Cancro al seno: perché esiste la minaccia di un ritorno?

Marco Cicirello | Blogger

Ultimo aggiornamento – 19 Maggio, 2015

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Quando si parla di cancro s’intende un insieme di diverse patologie che hanno una base comune: una mutazione nei geni delle cellule che iniziano a riprodursi in maniera incontrollata, con una ridotta capacità di morire quando dovrebbero. Purtroppo un tumore può diffondersi anche verso altri organi provocando delle metastasi, che sfortunatamente possono portare un paziente alla morte.

Il cancro al seno è un tipo di tumore che colpisce molte donne. Fortunatamente, con i metodi moderni, il 90% delle donne ha un’aspettativa di vita normale, sebbene gli effetti collaterali della malattia e della cura siano pesanti da sopportare.

Nel carcinoma mammario, i fattori importanti sono l’aggressività delle cellule e alcune proteine che esse producono. Queste proteine ​​guidano la crescita delle cellule tumorali, alcune si legano agli ormoni femminili come gli estrogeni e altre alle proteine ​​di promozione della crescita, come HER2. Se un tumore ha coinvolto i linfonodi sotto il braccio è anche di grande importanza valutare la sua probabile capacità di diffondersi ulteriormente.

Questi marcatori ci guidano verso i trattamenti medici da adottare, ma suggeriscono anche una “previsione” – cioè, come probabilmente il cancro rischia di tornare.

Così, un paziente con un tumore al seno può sottoporsi ad un intervento chirurgico per rimuovere anche eventuali linfonodi coinvolti, e alla radioterapia che può cercare di garantire che il cancro non torni nel seno o nei linfonodi vicini. Questa è una specie di “assicurazione” per aumentare le probabilità che il tumore non torni mai. Scansioni come la tomografia computerizzata (TC) di solito non sono utili per monitorare la possibilità di un ritorno, visto che un piccolo numero di cellule tumorali possono ancora essere presenti, ma non possono essere viste.

Eppure, per il 10% dei pazienti la malattia tornerà – spesso molti anni dopo – e questa persona potrebbe morire di cancro alla fine. Anche se altri trattamenti possono ridurre il cancro, non possono sbarazzarsene del tutto, quindi purtroppo la cura definitiva non è possibile.

Si presume che prima che si verifichi questa ricorrenza, piccoli nidi microscopici di cellule tumorali sono distesi in qualche luogo nel corpo. Una grande ricerca per i ricercatori del cancro è stata quindi trovare dove queste cellule si nascondono e che cosa le induce a svegliarsi e causare il cancro secondario.

Un’osservazione interessante è che in circa il 10% dei pazienti precedentemente trattati per cancro che sono apparentemente “liberi dal cancro”, un esame molto attento sia del sangue che del midollo osseo rivela alcune cellule tumorali residue. Ciò è strettamente legato con la più probabile possibilità di ritorno di cancro.

Tuttavia, questo non è universale. E sappiamo che molte presunte cellule tumorali che galleggiano nel sangue saranno infatti rastrellate dal sistema immunitario del corpo o moriranno “per cause naturali”. Quindi, possiamo meglio definire quali sono che fanno tornare la malattia?

Una caratteristica promettente sotto esame scientifico è il cosiddetto stato mesenchimale delle cellule. Questo indica che le cellule cancerose sono cambiate dal sembrare meno simili alle loro cellule di origine – in questo caso, le cellule del seno – ad essere cellule più primitive che possono muoversi nel sangue e diffondersi attraverso i tessuti. Questo è lo stesso processo che il corpo usa negli embrioni in via di sviluppo e in altre situazioni, come la guarigione delle ferite.

Queste caratteristiche mesenchimali consentono alle cellule tumorali di sopravvivere in un ambiente tossico del flusso sanguigno, di eludere molti dei nostri attuali trattamenti come la chemioterapia, per mettere su casa in organi distanti – il processo di metastasi o tumori secondari.

Noi ancora non sappiamo che cosa induce le cellule tumorali a subire un cambiamento mesenchimale (chiamato plasticità epitelio-mesenchimale o EMP), ma capire che significa vuol dire fare un passo avanti verso lo sviluppo di farmaci in grado di modificare o interrompere il processo. Siamo anche più vicini all’identificazione di un biomarker, in modo che possiamo determinare quale paziente può trarre beneficio da questi farmaci non ancora sviluppati.

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La scrittura è la mia personale visione del mondo. Penso che tutto ciò che riguarda gli uomini riguardi anche me e, grazie a Pazienti, posso parlare ogni giorno della cosa più importante della vita: la salute, sia quella fisica che quella mentale.

a cura di Dr.ssa Elisabetta Ciccolella
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