Dr. Gianfranco Blaas, specialista in ginecologia e ostetricia.
Il tumore al seno è considerato da molti come una patologia della menopausa. Infatti, i programmi di screening sono forniti gratuitamente alle donne con età compresa tra i 50 e i 69 anni. Tuttavia, recenti studi dimostrano che tale patologia presenta una notevole diffusione anche nelle fasce di popolazione femminile con età inferiore, andando a colpire 1 donna su 8 nell’arco della vita.
È il tumore più frequente nel sesso femminile e rappresenta il 29% di tutti i tumori che colpiscono le donne. Per questi motivi, abbiamo deciso di rivolge alcune domande al dr. Gianfranco Blaas, specialista in ostetricia e ginecologia, per fare in primo luogo chiarezza sui metodi di prevenzione.
Quali sono i fattori di rischio del tumore al seno?
Sull’insorgenza del tumore della mammella influiscono sicuramente l’età – il disordine ormonale della perimenopausa lo conferma – ed i fattori genetici . Ma anche cause comportamentali, come l’obesità – che determina accumulo di estrogeni – ed il fumo sono concause su cui è possibile agire per prevenire.
È infatti possibile ridurre il rischio di ammalarsi con un comportamento attento e con pochi esami di controllo. È bene fare esercizio fisico e seguire un’alimentazione povera di grassi ma ricca di vegetali (frutta e verdura: in particolare broccoli e cavoli, cipolle, tè verde e pomodori). Anche allattare i figli aiuta a combattere il tumore del seno, perché consente alla cellula del seno di completare la sua maturazione e quindi di essere più resistente a eventuali trasformazioni neoplastiche.
Come si indirizza la prevenzione per le giovani ragazze?
Se esiste il dubbio di presenza di fattori genetici, le ragazze saranno indirizzate dal proprio medico ad un centro specializzato in “mappature genetiche”, eseguite solo su precisa indicazione.
Nella maggioranza dei casi, le ragazze che presentano casi sporadici di cancro alla mammella in famiglia saranno invitate ad eseguire un esame senologico completo a cadenza regolare. In giovane età, alla mammografia verrà comunque preferita un’ecografia, perché i fasci di ultrasuoni penetrano meglio nei tessuti compatti, tipici di una mammella giovane.
L’autopalpazione rappresenta un valido sistema preventivo?
Non tutte le società oncologiche sono d’accordo sulla validità della autopalpazione come sistema preventivo. Addirittura la Cochrane Library (la maggiore rivista scientifica che raccoglie i più dettagliati lavori di ricerca a livello mondiale) ha citato uno studio cinese basato su un grandissimo numero di donne operaie, di cui la metà era stata istruita all’autopalpazione. A completamento della ricerca, non vi era stata significativa differenza di scoperta di tumore mammario tra un gruppo e l’altro di donne sottoposte a ricerca.
Attualmente, però, pur considerando che l’autopalpazione può indurre stati di ansia e ricorso ad esami superflui, le più importanti Società Scientifiche appoggiano questo sistema, perché si è rivelato molto utile anche a prendere confidenza col proprio corpo. Le donne, poi, sono le prime ad accorgersi di ogni minima differenza nel proprio corpo!
Come si esegue l’autopalpazione?
L’autopalpazione (che andrebbe fatta da distese) deve seguire ad un esame visivo del proprio seno: per far ciò, la donna si deve porre di fronte ad uno specchio e osservare l’aspetto delle proprie mammelle, le caratteristiche della cute (che deve essere liscia), dei capezzoli e delle areole mammarie in cui sono fisiologicamente presenti dei piccolissimi rilievi, detti tubercoli di Montgomery. Il tutto deve essere eseguito con le braccia distese in basso e poi alzate.
A questo punto, può iniziare l’autopalpazione vera e propria, passando prima delicatamente, e poi più a fondo, le tre dita centrali della mano controlaterale alla mammella che si esplora, andando dall’ascella verso il centro della mammella stessa.
Se viene individuato un nodulo prima non presente, è necessario controllare che la cute scorra bene su di esso e che lo stesso nodulo non sia aderente ai piani profondi. Purtroppo, nodi grossi e poco mobili sono segno spesso di una forma tumorale già avanzata e non di una forma identificata in fase precoce, più facile da curare.
Importante segnalare al medico anche alterazioni del capezzolo (in fuori o in dentro), perdite da un capezzolo, cambiamenti della pelle (aspetto a buccia d’arancia localizzato) o della forma del seno.
Naturalmente è opportuno che la tecnica dell’esame visivo e dell’autopalpazione venga insegnata, almeno in un primo momento, da personale competente. Attualmente, comunque, esistono delle app per smartphone scaricabili in italiano che, oltre a descrivere le tecniche con figure, mandano allarmi alla scadenza dell’esame.
Quindi, appena una donna, anche giovanissima, si accorge che qualcosa nella sua mammella è cambiata, dovrà rivolgersi allo specialista senologo, che concorderà con lei se fare mammografia o semplice ecografia o, in alternativa la risonanza magnetica.
Quali sono i sintomi di un tumore al seno?
In genere le forme iniziali di tumore del seno non provocano dolore. Uno studio effettuato su quasi mille donne con dolore al seno ha dimostrato che solo lo 0,4 % di esse aveva una lesione maligna, mentre nel 12,3% erano presenti lesioni benigne (come le cisti) e nel resto dei casi non vi era alcuna lesione.
Esistono diverse forme di displasia, la più comune delle quali è la malattia fibrocistica, che possono indurre timori nella donna, anche giovane. Nella displasia fibrocistica a piccole cisti, più frequente tra i 30 e i 40 anni, sono presenti cisti piccole, ripiene di liquido, più evidenti durante il periodo premestruale. In questi casi, può essere presente dolore.
Quali esami vengono consigliati per diagnosticare un cancro alla mammella?
Il cancro del seno viene diagnosticato con la mammografia e l’ecografia mammaria: la scelta di quale dei due esami utilizzare dipende dall’età, anche se nella maggior parte dei casi si utilizzano entrambi. In alcuni casi specifici (per esempio di fronte a mammelle molto dense o a lesioni difficili da classificare) è possibile ricorrere anche alla risonanza magnetica.
L’eventuale identificazione di noduli o formazioni sospette porta il medico a consigliare una biopsia, che può essere eseguita sotto controllo ecografico con un prelievo mediante un ago inserito nel nodulo che consente un esame citologico o microistologico.
Esistono alterazione al seno benigne?
Le alterazioni del seno, le cisti e i fibroadenomi, che si possono rilevare con un esame del seno, non aumentano il rischio di cancro. Sono invece da tenere sotto controllo i seni che alle prime mammografie dimostrano un tessuto molto denso o addirittura una forma benigna di crescita cellulare chiamata iperplasia del seno.
Il tumore benigno più frequente è, invece, il fibroadenoma che compare soprattutto tra i 25 e i 30 anni. Si presenta come un singolo nodulo, duro e molto mobile, generalmente doloroso.
I sintomi che accompagnano le displasie e i fibroadenomi sono:
- Senso di tensione al seno
- Dolore della mammella
- Comparsa di noduli che la donna può “sentire” con la mano
Che fare se si hanno perdite di liquido dai capezzoli?
Innanzitutto distinguere se la perdita è da un capezzolo solo oppure se è bilaterale. In quest’ultimo caso è facile che si tratti di un disturbo ormonale.
Una perdita limpida come l’acqua, invece, non ha nessuna importanza. Una perdita lattescente è indice di probabile iperprolattinemia, un disturbo ormonale che va però indagato con cura.
Se la perdita è di colore verdastro è facilmente conseguenza della mastopatia fibrocistica. Se la perdita è marrone o rosso vivo, bisogna interpellare subito il senologo perché potrebbe trattarsi di un papilloma intraduttale che va indagato.
Quali sono le percentuali di sopravvivenza per chi soffre di questa tipologia di tumore?
Il cancro alla mammella è la prima causa di morte per tumore nelle donne, con un tasso di mortalità del 17% di tutti i decessi per causa oncologica del sesso femminile.
Teniamo altresì presente che se viene posta diagnosi precoce di tumore alla mammella, si avrà a cinque anni una sopravvivenza di oltre il 98%, così come a controlli più distanziati. Un approccio preventivo nelle fasce di età inferiori deve essere invece promosso ed implementato.