. Crisi d’ansia. Un attacco di cuore può causare una forte crisi d’ansia, con palpitazioni così violente da far pensare alla morte imminente. È quanto riferito da molti pazienti vittime di infarto, poco prima della crisi.
  2. Fastidi o dolori al torace. È il sintomo più facile da riconoscere. In un certo senso è da considerarsi una fortuna perché permette di capire subito il rischio. Il dolore al centro del petto, che può essere più o meno fastidioso, non è sempre associato al rischio cardiaco e spesso ha significati diversi e assai meno preoccupanti. Tuttavia, è sempre bene non sottovalutarlo, soprattutto se è individuabile nell’area sottosternale sinistra.
  3. Attacchi di tosse. In assenza di patologia bronchiale, la presenza di tosse, con attacchi ripetuti, può essere sintomo di insufficienza cardiaca. La tosse, che può arrivare a essere emorragica, è dovuta alla ritenzione idrica polmonare.
  4. Vertigini e lipotimie. Se avete improvvisi svenimenti o soffrite di vertigini potreste essere a rischio cardiaco. In particolare, potreste soffrire di anomalie del ritmo cardiaco, aritmie, potenzialmente molto pericolose.
  5. Senso di stanchezza. Anche questo è un sintomo piuttosto comune che si presenta qualche giorno prima di un attacco di cuore vero e proprio. Se la sensazione di stanchezza è “cronica”, potrebbe essere sintomo di insufficienza cardiaca. In ogni caso, meglio recarsi immediatamente al pronto soccorso.
  6. Dolenzie. Nella maggior parte degli attacchi cardiaci il dolore inizia dal petto per diffondersi in altre zone del corpo, in particolare braccia e gomito, schiena, torace. In alcuni casi, però, il dolore si presenta in queste zone senza interessare il petto e la zona retrosternale sinistra.
  7. Nausea. Non è raro che un attacco cardiaco, come l’ictus, sia preceduto da nausea e vomito.
  8. Battito irregolare. Il battito cardiaco occasionalmente irregolare non è preoccupante. Ma, se continuato e accompagnato da vertigini o mancanza di respiro, meglio non sottovalutarlo.
  9. Sudore. Un improvviso attacco di sudore freddo è un sintomo tipico di un attacco cardiaco.
  10. Edema. La comparsa di edemi diffusi, soprattutto agli arti inferiori è spesso sintomo di insufficienza cardiaca. Può precedere o seguire stati di inappetenza e contemporaneo e ingiustificato aumento di peso.
  11. Debolezza. Sia prima che durante un attacco cardiaco si può essere vittime di improvvise debolezze, talmente evidenti da impedire qualunque azione [2].

Quali sono i sintomi dell’infarto nelle donne?

I sintomi di infarto nelle donne sono più subdoli e sottili; possono infatti limitarsi ad un dolore diffuso alla schiena, alla bocca dello stomaco o alle mandibole. Inoltre è possibile avvertire un senso di stanchezza, accompagnato da nausea e/0 vomito.

Ovviamente, come per gli uomini, il dolore più comune è quello al petto, che può essere più i meno intenso, ma le donne avvertono anche la mancanza di respiro.

Quali sono i sintomi dell’infarto negli uomini?

Per gli uomini, oltre al solito dolore al petto che può irradiarsi anche al braccio sinistro, i problemi più comuni sono quelli di equilibrio e di paralisi di parte del corpo

Come si collegano i sintomi dell’infarto al braccio?

Non sempre i dolori al braccio sinistro sono ricollegabili all’infarto. Per capire se si tratta di infarto bisogna verificare anche la presenza di altri sintomi, come il dolore al petto, la nausea e il vomito o la sensazione di bruciore al petto; può sopraggiungere sudorazione fredda e risulta difficile rilevare il battito al polso.

 Prevenzione

omega

Non tutti i fattori di rischio cardiaco possono essere controllati, tuttavia i cardiologi ricordano che meno fattori di rischio si hanno, migliori sono le possibilità di mantenere il cuore sano. La prevenzione, peraltro, è semplice e alla portata di chiunque.

La cosa più importante è abituarsi a uno stile di vita sano fin dalla giovane età. La prevenzione, secondo le raccomandazioni dei cardiologi, dovrebbe iniziare intorno ai 20 anni, e lo stile di vita deve prevedere la rinuncia al tabacco, un uso molto limitato di bevande alcoliche, una dieta equilibrata e con la presenza di molti alimenti vegetali, per limitare i grassi e tenere sotto controllo il colesterolo. Alla dieta deve essere aggiunta l’abitudine a fare attività fisica in modo controllato e regolare. Chi ha la tendenza all’obesità deve controllare ancor meglio l’alimentazione e svolgere un esercizio fisico adeguato.

Malattie come il diabete sono da tenere sotto stretto controllo in quanto direttamente implicate nel rischio cardiaco, ma anche fattori come lo stress troppo elevato e la fatica intensa e ripetuta sono da controllare per una buona prevenzione. Arrivati ai 40 anni è bene eseguire la batteria di analisi cliniche di routine, utili a individuare l’eventuale presenza di fattori di rischio non controllabili direttamente [3].

Come calcolare il rischio cardiaco

Esistono dei veri e propri calcolatori di rischio cardiaco, presenti su molti siti web, che si basano su parametri quali, sesso, età, paese d’origine, peso, altezza, patologie presesistenti. Quelli più precisi vi chiederanno anche dati quali il fumo, la pressione sistolica, il colesterolo totale e il colesterolo HDL [4].

Trattamenti

cuore

Poiché più rapido è l’intervento maggiori sono le probabilità di limitare i danni al tessuto cardiaco, alcuni trattamenti d’emergenza possono essere intrapresi anche prima che la diagnosi di attacco cardiaco sia confermata. Questi trattamenti comprendono l’aspirina come anti-aggregante, per prevenire o limitare la formazione di coaguli, cerotti o pillole alla nitroglicerina, per ridurre il carico di lavoro del cuore e migliorare il flusso di sangue attraverso le arterie coronarie. A questi può essere aggiunto un trattamento antidolorifico.

Se la diagnosi è confermata, i cardiologici provvedono a ripristinare il più rapidamente possibile il normale flusso sanguigno. Per questo, possono scegliere tra un trattamento farmacologico o un trattamento chirurgico, minimamente invasivo. Il trattamento farmacologico consiste nella somministrazione di farmaci ad azione trombolitica, in grado cioè di dissolvere il coagulo che ha provocato l’occlusione. Il successo del trattamento è direttamente proporzionale al tempo. Prima viene somministrato, maggiori sono le chance di successo.

Il trattamento più utilizzato è la cosidetta angioplastica coronarica o PCI, intervento percutaneo coronarico, conosciuto dai più come “intervento del palloncino”.  Non è considerato un vero e proprio intervento chirurgico e consiste nell’introdurre una sonda, in genere dall’arteria femorale, fino a raggiungere la coronaria ristretta o bloccata. Quando il sondino raggiunge l’arteria, il palloncino viene gonfiato fino a riportare il vaso alla giusta apertura e, per garantire la tenuta del vaso, viene inserito un piccolo raccordo di maglia chiamato stent.

Per mantenere i vasi pervi, dopo l’intervento di angioplastica e per ridurre il rischio di recidiva, il paziente dovrà assumere alcune tipologie di farmaci, come gli antiaggreganti piastrinici (aspirina o ticlopidina) per contrastare la coagulazione di nuovi trombi, beta bloccanti, per ridurre il carico del cuore, se necessario in associazione ad ACE inibitori, che abbassano la pressione, oltre alle statine, farmaci utili per tenere basso il livello del colesterolo [5].

Fonti

[1] What Is a Heart Attack? http://www.nhlbi.nih.gov/health/health-topics/topics/heartattack

[2] 12 Heart Symptoms Never to Ignore http://www.webmd.com/heart-disease/features/12-possible-heart-symptoms-never-to-ignore

[3] Lifestyle Changes for Heart Attack Prevention http://www.heart.org/HEARTORG/Conditions/HeartAttack/PreventionTreatmentofHeartAttack/Lifestyle-Changes-for-Heart-Attack-Prevention_UCM_303934_Article.jsp

[4] Heart Disease Risk Calculator http://www.mayoclinic.org/heart-disease-risk/itt-20084942

[5] How Is a Heart Attack Treated? http://www.nhlbi.nih.gov/health/health-topics/topics/heartattack/treatment

 

Vincenzo Russo | Blogger
Scritto da Vincenzo Russo | Blogger

Lavoro da anni nel mondo della medicina. Con Pazienti.it ho l'opportunità di scrivere di argomenti di salute, trasmettendo importanti messaggi di prevenzione e benessere.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
Le informazioni proposte in questo sito non sono un consulto medico. In nessun caso, queste informazioni sostituiscono un consulto, una visita o una diagnosi formulata dal medico. Non si devono considerare le informazioni disponibili come suggerimenti per la formulazione di una diagnosi, la determinazione di un trattamento o l’assunzione o sospensione di un farmaco senza prima consultare un medico di medicina generale o uno specialista.
Vincenzo Russo | Blogger
Vincenzo Russo | Blogger
in Salute

149 articoli pubblicati

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
Contenuti correlati
Un medico
D dimero basso, cosa vuol dire questo valore?

D dimero basso è il valore che si ricava dall'esame del sangue per indagare la possibile presenza di coaguli nel sangue. Un valore basso è buon segno.