Dr.ssa Daniela Benedetto, specialista in psicologia e psicoterapia.
Ormai l’estate è lontana e, ripresi i soliti ritmi quotidiani, è necessario ritrovare la concentrazione di sempre. Come fare?
Abbiamo chiesto di darci qualche consiglio alla dr.ssa Daniela Benedetto, specialista in psicologia e psicoterapia.
Tecniche di concentrazione: qual è la migliore?
Assorbiti dalla mole di informazioni mediate dai supporti informatici, digitali e tecnologici siamo ormai oggetto passivo di un sistema che tende a spostare le nostre ‘intenzioni’ verso modalità automatiche di comportamento, che ci impediscono di assicurare il raggiungimento dei nostri target desiderati.
Per individuare al meglio la metodologia più adeguata e assicurarci un buon livello attentivo, stabile, nel periodo di lavoro dobbiamo innanzitutto comprendere il contesto in cui siamo applicati ma anche conoscere il nostro stile di vita, il nostro livello di consapevolezza individuale e le nostre motivazioni a ottenere risultati efficaci nei compiti che eseguiamo durante la nostra giornata.
L’attenzione può essere considerata un’attivazione spontanea e ‘automatica’, in risposta a uno stimolo che viene percepito dai nostri sensi; se mirata a una intenzione specifica, può trasformarsi in concentrazione attraverso uno sforzo cosciente e consapevole.
Proviamo a pensare alle volte in cui, spero poche, ci siamo ritrovati in automatico a percorrere il solito tratto di strada quotidiano, a piedi o in macchina, senza una piena consapevolezza delle sensazioni corporee o degli stimoli provenienti dall’esterno e avere raggiunto l’ufficio o il benzinaio o altro senza ricordare le persone incontrate durante il tragitto, il numero dei semafori ai quali ci siamo fermati ecc.
Possiamo per semplicità chiamare questo nostro comportamento il ‘pilota automatico’ che per certi aspetti può anche essere funzionale perché utile a semplificare alcune attività ricorrenti, ma in uno stato di non piena consapevolezza, staccati dalla percezione interiore del momento presente. In pratica, è come se sospendessimo in quei momenti il nostro ‘esserci’ e perdessimo istanti o ore di consapevolezza della nostra stessa vita.
E ancora a tutti noi è capitato di sentirci apatici, annoiati, avere la sensazione di aver passato una giornata inutile o comunque vissuta sempre nello stesso modo, facendo le solite cose.
Quando andiamo in modalità ‘automatica’ spesso è perché ci ritroviamo rapiti da pensieri, immagini, preoccupazioni o ricordi e ci distraiamo dal sentire, osservare, percepire, gustare e toccare il momento presente. Non siamo consapevoli, a pieno, del momento.
Quanto sopra descritto è un processo naturale che, come dicevo, può essere funzionale per molti aspetti, ma se prolungato e soprattutto appesantito da ulteriori fattori dissociativi quali droghe, alcool, abuso di strumenti informatici, disturbi del sonno (ipersonnia) ecc, potrebbe creare difficoltà nei processi di consapevolezza e di concentrazione.
La pratica per eccellenza che stimola e allena la consapevolezza e di conseguenza coltiva la concentrazione è la Mindfulness.
Secondo la definizione di J. Kabat Zinn Mindfulness significa: “porre attenzione in un modo particolare: intenzionalmente, nel momento presente e in modo non giudicante”. Non parliamo di tecnica, ma di pratica in quanto va coltivata quotidianamente attraverso la meditazione e prevede un coinvolgimento della persona anche nello stile di vita oltre che di esercizi da praticare.
La meditazione nella Mindfulness è una meditazione non concettuale, accessibile universalmente, senza pretese ideologiche o religiose.
Esiste un programma specifico l’MBSR di 8 settimane che prevede la formazione di base per praticarla in autonomia.
La consapevolezza mindfulness promuove l’attenzione esecutiva (concentrazione), disinnescando il pensiero abituale automatico e “…le indagini condotte con le tecniche di brain imaging hanno evidenziato il ruolo della corteccia del giro cingolato anteriore (ACC) come nodo cruciale della rete dell’attenzione esecutiva…” (D. J. Siegel 2009).
Studi condotti da Sara Lazar (R. D. Siegel 2010) hanno dimostrato un coinvolgimento e un cambiamento della corteccia cerebrale a seguito della pratica meditativa svolta con costanza nel tempo (inspessimento dell’insula anteriore, della corteccia sensoriale e prefrontale riducendone i rischi di assottigliamento e di riduzione della massa grigia).
Se parliamo di concentrazione non possiamo quindi parlare di ‘semplici’ tecniche, ma l’approccio coinvolgerà lo stile di vita della persona e la sua intenzione, il suo coraggio e l’amore per se stesso perché possa ottimizzare gli strumenti a suo vantaggio.
Sarebbe utile che i genitori ma anche gli insegnanti potessero conoscere meglio i meccanismi che regolano l’attenzione consapevole. Questo favorirebbe un adeguato approccio allo stile di vita in aula e a casa.
La concentrazione nello studio, ad esempio, verrà favorita da un:
- minore uso di strumenti informatici e digitali
- pochi stimoli ambientali
- pause cadenzate
- pochi impegni extra scolastici
- una sana coltivazione di momenti liberi da impegni
- un aumento delle pause per il pranzo, per favorire un approccio più consapevole (magari facendosi aiutare nella preparazione del cibo)
- ore di sonno regolari
- uso di schemi e prospetti che ne scadenzino il lavoro (di studio ad es.) e che aiutino a ordinare gli interventi liberando da pensieri anticipatori e ansia da prestazione
Le pause possono aiutare a mantenere la concentrazione?
Lo spazio del silenzio è un’ottima batteria di ricarica. Se per pausa intendiamo un momento di qualche minuto (10 o 15) in cui rigenerare la mente e il corpo, possiamo sicuramente confermarne l’utilità.
Ad esempio, una pausa di 5’ in classe ogni 30’ di lezione, in specie alla scuola elementare, potrebbe essere indicata insieme a momenti di silenzio e perché no di meditazione mindfulness, in cui i bambini possano ricononnettersi con il proprio corpo, le proprie sensazioni, con il momento presente e liberare la mente dai pensieri o dalla preoccupazioni (vedi le esperienze di mindfulness nelle scuole nel sistema scolastico inglese).
I bambini sarebbero molto più concentrati e le lezioni più semplici da condurre e le relazioni interpersonali all’interno dell’aula molto più efficaci.
Sempre a scuola, ma anche durante lo svolgimento a casa dei compiti, le pause potrebbero essere il momento per fare qualche esercizio ginnico, di mind yoga, semplice, ma di notevole utilità, e sarebbe anche vantaggioso per scaricare energia e l’occasione per tornare in contatto con il proprio corpo, diminuendo i processi dissociativi cerebrali.
Per gli studenti adolescenti (prima o tarda adolescenza) limiterei solo ai momenti di pausa, l’uso di chat e di controllo messaggi in arrivo. Le pause per un adolescente potrebbero essere più distanziate ad esempio ogni 50’. Non possiamo non dare uno spazio adeguato anche a una sana alimentazione modulata sulle esigenze dell’infanzia e della adolescenza.
Lo yoga può aiutare a ritrovare la concentrazione e perché?
Molti studi dimostrano gli effetti positivi dello yoga sul senso di benessere negli adulti e sull’apprendimento (Brown, Gerbarg 2005°, 2005 b).
Lo yoga e in particolare il Mindyoga, usato nei protocolli Mindfulness MBSR, è una forma di attenzione focalizzata sulla propria consapevolezza del corpo (e dei propri limiti), del respiro, del movimento e della immobilità. La pratica mindful yoga combina aspetti di riflessività e del movimento.