Blue Whale sì, Blue Whale no: ciò che più preoccupa di tutto questo caso della stampa è il fatto che sulla rete sono numerosi i gruppi che istigano all’autolesionismo, spinti forse anche dal clamore mediatico registrato da questa sfida social. A volte, è inutile negarlo, si arriva anche al suicidio. Non è possibile chiudere gli occhi.
Per capire quali sono le cause che portano i ragazzi a cimentarsi in questi giochi d’odio e, di conseguenza, i probabili effetti sulle persone e sulla società, abbiamo rivolto alcune domande al dr. Francesco Tinacci, per fare chiarezza sulla questione. È questo l’importante.
Qual è il meccanismo psicologico che porta i ragazzi a seguire le regole del Blue Whale?
Ritengo che il meccanismo psicologico che porta questi ragazzi a seguire le regole del Blue Whale o di giochi simili sia un processo di graduale persuasione, che si basa sul mettere in atto progressivamente comportamenti negativi e autolesionistici.
In molte ricerche psicologiche, è stato messo in luce come l’azione abbia un forte potere persuasivo: se si mettono in atto azioni che sminuiscono il valore della vita, si arriva a sentire prima e poi condividere questa idea pessimistica e autodistruttiva dell’esistenza.
Questo terribile gioco propone, di fatto, delle azioni sempre più forti, da “piccoli atti autolesionistici” fino al gesto finale del suicidio; la trappola scatta da un punto di vista psicologico non appena i ragazzi seguono la prima indicazione, questo produce un meccanismo che li porta a seguire anche le altre, finché non sono più in grado di tirarsi fuori: ciò che viene messo in atto per scherzo diventa sempre più reale.
Da questa prospettiva si può invertire il processo per cui non è tanto l’essere depressi a far seguire le regole del gioco, ma è il seguire le regole del gioco che rende sempre più depressi.
Si può parlare di manipolazione psicologica?
Per come l’idea di questo gioco è strutturata, secondo quello che viene riportato dai media, si può parlare di manipolazione psicologica, nel senso che vengono utilizzate delle tecniche persuasive:
- La prima, che ritengo la più incisiva, è la richiesta di comportamenti gradualmente più intensi.
- La seconda (che è una delle prime regole proposte) è il non parlare di quello che si sta facendo con nessuno. L’assenza di confronto con gli altri impedisce di mettere in dubbio o vedere da un’altra prospettiva quello che si sta vivendo e stimola di conseguenza a infilarsi nella spirale autodistruttiva del gioco.
- La terza è la creazione di un gruppo con un simbolo (la balena blu); una volta che si è creata la sensazione di appartenere a un gruppo è sempre più difficile uscirne, per lo stress che comporta la decisione individuale che contrasta con quelle che sono le aspettative dei più.
- La quarta è il confronto con altri ragazzi che seguono il gioco; questo può potare a sviluppare l’emulazione o peggio ancore la competizione.
Quali sono i segnali che devono preoccupare i genitori e che fare in questi casi?
Penso che i segnali più indicativi sono quelli che si manifestano con una generale “chiusura” verso il mondo esterno.
Tale chiusura si può evidenziare con varie modalità: sospensione di attività (portate avanti precedentemente con piacere), chiusura di relazioni, scarsa loquacità, ecc.
Il periodo adolescenziale è spesso caratterizzato da momenti di crisi che sono del tutto fisiologici; per questo il compito dei genitori è ancora più difficile, nel senso che la diffusione mediatica del fenomeno può portare a intervenire e preoccuparsi eccessivamente per reazioni naturali, in rapporto all’età dei figli.
Detto questo, quando il disagio e la chiusura verso il mondo esterno sono accentuate, il consiglio che do ai genitori è quello di parlare con i figli, di non sottovalutare la situazione ed eventualmente rivolgersi a uno specialista.