Quali sono i lavori considerati a rischio durante la gravidanza? Cosa prevede la normativa di riferimento per le donne che svolgono una professione inclusa in questo elenco e cosa occorre sapere?
Ecco tutto quello che c'è da sapere sull'argomento maternità e lavoro a rischio.
Lavoro a rischio in gravidanza: cosa significa?
La legge italiana prevede che per le donne incinte che svolgono un lavoro cosiddetto "a rischio" si possa anticipare il periodo di maternità.
Con il termine di lavoro a rischio si intendono tutte quelle professioni che, per la loro natura, per l'ambiente nelle quali si svolgono o per le mansioni che prevedono, possono mettere a repentaglio la salute della mamma e del feto durante i mesi di gestazione.
Il datore di lavoro è tenuto al rispetto di tali obblighi, i quali diventano attivi solo dopo la presentazione di un certificato di gravidanza rilasciato dal medico curante della gestante.
Secondo la normativa italiana, il congedo di maternità obbligatorio prevede che la donna incinta abbia diritto ad entrare in maternità a partire dai due mesi che precedono la data presunta del parto e a rimanere assente dal lavoro fino a tre mesi dopo il parto; esistono, tuttavia, dei casi nei quali questo intervallo temporale può essere esteso, così come previsto dall'articolo 17 del Decreto Legislativo 151/2001, anche detto Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità.
La norma prevede infatti che in alcuni casi la gestante, previa autorizzazione rilasciata dall'Azienda Sanitaria Locale e la Direzione territoriale del lavoro, possa anticipare il suo ritiro dalla professione.
In particolare, la maternità anticipata è prevista in caso di:
- gravidanza a rischio, ovvero una gestazione che presenta condizioni di rischio a causa dello stato di salute della donna o del feto;
- lavori a rischio, cioè la donna svolge mansioni professionali che potrebbero compromettere la buona riuscita della gestazione.
Elenco dei lavori a rischio in gravidanza
Secondo la normativa prevista dalla Legge italiana, sono considerati lavori a rischio in gravidanza tutti quelli che prevedono che la donna debba trasportare dei pesi o sollevarli, quelli che si svolgono in ambienti potenzialmente insalubri o, più in generale, tutte quelle professioni nelle quali il fisico è fortemente sollecitato.
La norma include nei lavori a rischio:
- il lavoro pesante, fra cui anche quello considerato domestico se prevede una posizione scomoda;
- il lavoro che viene svolto in condizioni climatiche sfavorevoli, ad esempio ambienti eccessivamente freddi o caldi o quelli in cui vi sia una forte escursione termica;
- il lavoro che prevede lo spostamento, la movimentazione o il trasporto di carichi pesanti che incidono sulla muscolatura addominale;
- i lavori molto rumorosi o quelli nei quali vi sono continue vibrazioni;
- i lavori che obbligano la donna a rimanere in piedi per più di metà dell'orario lavorativo standard, come ad esempio quelli nel settore della ristorazione;
- i lavori che si svolgono su scale ed impalcature mobili e fisse;
- i lavori che prevedono l'utilizzo di una macchina mossa a pedale che comporti un intenso sforzo fisico;
- i lavori di cura, come ad esempio quelli che si svolgono negli Ospedali, nei reparti per malattie infettive o per malattie nervose e mentali;
- alcune tipologie di lavoro agricolo;
- i lavori che si svolgono a bordo di navi, aerei, treni, pullman e, in generale, di ogni altro mezzo di trasporto in moto;
- lavori che si svolgono di notte.
Qualora la professione della donna dovesse rientrare nell'elenco dei lavori vietati in gravidanza, essa può richiedere la maternità anticipata a tre mesi prima del parto e il divieto di ritornare a svolgere il lavoro ritenuto insalubre fino a sette mesi dopo il parto, qualora il suo datore di lavoro non riuscisse a ricollocarla facendole svolgere mansioni considerate sicure.
Esiste, poi una categoria di professioni per le quali le limitazioni sono ancor più stringenti, come ad esempio quelle che espongono la donna al contatto con sostanze chimiche dannose, oppure a radiazioni o ad altri agenti biologici potenzialmente pericolosi.
In presenza di attività lavorative che si svolgono tra le 24 e le 6 (ovvero in caso di lavoro notturno), la legge prevede il divieto assoluto di adibire a tale mansione le lavoratrici gestanti e le madri fino a un anno di età del bambino, inoltre non possono essere obbligate a svolgere un lavoro notturno anche:
- le lavoratrici che hanno un figlio di età inferiore a tre anni;
- le lavoratrici (o il lavoratore) che sia l’unico genitore affidatario di un figlio convivente con età inferiore ai dodici anni;
- le lavoratrici (o lavoratore) che abbia a proprio carico un individuo disabile.
Maternità e lavori a rischio: la procedura da seguire
Nella gestione della maternità a rischio esiste una specifica procedura da seguire, sia per il datore di lavoro che per la lavoratrice.
Quest'ultima deve in primo luogo informare dello stato di gravidanza presentando il certificato rilasciato dal proprio ginecologo, in modo che il datore di lavoro possa prontamente spostarla di mansione oppure dispensarla dall'attività lavorativa.
Dal canto suo il datore di lavoro ha l'obbligo di valutare i rischi per la sicurezza e la salute delle lavoratrici incinte e di informale correttamente.
Inoltre deve adottare tutte le misure necessarie per diminuire i rischi legati allo svolgimento dell'attività professionale e, qualora non riuscisse ad adibire la lavoratrice a una mansione che non comporta criticità, ha l'obbligo di dispensarla dallo svolgimento del lavoro; questo processo, che prende avvio dal momento in cui la donna consegna il certificato di gravidanza, prevede la comunicazione all'Ispettorato Nazionale del Lavoro e la richiesta di avviare l'iter per la maternità anticipata.