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Truxima 500 mg concentrato per soluzione per infusione uso endovenoso - flaconcino (vetro) 50 ml (10 mg/ml), 1 flaconcino

Ultimo aggiornamento: 10 Febbraio, 2021
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1. Indicazioni terapeutiche
Truxima è indicato negli adulti per le seguenti indicazioni: Linfoma non-Hodgkin (LNH) Truxima è indicato per il trattamento di pazienti affetti da linfoma follicolare al III-IV stadio precedentemente non trattati, in associazione con chemioterapia. La terapia di mantenimento con Truxima è indicata per il trattamento di pazienti con linfoma follicolare che rispondono a terapia di induzione. Truxima in monoterapia è indicato per il trattamento di pazienti con linfoma follicolare al III-IV stadio che sono chemioresistenti o che sono alla loro seconda o successiva ricaduta dopo chemioterapia. Truxima è indicato per il trattamento di pazienti affetti da linfoma non-Hodgkin, CD20 positivo, diffuso a grandi cellule B, in associazione con chemioterapia CHOP (ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina, prednisolone). Leucemia linfatica cronica (LLC) Truxima in associazione con chemioterapia è indicato per il trattamento di pazienti con leucemia linfatica cronica (LLC) precedentemente non trattata e recidiva/refrattaria. Sono disponibili solo dati limitati sull’efficacia e la sicurezza per pazienti precedentemente trattati con anticorpi monoclonali, incluso Truxima, o per pazienti refrattari a un trattamento precedente con Truxima più chemioterapia. Vedere paragrafo 5.1 per ulteriori informazioni. Artrite reumatoide Truxima in associazione con metotrexato è indicato per il trattamento dell’artrite reumatoide attiva di grado severo in pazienti adulti che hanno mostrato un’inadeguata risposta o un’intolleranza ad altri farmaci antireumatici modificanti la malattia (DMARD), compresi uno o più inibitori del fattore di necrosi tumorale (TNF). Truxima ha mostrato di ridurre la percentuale di progressione del danno articolare, come valutato mediante raggi X e di migliorare le funzioni fisiche, quando somministrato in associazione con metotrexato. Granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica Truxima in associazione con glucocorticoidi è indicato per il trattamento di pazienti adulti con granulomatosi con poliangite (di Wegener) (GPA) e poliangite microscopica (MPA) attiva di grado severo. Pemfigo volgare Truxima è indicato per il trattamento di pazienti con pemfigo volgare (PV) da moderato a grave.
2. Posologia
Truxima deve essere somministrato sotto lo stretto controllo di un operatore sanitario esperto e in un ambiente con immediata disponibilità di apparecchiature per la rianimazione (vedere paragrafo 4.4). Premedicazione e trattamento profilattico La premedicazione con un farmaco antipiretico ed un antistaminico, ad esempio paracetamolo e difenidramina, deve sempre essere assunta prima di ogni somministrazione di Truxima. In pazienti affetti da linfoma non-Hodgkin e leucemia linfatica cronica (LLC) la premedicazione con glucocorticoidi deve essere presa in considerazione se Truxima non è somministrato in associazione con chemioterapia contenente glucocorticoidi. Per i pazienti con LLC si raccomanda la profilassi con adeguata idratazione e somministrazione di uricostatici iniziando 48 ore prima dell’inizio della terapia per ridurre il rischio di sindrome da lisi tumorale. Per i pazienti con LLC la cui conta dei linfociti è > 25 x 109/L si raccomanda di somministrare prednisone/prednisolone 100 mg per via endovenosa immediatamente prima dell’infusione di Truxima per diminuire la percentuale e la gravità delle reazioni acute da infusione e/o la sindrome da rilascio di citochine. In pazienti affetti da artrite reumatoide, granulomatosi con poliangite (di Wegener) o poliangite microscopica in remissione patologica o da pemfigo volgare, la premedicazione con 100 mg di metilprednisolone per via endovenosa deve essere completata 30 minuti prima dell’infusione di Truxima, al fine di ridurre l’incidenza e la gravità delle reazioni correlate all’infusione (IRR). In pazienti affetti da granulomatosi con poliangite (di Wegener) o poliangite microscopica è raccomandata la somministrazione di metilprednisolone per via endovenosa alla dose di 1.000 mg/die da 1 a 3 giorni prima della prima infusione di Truxima (l’ultima dose di metilprednisolone può essere somministrata nello stesso giorno della prima infusione di Truxima). Questa deve essere seguita da prednisone per via orale alla dose di 1 mg/kg/die (non si devono superare gli 80 mg/die e la riduzione a scalare della dose deve avvenire quanto più rapidamente possibile secondo la condizione clinica) durante dopo la fase di induzione di 4 settimane del trattamento con Truxima. Per i pazienti con granulomatosi con poliangite/poliangite microscopica o con pemfigo volgare, durante e successivamente al trattamento con Truxima, è raccomandata la profilassi per la polmonite da Pneumocystis jiroveci (PCP), come appropriato in accordo alle linee guida locali sulla pratica clinica. Posologia Linfoma non-Hodgkin Linfoma non-Hodgkin follicolare Terapia di associazione La dose raccomandata di Truxima in associazione con chemioterapia per il trattamento di induzione di pazienti con linfoma follicolare precedentemente non trattati o ricaduti/refrattari è: 375 mg/m² di superficie corporea per ciclo, fino a 8 cicli. Truxima deve essere somministrato il giorno 1 di ogni ciclo di chemioterapia, dopo somministrazione endovenosa della componente glucocorticoidea della chemioterapia, se applicabile. Terapia di mantenimento • Linfoma follicolare precedentemente non trattato La dose raccomandata di Truxima usata come trattamento di mantenimento per pazienti con linfoma follicolare precedentemente non trattati che hanno risposto al trattamento di induzione è: 375 mg/m² di superficie corporea una volta ogni due mesi (iniziando 2 mesi dopo l’ultima dose della terapia di induzione) fino alla progressione della malattia o per un periodo massimo di due anni (12 infusioni in totale). • Linfoma follicolare ricaduto/refrattario La dose raccomandata di Truxima usata come trattamento di mantenimento per pazienti con linfoma follicolare ricaduto/resistente che hanno risposto al trattamento di induzione è: 375 mg/m² di superficie corporea una volta ogni 3 mesi (iniziando 3 mesi dopo l’ultima dose della terapia di induzione) fino alla progressione della malattia o per un periodo massimo di due anni (8 infusioni totali). Monoterapia • Linfoma follicolare ricaduto/refrattario La dose raccomandata di Truxima in monoterapia usata come trattamento di induzione per pazienti adulti con linfoma follicolare allo stadio III-IV che sono chemioresistenti o che sono alla loro seconda o successiva ricaduta dopo chemioterapia è: 375 mg/m² di superficie corporea, somministrata come infusione e.v. una volta alla settimana per quattro settimane. Per il ritrattamento con Truxima in monoterapia per pazienti che hanno risposto al precedente trattamento con Truxima in monoterapia per linfoma follicolare ricaduto/refrattario, la dose raccomandata è: 375 mg/m² di superficie corporea, somministrata come infusione endovenosa una volta alla settimana per quattro settimane (vedere paragrafo 5.1). Linfoma non-Hodgkin diffuso a grandi cellule B Truxima deve essere impiegato in associazione con chemioterapia CHOP. Il dosaggio raccomandato è di 375 mg/m² di superficie corporea, somministrato il giorno 1 di ogni ciclo di chemioterapia per 8 cicli dopo infusione endovenosa della componente glucocorticoidea del CHOP. Non sono ancora state stabilite la sicurezza e l’efficacia di Truxima in associazione con altre chemioterapie nel linfoma non- Hodgkin diffuso a grandi cellule B. Aggiustamenti del dosaggio durante il trattamento Non sono raccomandate riduzioni della dose di Truxima. Quando Truxima è somministrato in associazione con chemioterapia, si devono applicare le riduzioni standard del dosaggio per i medicinali chemioterapici. Leucemia linfatica cronica Il dosaggio raccomandato di Truxima in associazione con chemioterapia in pazienti precedentemente non trattati e recidivi/refrattari è di 375 mg/m² di superficie corporea somministrato il giorno 0 del primo ciclo di trattamento seguito da 500 mg/m² di superficie corporea somministrato il giorno 1 di ogni ciclo successivo per 6 cicli totali. La chemioterapia deve essere somministrata dopo infusione di Truxima. Artrite reumatoide Ai pazienti in terapia con Truxima deve essere consegnata la scheda di allerta per il paziente ad ogni infusione. Un ciclo di Truxima consiste di due infusioni endovenose da 1.000 mg ciascuna. Il dosaggio raccomandato di Truxima è di 1.000 mg per infusione endovenosa, seguita da una seconda infusione endovenosa di 1.000 mg due settimane dopo. La necessità di ulteriori trattamenti deve essere valutata 24 settimane dopo il ciclo precedente. Il ritrattamento deve essere effettuato in quel momento se l’attività residua della malattia rimane, altrimenti deve essere ritardato fino a quando l’attività residua della malattia ricompare. I dati disponibili suggeriscono che la risposta clinica di solito è raggiunta entro 16-24 settimane di un ciclo iniziale di trattamento. Nei pazienti nei quali non si evidenzia un beneficio terapeutico entro questo periodo di tempo, deve essere attentamente riconsiderato se continuare la terapia. Granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica Ai pazienti trattati con Truxima deve essere consegnata la scheda di allerta per il paziente ad ogni infusione. Induzione della remissione Il dosaggio raccomandato di Truxima per la terapia d’induzione della remissione della granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica è di 375 mg/m² di superficie corporea, somministrato per infusione endovenosa una volta alla settimana per 4 settimane (4 infusioni totali). Terapia di mantenimento Dopo la fase d’induzione della remissione con Truxima, la terapia di mantenimento deve essere iniziata non prima che siano trascorse 16 settimane dall’ultima infusione di Truxima. Dopo la fase d’induzione della remissione con altri immunosoppressori impiegati per il trattamento standard, la terapia di mantenimento con Truxima deve essere iniziata durante il periodo di 4 settimane successivo alla remissione della malattia. La somministrazione di Truxima deve avvenire mediante due infusioni endovenose da 500 mg ciascuna, separate da un intervallo di due settimane, e seguite successivamente da un’infusione endovenosa da 500 mg ogni 6 mesi. Dopo l’ottenimento della remissione (assenza di segni e sintomi clinici) il trattamento dei pazienti con Truxima deve proseguire per almeno 24 mesi. Per i pazienti potenzialmente esposti a un rischio superiore di ricaduta i medici devono valutare un prolungamento della terapia di mantenimento con Truxima, fino a una durata massima di 5 anni. Pemfigo volgare Ai pazienti trattati con Truxima deve essere consegnata la scheda di allerta per il paziente ad ogni infusione. Il dosaggio raccomandato di Truxima per il trattamento del pemfigo volgare è di 1000 mg per infusione endovenosa, seguita, due settimane dopo, da una seconda infusione endovenosa di 1000 mg in associazione a un ciclo di glucocorticoidi con riduzione a scalare della dose. Terapia di mantenimento Ai mesi 12 e 18 e, successivamente, ogni 6 mesi, se necessario, in base alla valutazione clinica deve essere somministrata per via endovenosa un’infusione di mantenimento di 500 mg. Trattamento della ricaduta In caso di ricaduta, i pazienti possono essere trattati con 1000 mg per via endovenosa. In base alla valutazione clinica l’operatore sanitario deve altresì prendere in considerazione la ripresa o l’incremento della dose di glucocorticoidi da somministrare al paziente. La somministrazione delle infusioni successive può avvenire non prima che siano trascorse 16 settimane dall’infusione precedente. Popolazioni particolari Anziani Non è necessaria la modifica del dosaggio in pazienti anziani (di età > 65 anni). Popolazione pediatrica La sicurezza e l’efficacia di Truxima nei bambini e negli adolescenti al di sotto dei 18 anni di età non è ancora stata stabilita. Non ci sono dati disponibili. Modo di somministrazione La soluzione di Truxima preparata deve essere somministrata per infusione endovenosa tramite una linea dedicata. Non deve essere somministrata come push o bolus endovenoso. I pazienti devono essere attentamente monitorati per l’insorgenza della sindrome da rilascio di citochine (vedere paragrafo 4.4). Ai pazienti che sviluppano reazioni gravi, soprattutto grave dispnea, broncospasmo o ipossia, deve essere immediatamente interrotta l’infusione. I pazienti con linfoma non-Hodgkin devono poi essere valutati per la presenza di sindrome da lisi tumorale tramite l’effettuazione di appropriati esami di laboratorio e in presenza di infiltrazione polmonare tramite radiografia del torace. In tutti i pazienti, l’infusione non deve essere ripresa fino alla completa risoluzione di tutti i sintomi e alla normalizzazione dei valori di laboratorio e della radiografia del torace. A questo punto l’infusione può essere ripresa inizialmente a una velocità ridotta della metà rispetto a quella precedentemente adottata. Qualora le stesse gravi reazioni avverse dovessero verificarsi una seconda volta, la decisione di interrompere il trattamento deve essere attentamente considerata caso per caso. Le reazioni correlate all’infusione (infusion-related reactions, IRR) lievi o moderate (vedere paragrafo 4.8) generalmente rispondono alla riduzione della velocità di infusione. Quando i sintomi migliorano, la velocità di infusione può essere aumentata. Prima infusione La velocità di infusione iniziale raccomandata è 50 mg/h; dopo i primi 30 minuti, può essere aumentata con incrementi di 50 mg/h ogni 30 minuti, fino a un massimo di 400 mg/h. Successive infusioni Per tutte le indicazioni Le successive dosi di Truxima possono essere somministrate con una velocità iniziale di 100 mg/h e aumentate di 100 mg/h ad intervalli di 30 minuti, fino a un massimo di 400 mg/h. Solo per l’artrite reumatoide Schema alternativo per la somministrazione più rapida delle infusioni successive Se con la prima o le successive infusioni somministrate alla dose di 1.000 mg di Truxima, secondo lo schema infusionale standard, i pazienti non hanno manifestato una reazione grave correlata all’infusione, la seconda infusione e quelle successive possono essere somministrate a una velocità maggiore, alla stessa concentrazione delle infusioni precedenti (4 mg/ml per un volume di 250 ml). Iniziare l’infusione a una velocità di 250 mg/h per i primi 30 minuti e in seguito di 600 mg/h per i successivi 90 minuti. Se l’infusione più rapida risulta ben tollerata, è possibile impiegare il medesimo schema infusionale per la somministrazione delle infusioni successive. L’infusione più rapida non deve essere somministrata a pazienti affetti da malattie cardiovascolari clinicamente significative comprese le aritmie o che in passato hanno manifestato gravi reazioni all’infusione di rituximab o a qualsiasi terapia biologica precedente.
3. Controindicazioni
Controindicazioni all’uso nel linfoma non-Hodgkin e nella leucemia linfatica cronica Ipersensibilità al principio attivo, alle proteine di origine murina o ad uno qualsiasi degli altri eccipienti elencati nel paragrafo 6.1. Infezioni attive, gravi (vedere paragrafo 4.4). Pazienti in uno stato di immunocompromissione severa. Controindicazioni all’uso nell’artrite reumatoide, nella granulomatosi con poliangite, nella poliangite microscopica e nel pemfigo volgare Ipersensibilità al principio attivo, alle proteine di origine murina o ad uno qualsiasi degli altri eccipienti elencati nel paragrafo 6.1. Infezioni attive, gravi (vedere paragrafo 4.4). Pazienti in uno stato di immunocompromissione severa. Scompenso cardiaco grave (classe IV New York Heart Association) o malattia cardiaca grave e non controllata (vedere paragrafo 4.4 per altri disordini cardiaci).
4. Avvertenze
Per migliorare la tracciabilità dei medicinali biologici, il nome commerciale e il numero di lotto del prodotto somministrato devono essere chiaramente registrati (o dichiarati) nella cartella clinica del paziente. Eccipienti: Questo prodotto medicinale contiene 11,5 mmol (o 263,2 mg) di sodio per 50 mL flaconcino. Ciò va tenuto presente nei pazienti che seguono una dieta povera di sodio. Leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML) A tutti i pazienti in terapia con rituximab per l’artrite reumatoide, granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica o il pemfigo volgare deve essere consegnata la scheda di allerta per il paziente ad ogni infusione. La scheda di allerta contiene importanti informazioni di sicurezza per i pazienti riguardo il rischio potenzialmente maggiore di infezioni, compresa la PML. Casi fatali molto rari di PML sono stati riportati in seguito all’utilizzo di rituximab. I pazienti devono essere monitorati ad intervalli regolari per ogni sintomo neurologico nuovo o in peggioramento o per segni indicativi di PML. In caso di sospetta PML, le ulteriori somministrazioni devono essere sospese fino a quando la diagnosi di PML sia stata esclusa. Il medico deve valutare il paziente per determinare se i sintomi sono indicativi di disfunzione neurologica e, se così fosse, se questi sintomi sono potenzialmente indicativi di PML. Deve essere considerata una consulenza neurologica se clinicamente indicata. In caso di dubbio, deve essere presa in considerazione un’ulteriore valutazione, che includa esami quali la RMN preferibilmente con contrasto, il test del liquido cerebrospinale (CSF) per valutare il DNA del virus JC e ripetute valutazioni neurologiche. Il medico deve essere particolarmente attento ai sintomi indicativi di PML che il paziente può non notare (ad esempio sintomi cognitivi, neurologici o psichiatrici). Occorre inoltre consigliare al paziente di informare il proprio partner o chi si prende cura di lui riguardo il trattamento, poiché essi possono notare sintomi dei quali il paziente non è a conoscenza. Se un paziente sviluppa PML, la somministrazione di rituximab deve essere definitivamente interrotta. A seguito della ricostituzione del sistema immunitario nei pazienti immunocompromessi con PML, si sono notati stabilizzazione o miglioramento. Non è noto se la diagnosi precoce di PML e la sospensione della terapia con rituximab possano portare ad una stabilizzazione o ad un miglioramento simili. Linfoma non-Hodgkin e leucemia linfatica cronica Reazioni correlate all’infusione Rituximab è associato a reazioni correlate all’infusione (IRR), a loro volta potenzialmente associate al rilascio di citochine e/o altri mediatori chimici. La sindrome da rilascio di citochine può risultare clinicamente indistinguibile dalle reazioni acute di ipersensibilità. Questo insieme di reazioni, che include sindrome da rilascio di citochine, sindrome da lisi tumorale e reazioni anafilattiche e di ipersensibilità, è descritto di seguito. Durante l’uso successivo alla commercializzazione di rituximab in formulazione endovenosa sono state segnalate severe reazioni con esito fatale correlate all’infusione, la cui insorgenza si è verificata in un intervallo di tempo compreso tra 30 minuti e 2 ore dopo l’inizio della prima infusione endovenosa di rituximab. Tali reazioni sono state caratterizzate da eventi polmonari e in alcuni casi hanno compreso rapida lisi tumorale e sintomi della sindrome da lisi tumorale oltre a febbre, brividi, brividi febbrili, ipotensione, orticaria, angioedema e altri sintomi (vedere paragrafo 4.8). La sindrome grave da rilascio di citochine è caratterizzata da dispnea grave, spesso accompagnata da broncospasmo e ipossia, oltre a febbre, brividi,, orticaria e angioedema. Questa sindrome può essere associata ad alcune caratteristiche della sindrome da lisi tumorale come iperuricemia, iperkaliemia, ipocalcemia, iperfosfatemia, insufficienza renale acuta, concentrazione elevata di lattato deidrogenasi (LDH) e può essere associata ad insufficienza respiratoria acuta e morte. L’insufficienza respiratoria acuta può essere accompagnata da eventi quali l’infiltrazione interstiziale polmonare o l’edema polmonare, visibili alla radiografia del torace. La sindrome si manifesta frequentemente entro una o due ore dall’inizio della prima infusione. I pazienti con anamnesi di insufficienza polmonare o con infiltrazione tumorale del polmone possono essere esposti a un rischio superiore di scarsi risultati e devono essere trattati con maggiore cautela. Ai pazienti che sviluppano sindrome grave da rilascio di citochine deve essere immediatamente sospesa l’infusione (vedere paragrafo 4.2) e deve essere somministrato un trattamento sintomatico aggressivo. Poiché il miglioramento iniziale dei sintomi clinici può essere seguito da un peggioramento, questi pazienti devono essere monitorati attentamente fino alla risoluzione o all’esclusione della sindrome da lisi tumorale e dell’infiltrazione polmonare. L’ulteriore trattamento dei pazienti dopo la completa risoluzione di sintomi e segni ha raramente portato al ripetersi della sindrome grave da rilascio di citochine.I pazienti con elevata massa tumorale o con elevato numero (≥ 25 x 109/l) di cellule neoplastiche circolanti come i pazienti con LLC, che possono essere esposti a un rischio maggiore di sindrome da rilascio di citochine particolarmente grave, devono essere trattati soltanto con estrema cautela. Questi pazienti devono essere monitorati molto attentamente per tutto il corso della prima infusione. In tali pazienti deve essere preso in considerazione, per la prima infusione, l’utilizzo di una velocità di infusione ridotta o una suddivisione della dose in due giorni durante il primo ciclo e a ogni ciclo successivo se la conta dei linfociti è ancora > 25 x 109/l. Nel 77% dei pazienti trattati con rituximab sono state osservate reazioni avverse di ogni tipo correlate all’infusione (compresa la sindrome da rilascio di citochine accompagnata da ipotensione e broncospasmo nel 10% dei pazienti) (vedere paragrafo 4.8). Questi sintomi sono generalmente reversibili con l’interruzione dell'infusione di rituximab e con la somministrazione di farmaci antipiretici, antistaminici e, occasionalmente, ossigeno, soluzioni saline endovena o farmaci broncodilatatori, e glucocorticoidi se necessario. Per le reazioni gravi vedere la sindrome da rilascio di citochine descritta sopra. In seguito alla somministrazione endovenosa di proteine sono state riportate nei pazienti reazioni di tipo anafilattico e altre reazioni di ipersensibilità. Diversamente dalla sindrome da rilascio di citochine, le reazioni di ipersensibilità si verificano solitamente entro minuti dall’inizio dell’infusione. In caso di reazione allergica nel corso della somministrazione di rituximab, i prodotti medicinali per il trattamento delle reazioni di ipersensibilità, ad es. epinefrina (adrenalina), antistaminici e glucocorticoidi, devono essere disponibili per l'uso immediato. Le manifestazioni cliniche dell’anafilassi possono apparire simili alle manifestazioni cliniche della sindrome da rilascio di citochine (descritta sopra). Le reazioni attribuite a ipersensibilità sono state riportate con minor frequenza rispetto a quelle attribuite al rilascio di citochine. Ulteriori reazioni riportate in alcuni casi sono state infarto del miocardio, fibrillazione atriale, edema polmonare e trombocitopenia acuta reversibile. Durante la somministrazione di rituximab si può verificare ipotensione, pertanto si deve prendere in considerazione la sospensione di medicinali anti-ipertensivi 12 ore prima dell’infusione di rituximab. Disordini cardiaci Nei pazienti trattati con rituximab si sono verificati casi di angina pectoris, aritmia cardiaca, come flutter atriale e fibrillazione, insufficienza cardiaca e/o infarto miocardico. Pertanto i pazienti con anamnesi di malattia cardiaca e/o chemioterapia cardiotossica devono essere attentamente monitorati. Tossicità ematologiche Sebbene rituximab non sia mielosoppressivo in monoterapia, deve essere posta particolare attenzione nel considerare il trattamento di pazienti con neutrofili < 1,5 x 109/l e/o con conta delle piastrine < 75 x 109/l, poiché per questo tipo di popolazione si ha una limitata esperienza clinica. Rituximab è stato utilizzato in 21 pazienti che avevano effettuato trapianto di midollo osseo autologo e in altri gruppi a rischio con una presumibile ridotta funzionalità midollare senza indurre mielotossicità. Durante la terapia con rituximab deve essere eseguita regolarmente la conta ematica completa, inclusa la conta dei neutrofili e delle piastrine. Infezioni Infezioni gravi, anche fatali, possono avvenire durante la terapia con rituximab (vedere paragrafo 4.8). Rituximab non deve essere somministrato a pazienti con infezioni attive gravi (ad esempio tubercolosi, sepsi e infezioni opportunistiche, vedere paragrafo 4.3). I medici devono essere cauti quando prendono in considerazione l’uso di rituximab in pazienti con storia di infezioni ricorrenti o croniche o con condizioni di base che possono ulteriormente predisporre i pazienti a infezioni gravi (vedere paragrafo 4.8). Casi di riattivazione di epatite B sono stati riportati in soggetti che hanno ricevuto rituximab incluse segnalazioni di epatite fulminante ad esito fatale. La maggior parte di questi soggetti riceveva anche chemioterapia citotossica. Informazioni limitate provenienti da uno studio in pazienti con LLC recidiva/refrattaria suggeriscono che il trattamento con rituximab può anche peggiorare l’esito di infezioni di epatite B primarie. Lo screening per il virus dell’epatite B (HBV) deve essere effettuato in tutti i pazienti prima di iniziare il trattamento con rituximab e dovrebbe almeno includere il dosaggio dell’HBsAg e dell’HBcAb. Questi test possono poi essere integrati con altri marcatori appropriati secondo le linee guida locali. I pazienti con infezione attiva di epatite B non devono essere trattati con rituximab. I pazienti con sierologia positiva per epatite B (sia HBsAg che HBcAb) devono essere valutati da un clinico epatologo prima dell’inizio del trattamento e devono essere monitorati e seguiti secondo gli standard clinici locali per prevenire la riattivazione dell’epatite B. Casi molto rari di leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML) sono stati riportati durante l’uso successivo alla commercializzazione di rituximab nel LNH e nella LLC (vedere paragrafo 4.8). La maggior parte dei pazienti aveva ricevuto rituximab in associazione con chemioterapia o come parte di un programma trapiantologico con cellule staminali ematopoietiche. Immunizzazione La sicurezza dell’immunizzazione con vaccini virali vivi, in seguito alla terapia con rituximab, non è stata studiata per pazienti con LNH e LLC e non si raccomanda la vaccinazione con vaccini con virus vivo. I pazienti trattati con rituximab possono ricevere vaccinazioni con virus non vivo. Comunque le percentuali di risposta ai vaccini con virus non vivo possono essere ridotte. In uno studio non randomizzato, pazienti con LNH a basso grado ricaduto che hanno ricevuto rituximab in monoterapia quando confrontati con controlli non trattati di volontari sani hanno avuto una più bassa percentuale di risposte alla vaccinazione con antigeni di richiamo del tetano (16% rispetto a 81%) e neoantigeni Keyhole Limpet Haemocyanin (KLH) (4% rispetto a 76% quando valutati per un aumento nel titolo anticorpale > 2 volte). Per pazienti con LLC sono prevedibili risultati simili considerando le similitudini tra le due patologie, tuttavia ciò non è stato valutato mediante studi clinici. La media dei titoli anticorpali pre-terapeutici contro un pannello di antigeni (Streptococcus pneumoniae, influenza A, parotite, rosolia, varicella) è stata mantenuta per almeno 6 mesi dopo il trattamento con rituximab. Reazioni cutanee Sono state segnalate reazioni cutanee gravi quali la necrolisi epidermica tossica (sindrome di Lyell) e la sindrome di Stevens-Johnson, alcune ad esito fatale (vedere paragrafo 4.8). In caso di tali eventi, se si sospetta una correlazione a rituximab, il trattamento deve essere interrotto permanentemente. Artrite reumatoide, granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica Popolazioni con artrite reumatoide naïve al metotrexato (MTX) L’uso di rituximab non è raccomandato nei pazienti naïve al MTX dal momento che non è stato stabilito un rapporto rischio-beneficio favorevole. Reazioni correlate all’infusione Rituximab è associato a reazioni correlate all’infusione (IRR), che possono essere associate al rilascio di citochine e/o di altri mediatori chimici. Sono stati riportati casi gravi di IRR con esito fatale in pazienti con artrite reumatoide nella fase post- marketing. Nel trattamento dell’artrite reumatoide la maggior parte delle reazioni correlate all’infusione negli studi clinici erano di intensità lieve-moderata. I sintomi più comuni erano reazioni allergiche come cefalea, prurito, irritazione alla gola, arrossamenti, rash, orticaria, ipertensione e piressia. In generale, la proporzione di pazienti che manifestavano una qualche reazione all’infusione era più alta dopo la prima infusione che dopo la seconda in qualsiasi ciclo di trattamento. L’incidenza di IRR diminuiva nei cicli successivi (vedere paragrafo 4.8). Le reazioni riportate erano generalmente reversibili con la riduzione della velocità dell’infusione o l’interruzione della somministrazione di rituximab e l’assunzione di antipiretici, antistaminici e, occasionalmente, ossigeno, soluzione salina endovena o broncodilatatori, e glucocorticoidi, se necessario. Monitorare attentamente i pazienti con condizioni cardiache preesistenti e quelli che hanno manifestato precedenti reazioni avverse cardiopolmonari. In funzione della severità delle IRR e all’intervento necessario, interrompere temporaneamente o definitivamente la somministrazione di rituximab. Nella maggior parte dei casi, l’infusione può essere ripresa riducendo la velocità al 50% (per esempio da 100 mg/h a 50 mg/h), quando i sintomi sono stati completamente risolti. Medicinali per il trattamento delle reazioni di ipersensibilità, ad es. epinefrina (adrenalina), antistaminici e glucocorticoidi, devono essere disponibili per l’uso immediato, in caso di reazioni allergiche durante la somministrazione di rituximab. Non ci sono dati relativi alla sicurezza di rituximab nei pazienti con scompenso cardiaco moderato (classe III NYHA) o malattia cardiaca grave e non controllata. Nei pazienti trattati con rituximab, si è osservato che condizioni preesistenti di ischemia cardiaca, quali l’angina pectoris, sono divenute sintomatiche, così come fibrillazione e flutter atriale. Pertanto, nei pazienti con anamnesi di cardiopatia, e in quelli che hanno manifestato precedenti reazioni avverse cardiopolmonari, prima del trattamento con rituximab deve essere considerato il rischio di complicanze cardiovascolari conseguenti alle reazioni infusionali e i pazienti devono essere attentamente monitorati durante la somministrazione. Durante l’infusione di rituximab si può verificare ipotensione, pertanto si deve prendere in considerazione la sospensione di medicinali anti-ipertensivi 12 ore prima dell’infusione di rituximab. Le IRR per i pazienti con granulomatosi con poliangite, poliangite microscopica e pemfigo volgare erano coerenti con quelle osservate negli studi clinici condotti in pazienti con artrite reumatoide (vedere paragrafo 4.8). Disordini cardiaci Nei pazienti trattati con rituximab si sono verificati casi di angina pectoris, aritmia cardiaca, come flutter e fibrillazione atriale, insufficienza cardiaca e/o infarto miocardico. Pertanto, i pazienti con anamnesi di malattia cardiaca devono essere attentamente monitorati (vedere “Reazioni correlate all’infusione”, sopra). Infezioni Sulla base del meccanismo d’azione di rituximab e della conoscenza che le cellule B svolgono un ruolo importante nel mantenimento della normale risposta immune, i pazienti hanno un incremento del rischio di infezioni in seguito alla terapia con rituximab (vedere paragrafo 5.1). Infezioni gravi, inclusi eventi fatali, possono verificarsi durante la terapia con rituximab (vedere paragrafo 4.8). Rituximab non deve essere somministrato ai pazienti con infezione attiva grave (ad es. tubercolosi, sepsi e infezioni opportunistiche, vedere paragrafo 4.3) o ai pazienti gravemente immunocompromessi (ad es. laddove i valori di CD4 o CD8 sono molto bassi). I medici devono prestare attenzione nel considerare l’impiego di rituximab nei pazienti con anamnesi di infezioni ricorrenti o croniche o con condizioni sottostanti che possono ulteriormente predisporre i pazienti a gravi infezioni ad es. ipogammaglobulinemia (vedere paragrafo 4.8). Si raccomanda che i livelli di immunoglobuline siano determinati prima dell’inizio del trattamento con rituximab. I pazienti che manifestano segni e sintomi di infezione in seguito a trattamento con rituximab, devono essere prontamente valutati e adeguatamente trattati. Prima di iniziare un ciclo successivo di trattamento con rituximab, i pazienti devono essere rivalutati per qualsiasi rischio potenziale di infezioni. Casi molto rari di leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML) ad esito fatale sono stati riportati in seguito all’impiego di rituximab per il trattamento dell’artrite reumatoide e di patologie autoimmuni inclusi il Lupus Eritematoso Sistemico (LES) e la vasculite. Infezione da Epatite B Casi di riattivazione dell’epatite B, inclusi quelli a esito fatale, sono stati riportati nei pazienti affetti da artrite reumatoide, granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica che hanno ricevuto rituximab. Lo screening per il virus dell’epatite B (HBV) deve essere effettuato in tutti i pazienti prima dell’inizio del trattamento con rituximab e dovrebbe almeno includere il dosaggio dell’HBsAg e dell’HBcAb. Questi test possono poi essere integrati con altri marcatori appropriati secondo le linee guida locali. I pazienti con infezione attiva di epatite B non devono essere trattati con rituximab. I pazienti con sierologia positiva per epatite B (sia HBsAg che HBcAb) devono essere valutati da un clinico epatologo e devono essere monitorati e seguiti secondo gli standard clinici locali per prevenire la riattivazione dell’epatite B. Neutropenia ad insorgenza tardiva Misurare i neutrofili prima di ciascun ciclo di rituximab e ad intervalli regolari fino a 6 mesi dopo l’interruzione del trattamento e in caso di segni o sintomi di infezione (vedere paragrafo 4.8). Reazioni cutanee Sono state segnalate reazioni cutanee gravi quali la necrolisi epidermica tossica (sindrome di Lyell) e la sindrome di Stevens-Johnson, alcune ad esito fatale (vedere paragrafo 4.8). In caso di tali eventi, se si sospetta una correlazione a rituximab, il trattamento deve essere interrotto permanentemente. Immunizzazione I medici devono rivedere lo status delle vaccinazioni del paziente e seguire le linee guida vigenti per l’immunizzazione prima della terapia con rituximab. La vaccinazione deve essere completata almeno 4 settimane prima della prima somministrazione di rituximab. La sicurezza dell’immunizzazione con vaccini virali vivi seguente alla terapia con rituximab non è stata studiata. Perciò la vaccinazione con vaccini con virus vivo non è raccomandata durante la terapia con rituximab o durante il periodo di deplezione delle cellule B periferiche. I pazienti trattati con rituximab possono ricevere vaccinazioni con virus non vivo. Comunque, le percentuali di risposta ai vaccini con virus non vivo possono essere ridotte. In uno studio randomizzato, pazienti con artrite reumatoide trattati con rituximab e metotrexato hanno avuto percentuali di risposta sovrapponibili a quelle dei pazienti che hanno ricevuto solo metotrexato agli antigeni di richiamo del tetano (39% rispetto a 42%), ridotte percentuali al vaccino polisaccaride del pneumococco (43% rispetto a 82% ad almeno 2 sierotipi di anticorpi anti-pneumococco) e ai neoantigeni KLH (47% rispetto a 93%), quando dati 6 mesi dopo rituximab. Se vengono richieste vaccinazioni con virus non vivo durante la terapia con rituximab, queste devono essere completate almeno 4 settimane prima dell’inizio del successivo ciclo di rituximab. Nell’esperienza globale di ripetuti trattamenti di rituximab in un anno nell’ambito dell’artrite reumatoide, le percentuali di pazienti con titoli anticorpali positivi contro S. pneumoniae, influenza, parotite, rosolia, varicella e tossina del tetano sono state generalmente simili alle percentuali al basale. Co-somministrazione di altri DMARD nel trattamento dell’artrite reumatoide Non è raccomandata la co-somministrazione di rituximab e di terapie antireumatiche diverse da quelle specificate nell’indicazione e nella posologia relative all’artrite reumatoide. Ci sono dati limitati da studi clinici per valutare pienamente la sicurezza dell’uso sequenziale dopo rituximab di altri DMARD (inclusi inibitori del TNF e altri biologici) (vedere paragrafo 4.5). I dati disponibili indicano che la percentuale di infezioni clinicamente rilevanti è invariata quando tali terapie sono utilizzate in pazienti precedentemente trattati con rituximab; comunque i pazienti devono essere strettamente osservati per segni di infezione se agenti biologici e/o DMARD vengono utilizzati dopo la terapia con rituximab. Neoplasie I medicinali immunomodulatori possono aumentare il rischio di neoplasie. Sulla base dell’esperienza limitata con rituximab nei pazienti affetti da artrite reumatoide (vedere paragrafo 4.8) i dati attuali non sembrano suggerire un incremento del rischio di neoplasie. Tuttavia, al momento non si può escludere il possibile rischio di sviluppo di tumori solidi.
5. Interazioni
Al momento si hanno dati limitati sulla possibile interazione di medicinali con rituximab. In pazienti con LLC, la co-somministrazione con rituximab non sembra avere un effetto sulla farmacocinetica di fludarabina o ciclofosfamide. In aggiunta, non c’è un apparente effetto di fludarabina e ciclofosfamide sulla farmacocinetica di rituximab. La co-somministrazione con metotrexato non ha avuto alcun effetto sulla farmacocinetica di rituximab nei pazienti con artrite reumatoide. I pazienti che hanno sviluppato anticorpi anti-proteine murine (HAMA) anticorpi anti-farmaco (ADA) possono avere reazioni allergiche o di ipersensibilità quando vengono trattati con altri anticorpi monoclonali diagnostici o terapeutici. In pazienti con artrite reumatoide, 283 pazienti hanno ricevuto successivamente una terapia con un DMARD biologico dopo rituximab. In questi pazienti, la percentuale di infezioni clinicamente rilevanti durante la terapia con rituximab è stata 6,01 su 100 pazienti/anno confrontata con 4,97 su 100 pazienti/anno dopo il trattamento con il DMARD biologico.
6. Effetti indesiderati
Esperienza clinica nel linfoma non-Hodgkin e nella leucemia linfatica cronica Riassunto del profilo di sicurezza Il profilo di sicurezza globale di rituximab nel linfoma non-Hodgkin e nella leucemia linfatica cronica si basa su dati di pazienti in studi clinici e sulla sorveglianza post-marketing. Questi pazienti sono stati trattati con rituximab in monoterapia (come trattamento di induzione o come trattamento di mantenimento post-induzione) o in associazione con chemioterapia. Le reazioni avverse da farmaco (ADR) osservate più frequentemente in pazienti che hanno ricevuto rituximab sono state le IRR che sono avvenute nella maggior parte dei pazienti durante la prima infusione. L’incidenza di sintomi correlati all’infusione diminuisce significativamente con le successive infusioni ed è meno dell’1% dopo otto dosi di rituximab. Gli eventi infettivi (soprattutto batterici e virali) si sono verificati nel 30-55% circa dei pazienti con LNH trattati in studi clinici e nel 30-50% circa dei pazienti con LLC trattati in studi clinici. Le reazioni avverse da farmaco gravi più frequentemente riportate o osservate sono state: • IRR (incluse la sindrome da rilascio di citochine e la sindrome da lisi tumorale), vedere paragrafo 4.4. • Infezioni, vedere paragrafo 4.4. • Eventi cardiovascolari, vedere paragrafo 4.4. Altre ADR gravi riportate includono la riattivazione di epatite B e la PML (vedere paragrafo 4.4). Tabella delle reazioni avverse Le frequenze delle ADR riportate con rituximab in monoterapia o in associazione con chemioterapia sono riassunte nella tabella 1. All’interno di ciascuna classe di frequenza, gli effetti indesiderati sono riportati in ordine decrescente di gravità. La frequenza è definita come molto comune (≥ 1/10), comune (da ≥ 1/100 a < 1/10), non comune (da ≥ 1/1.000 a < 1/100), raro (da ≥ 1/10.000 a < 1/1.000), molto raro (< 1/10.000) e non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili). Le ADR identificate solo durante la sorveglianza post-marketing e per le quali non è possibile stimare una frequenza, sono elencate sotto la voce “non nota”. Tabella 1 ADR riportate negli studi clinici o durante la sorveglianza post-marketing in pazienti con LNH e LLC trattati con rituximab in monoterapia/mantenimento o in associazione con chemioterapia
Classificazione per sistemi e organi Molto comune Comune Non comune Raro Molto raro Non nota8
Infezioni ed infestazioni infezioni batteriche, infezioni virali, +bronchite sepsi, +polmonite, +infezione febbrile, +herpes zoster, +infezioni del tratto respiratorio, infezioni fungine, infezioni a eziologia sconosciuta, +bronchite acuta, +sinusite, epatite B¹   infezioni virali gravi², Pneumocysti sjirovecii PML  
Patologie del sistema emolinfopoietico neutropenia, leucopenia, +neutropenia febbrile, +trombocitopenia anemia, +pancitopenia, +granulocitopenia disturbi della coagulazione, anemia aplastica, anemia emolitica, linfoadenopatia   aumento transitorio nel siero del livello delle IgM³ neutropenia tardiva³
Disturbi del sistema immunitario reazioni correlate all’infusione, angioedema ipersensibilità   anafilassi sindrome da lisi tumorale, sindrome da rilascio delle citochine4, malattia da siero trombocitopenia acuta reversibile correlata all’infusione4
Disturbi del metabolismo e della nutrizione   iperglicemia, perdita di peso, edema periferico, edema facciale, aumento della LDH, ipocalcemia        
Disturbi psichiatrici     depressione, nervosismo      
Patologie del sistema nervoso   parestesia, ipoestesia, agitazione, insonnia, vasodilatazione, capogiro, ansia disgeusia   neuropatia periferica, paralisi del nervo facciale5 neuropatia dei nervi cranici, perdita di altri sensi5
Patologie dell'occhio   disturbi della lacrimazione, congiuntivite     perdita grave della vista5  
Patologie dell'orecchio e del labirinto   Tinnito, otalgia       perdita dell’udito5
Patologie cardiache   +infarto miocardico4 e 6, aritmia, +fibrillazione atriale, tachicardia, +disturbi cardiaci +insufficienza del ventricolo sinistro, +tachicardia sopraventricolare, +tachicardia ventricolare, +angina, +ischemia miocardica, bradicardia gravi patologie cardiache4 e 6 insufficienza cardiaca4 e 6  
Patologie vascolari   ipertensione, ipotensione ortostatica, ipotensione     vasculite (soprattutto cutanea), vasculite leucocitoclastica  
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche   broncospasmo 4, patologie respiratorie, dolore toracico, dispnea, incremento della tosse, rinite asma, bronchiolite obliterante, disturbi polmonari, ipossia malattia polmonare interstiziale7 insufficienza respiratoria4 infiltrati polmonari
Patologie gastrointestinali nausea vomito, diarrea, dolore addominale, disfagia, stomatite, costipazione, dispepsia, anoressia, irritazione della gola dilatazione addominale   perforazione gastro- intestinale7  
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo prurito, rash, +alopecia orticaria, sudorazione, sudorazioni notturne, +disordini della cute     reazioni cutanee bollose gravi, sindrome di StevensJohnson, necrolisi epidermica tossica (sindrome di Lyell)7  
Patologie del sistema muscoloscheletrico, del tessuto connettivo e delle ossa   Ipertonia, mialgia, artralgia, dolore alla schiena, dolore al collo, dolore        
Patologie renali e urinarie         insufficienza renale4  
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione febbre, brividi, astenia, cefalea dolore in sede tumorale, vampate, malessere, sindrome da freddo, +stanchezza, +brividi, +insufficienza multi-organo4 dolore al sito di infusione      
Esami diagnostici diminuzione dei livelli di IgG          
Per ciascuna voce, la frequenza si è basata sulle reazioni di qualsiasi grado (da lieve a grave) ad eccezione delle voci contrassegnate con "+" dove la frequenza si è basata solo sulle reazioni gravi (≥ di grado 3 secondo i criteri di tossicità comuni NCI). È riportata solo la frequenza più elevata osservata negli studi. 1 Include riattivazione e infezioni primarie; frequenza basata sul regime R-FC nella LLC recidiva/refrattaria. ² Vedere anche la sottostante sezione “Infezioni”. ³ Vedere anche la sottostante sezione “Reazioni avverse ematologiche”. 4 Vedere anche la sottostante sezione relativa alle reazioni avverse correlate all’infusione. Raramente riportati casi fatali. 5 Segni e sintomi di neuropatia dei nervi cranici. Si è manifestata in tempi diversi fino a vari mesi dal completamento della terapia con rituximab. 6 Osservate soprattutto in pazienti con precedenti patologie cardiache e/o chemioterapia cardiotossica e sono state soprattutto associate con reazioni correlate all’infusione.7 Inclusi casi fatali. I seguenti termini sono stati riportati come eventi avversi durante gli studi clinici; tuttavia, sono stati riportati con un’incidenza simile o inferiore nei bracci rituximab rispetto ai bracci di controllo: tossicità ematologica, infezione neutropenica, infezione del tratto urinario, disturbi sensoriali, piressia. Segni e sintomi caratteristici di una reazione correlata all’infusione sono stati riportati in più del 50% dei pazienti in studi clinici e sono stati osservati soprattutto durante la prima infusione, generalmente nelle prime due ore. Questi sintomi comprendono soprattutto febbre, brividi e rigidità. Altri sintomi includono vampate, angioedema, broncospasmo, vomito, nausea, orticaria/rash, stanchezza, cefalea, irritazione della gola, rinite, prurito, dolore, tachicardia, ipertensione, ipotensione, dispnea, dispepsia, astenia e sintomi della sindrome da lisi tumorale. Reazioni correlate all’infusione gravi (come broncospasmo, ipotensione) si sono verificate fino al 12% dei casi. Ulteriori reazioni riportate in alcuni casi sono state infarto del miocardio, fibrillazione atriale, edema polmonare e trombocitopenia acuta reversibile. Esacerbazione di condizioni cardiache preesistenti come angina pectoris o insufficienza cardiaca congestizia oppure gravi patologie cardiache (insufficienza cardiaca, infarto del miocardio, fibrillazione atriale), edema polmonare, insufficienza multi-organo, sindrome da lisi tumorale, sindrome da rilascio da citochine, insufficienza renale e insufficienza respiratoria sono state riportate con una frequenza inferiore o sconosciuta. L’incidenza di sintomi correlati all’infusione è diminuita sostanzialmente con le infusioni successive ed è < 1% dei pazienti dall’ottavo ciclo di trattamento contenente rituximab. Descrizione di una selezione di reazioni avverse Infezioni Rituximab induce deplezione delle cellule B nel 70-80% circa dei pazienti, ma questo evento è stato associato ad una diminuzione delle immunoglobuline sieriche solo in una minoranza di pazienti. Infezioni localizzate da candida come da Herpes zoster sono state riportate con una incidenza più elevata nel braccio contenente rituximab in studi randomizzati. Infezioni gravi sono state riportate nel 4% circa dei pazienti trattati con rituximab in monoterapia. Frequenze più elevate di tutte le infezioni, incluse infezioni di grado 3 o 4, sono state osservate durante il trattamento di mantenimento con rituximab della durata di due anni se confrontate con l’osservazione. Non si è verificata tossicità cumulativa in termini di infezioni riportate nel periodo di trattamento della durata di due anni. In aggiunta, durante il trattamento con rituximab sono state riportate altre infezioni virali gravi, sia nuove, che riattivate o esacerbate, alcune delle quali sono state fatali. La maggior parte dei pazienti aveva ricevuto rituximab in associazione con la chemioterapia o come parte di un trapianto di cellule staminali ematopoietiche. Esempi di queste infezioni virali gravi sono infezioni causate da virus herpetici (Citomegalovirus, Virus Varicella Zoster e Herpes Simplex), JC virus (leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML)) e virus dell’epatite C. Durante gli studi clinici sono stati anche riportati casi di PML ad esito fatale che si sono verificati dopo la progressione della malattia e il ritrattamento. Sono stati riportati casi di riattivazione di epatite B, la maggior parte dei quali si sono verificati in pazienti che hanno ricevuto rituximab in associazione con chemioterapia citotossica. In pazienti con LLC recidiva/refrattaria, l’incidenza di infezione di epatite B di grado 3/4 (riattivazione e infezione primaria) è stata del 2% in R-FC vs 0% in FC. Si è osservata progressione del sarcoma di Kaposi in pazienti esposti a rituximab con sarcoma di Kaposi preesistente. Questi casi si sono verificati in indicazioni non approvate e la maggior parte dei pazienti erano HIV positivi. Reazioni avverse ematologiche Negli studi clinici con impiego di rituximab in monoterapia somministrato per 4 settimane, anomalie ematologiche si sono verificate in una minoranza di pazienti e sono state generalmente lievi e reversibili. Neutropenia grave (grado 3/4) è stata riportata nel 4,2% dei pazienti, anemia nell’1,1% e trombocitopenia nell’1,7% dei pazienti. Durante il trattamento di mantenimento con rituximab della durata di due anni, leucopenia (5% vs 2%, grado 3/4) e neutropenia (10% vs 4%, grado 3/4) sono state riportate con un’incidenza più elevata quando confrontata con l’osservazione. L’incidenza di trombocitopenia è stata bassa (< 1%, grado 3/4) e non è stata differente tra i bracci di trattamento. Durante il trattamento negli studi con rituximab in associazione con chemioterapia, leucopenia di grado 3/4 (R-CHOP 88% vs CHOP 79%, R-FC 23% vs FC 12%), neutropenia (R-CVP 24% vs CVP 14%; R-CHOP 97% vs CHOP 88%, R-FC 30% vs FC 19% nella LLC precedentemente non trattata), pancitopenia (R-FC 3% vs FC 1% nella LLC precedentemente non trattata), sono state riportate generalmente con frequenze più elevate quando confrontate con chemioterapia da sola. Comunque, l’incidenza più elevata di neutropenia in pazienti trattati con rituximab e chemioterapia non è stata associata ad una incidenza più alta di infezioni e infestazioni se confrontata con pazienti trattati con sola chemioterapia. Studi sulla LLC precedentemente non trattata e in recidiva/refrattaria hanno stabilito che nel 25% dei pazienti trattati con R-FC la neutropenia è stata prolungata (definita come conta dei granulociti neutrofili inferiore a 1x109/l tra il giorno 24 e il giorno 42 dopo l’ultima dose) o si è verificata con un esordio tardivo (definito come conta dei granulociti neutrofili inferiore a 1x109/l oltre il giorno 42 dopo l’ultima dose nei pazienti che non avevano una precedente neutropenia prolungata o che avevano recuperato prima del giorno 42) dopo il trattamento con rituximab e FC. Non sono state riportate differenze nell’incidenza di anemia. Sono stati riportati alcuni casi di neutropenia tardiva che si sono verificati più di quattro settimane dopo l’ultima infusione di rituximab. Nello studio di prima linea sulla LLC, i pazienti in stadio Binet C hanno manifestato più eventi avversi nel braccio R-FC rispetto al braccio FC (R-FC 83% vs FC 71%). Nello studio sulla LLC recidiva/refrattaria, è stata riportata trombocitopenia di grado ¾ nell’11% dei pazienti nel gruppo R- FC vs il 9% dei pazienti nel gruppo FC. Negli studi con rituximab in pazienti con macroglobulinemia di Waldestrom, aumenti transitori dei livelli sierici di IgM sono stati osservati dopo l’inizio del trattamento, i quali possono essere associati con iperviscosità e sintomi correlati. L’aumento transitorio di IgM generalmente ritorna almeno al livello basale entro 4 mesi. Reazioni avverse cardiovascolari Negli studi clinici con rituximab in monoterapia sono state riportate reazioni cardiovascolari nel 18,8% dei pazienti con ipotensione e ipertensione quali eventi più frequentemente segnalati. Sono stati riportati durante l’infusione casi di aritmia di grado 3 o 4 (incluse tachicardia ventricolare e sopraventricolare) e angina pectoris. Durante il trattamento di mantenimento, l’incidenza di disordini cardiaci di grado 3/4 è stata paragonabile tra i pazienti trattati con rituximab e l’osservazione. Eventi cardiaci sono stati riportati come eventi avversi seri (inclusa la fibrillazione atriale, l’infarto del miocardio, l’insufficienza ventricolare sinistra, l’ischemia del miocardio) nel 3% dei pazienti trattati con rituximab in confronto a < 1% dell’osservazione. Negli studi di valutazione di rituximab in associazione con chemioterapia, l’incidenza di aritmie cardiache di grado 3 e 4, soprattutto aritmie sopraventricolari come tachicardia e flutter/fibrillazione atriale, è stata più elevata nel gruppo R-CHOP (14 pazienti, 6,9%) se confrontato con il gruppo CHOP (3 pazienti, 1,5%). Tutte queste aritmie si sono verificate nel contesto dell’infusione di rituximab o sono state associate con condizioni predisponenti quali febbre, infezione, infarto acuto del miocardio o patologia respiratoria e cardiovascolare preesistente. Non è stata osservata differenza tra il gruppo R-CHOP e CHOP in termini di incidenza di altri eventi cardiaci di grado 3 e 4, inclusi l’insufficienza cardiaca, la patologia del miocardio e le manifestazioni di patologia delle arterie coronariche. Nella LLC, l’incidenza globale di disordini cardiaci di grado 3 o 4 è stata bassa sia nello studio di prima linea (4% R-FC, 3% FC) che nello studio sulla recidiva/refrattaria (4% R-FC, 4% FC). Apparato respiratorio Sono stati riportati casi di malattia polmonare interstiziale, alcuni con esito fatale. Patologie neurologiche Durante il periodo di trattamento (fase della terapia di induzione costituita da R-CHOP per un massimo di otto cicli) quattro pazienti (2%) trattati con R-CHOP, tutti con fattori di rischio cardiovascolare hanno manifestato accidenti tromboembolici cerebrovascolari durante il primo ciclo di trattamento. Non c’è stata differenza tra i gruppi di trattamento in termini di incidenza di altri eventi tromboembolici. Al contrario, tre pazienti (1,5%) hanno avuto eventi cerebrovascolari nel gruppo CHOP, i quali si sono manifestati tutti durante il periodo di follow-up. Nella LLC, l’incidenza globale di disordini del sistema nervoso di grado 3 o 4 è stata bassa sia nello studio di prima linea (4% R-FC, 4% FC) che nello studio sulla recidiva/refrattaria (3% R-FC, 3% FC). Sono stati riportati casi di sindrome encefalopatica posteriore reversibile (PRES) / sindrome leucoencefalopatica posteriore reversibile (RPLS). I segni e i sintomi includevano disturbi visivi, cefalea, convulsioni e alterazioni dello stato mentale, con o senza ipertensione associata. Una diagnosi di PRES/RPLS, richiede conferma con imaging cerebrale. I casi riportati hanno riconosciuto fattori di rischio per PRES/RPLS, inclusi il concomitante stato di malattia del paziente, ipertensione, terapia immunosoppressiva e/o chemioterapia. Patologie gastrointestinali È stata osservata perforazione gastrointestinale che in alcuni casi ha portato a morte in pazienti che ricevevano rituximab per il trattamento di linfoma non-Hodgkin. Nella maggior parte di questi casi, rituximab era somministrato con la chemioterapia. Livelli di IgG Nello studio clinico che ha valutato rituximab nel trattamento di mantenimento nel linfoma follicolare ricaduto/refrattario, la mediana dei livelli di IgG è stata sotto il limite inferiore di normalità (LLN) (< 7 g/l) dopo il trattamento di induzione sia nel gruppo osservazione che nel gruppo rituximab. Nel gruppo osservazione, la mediana dei livelli di IgG è aumentata successivamente sopra il LLN, ma è rimasta costante nel gruppo rituximab. La percentuale di pazienti con livelli di IgG sotto il LLN è stata del 60% circa nel gruppo rituximab nei due anni del periodo di trattamento, mentre è diminuita nel gruppo osservazione (36% dopo due anni). Nei pazienti pediatrici trattati con rituximab sono stati osservati un piccolo numero di casi spontanei e di letteratura riferiti a ipogammaglobulinemia, in alcuni casi gravi e che hanno richiesto una terapia sostitutiva con immunoglobuline a lungo termine. Le conseguenze della deplezione a lungo termine delle cellule B nei pazienti pediatrici non sono note. Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Sono stati segnalati molto raramente casi di necrolisi epidermica tossica (sindrome di Lyell) e sindrome di Stevens-Johnson, alcuni ad esito fatale. Sottopopolazioni di pazienti - rituximab in monoterapia Pazienti anziani (≥ 65 anni): L’incidenza delle ADR di tutti i gradi e di grado 3/4 è stata simile nei pazienti anziani rispetto a pazienti più giovani (< 65 anni). Malattia bulky Si è verificata un’incidenza più elevata di ADR di grado 3/4 in pazienti con malattia bulky rispetto a pazienti senza malattia bulky (25,6% vs 15,4%). L’incidenza di ADR di ogni grado è stata simile in questi due gruppi. Ritrattamento La percentuale di pazienti che hanno riportato ADR durante il ritrattamento con ulteriori cicli di rituximab è stata simile alla percentuale di pazienti che hanno riportato ADR durante l’esposizione iniziale (ADR di ogni grado e di grado 3/4).Sottopopolazioni di pazienti - Terapia di associazione con rituximab Pazienti anziani (≥ 65 anni) L’incidenza di eventi avversi di grado 3/4 a livello dell’apparato emolinfopoietico è stata più alta in pazienti anziani se confrontati a pazienti più giovani (< 65 anni), con leucemia linfatica cronica precedentemente non trattata o recidiva/refrattaria. Esperienza clinica nell’artrite reumatoide Riassunto del profilo di sicurezza Il profilo di sicurezza globale di rituximab nell’artrite reumatoide si basa sui dati provenienti da pazienti trattati in studi clinici e dalla sorveglianza post-marketing. Il profilo di sicurezza di rituximab in pazienti con artrite reumatoide da moderata a grave è riassunto nelle sezioni sottostanti. Negli studi clinici più di 3.100 pazienti hanno ricevuto almeno un ciclo di trattamento e sono stati seguiti per un periodo variabile da 6 mesi a più di 5 anni; circa 2.400 pazienti hanno ricevuto due o più cicli di trattamento con oltre 1.000 pazienti sottoposti a 5 o più cicli. Le informazioni sulla sicurezza raccolte durante l’esperienza post marketing riflettono il profilo atteso per le reazioni avverse già osservato negli studi clinici per rituximab (vedere paragrafo 4.4). I pazienti hanno ricevuto 2 dosi da 1.000 mg di rituximab separate da un intervallo di due settimane, in associazione con metotrexato (10-25 mg/settimana). Le infusioni di rituximab sono state somministrate dopo infusione endovenosa di 100 mg di metilprednisolone; i pazienti hanno anche ricevuto un trattamento con prednisone orale per 15 giorni. Elenco delle reazioni avverse sotto forma di tabella Le reazioni avverse sono elencate nella tabella 2. La frequenza è definita come molto comune (≥ 1/10), comune (da ≥ 1/100 a < 1/10), non comune (da ≥ 1/1.000 a < 1/100) e molto raro (< 1/10.000). All’interno di ciascuna classe di frequenza, gli effetti indesiderati sono riportati in ordine decrescente di gravità. Le reazioni avverse più frequenti ritenute dovute all’assunzione di rituximab sono state le IRR. L’incidenza totale di IRR negli studi clinici è stata del 23% con la prima infusione ed è diminuita con le infusioni successive. IRR gravi sono state non comuni (0,5% dei pazienti) e si presentavano prevalentemente durante il ciclo iniziale. In aggiunta alle reazioni avverse osservate negli studi clinici sull’artrite reumatoide condotti con rituximab, sono stati riportati durante l’esperienza post-marketing leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML) (vedere paragrafo 4.4) e reazione simil malattia da siero. Tabella 2 Riassunto delle reazioni avverse da farmaco riportate negli studi clinici o durante la sorveglianza post-marketing che si sono verificate nei pazienti con artrite reumatoide che hanno ricevuto rituximab
Classificazione per sistemi e organi Molto comune Comune Non comune Raro Molto raro
Infezioni e Infestazioni infezione del tratto respiratorio superiore, infezioni del tratto urinario bronchiti, sinusiti, gastroenteriti, tinea pedis     PML, riattivazione dell’epatite B
Patologie del sistema emolinfopoietico   neutropenia¹   Neutropenia tardiva² Reazione simil malattia da siero
Disturbi del sistema immunitario ³Reazioni correlate all’infusione (ipertensione, nausea, rash, piressia, prurito, orticaria, irritazione alla gola, vampate, ipotensione, rinite, rigidità, tachicardia, affaticamento, dolore orofaringeo, edema periferico, eritema)   ³Reazioni correlate all’infusione (edema generalizzato, broncospasmo, dispnea, edema laringeo, edema angioneurotico, prurito generalizzato, anafilassi, reazione anafilattoide)    
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione
Disturbi del metabolismo e della nutrizione   ipercolesterolemia      
Disturbi psichiatrici   depressione, ansia      
Patologie del sistema nervoso cefalea parestesia, emicrania vertigini, sciatica      
Patologie cardiache       angina pectoris, fibrillazione atriale, insufficienza cardiaca, infarto del miocardio flutter atriale
Patologie gastrointestinali   Dispepsia, diarrea, reflusso gastroesofageo, ulcerazione della bocca, dolore della parte addominale superiore      
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo   alopecia     Necrolisi Epidermica Tossica (sindrome di Lyell), sindrome di Stevens-Johnson5
Patologie del sistema muscoloscheletrico   artralgia / dolore muscoloscheletrico, osteoartrite, borsiti      
Esami diagnostici ridotti livelli di IgM4 ridotti livelli di IgG4      
1 Categoria di frequenza derivante dai valori di laboratorio raccolti nell’ambito del monitoraggio laboratoristico di routine negli studi clinici. ² Categoria di frequenza derivante dai dati post-marketing.³ Reazioni che si verificano durante o entro le 24 ore dall’infusione. Vedere anche il sottostante paragrafo sulle reazioni correlate all’infusione. Le IRR possono anche dipendere da ipersensibilità e/o dal meccanismo d’azione. 4 Include osservazioni raccolte nell’ambito del monitoraggio laboratoristico di routine. 5 Include casi fatali. Cicli ripetuti Cicli ripetuti di trattamento sono associati ad un profilo di reazioni avverse simile a quello osservato in seguito alla prima esposizione. La percentuale di tutte le reazioni avverse successivamente alla prima esposizione a rituximab era più alta durante i primi 6 mesi e diminuiva in seguito. Questo si verificava soprattutto per le IRR (più frequentemente durante il primo trattamento), l’esacerbazione dell’artrite reumatoide e le infezioni; tutte queste erano più frequenti nei primi 6 mesi di trattamento. Descrizione di una selezione di reazioni avverse Reazioni correlate all’infusione Negli studi clinici le reazioni avverse da farmaco (ADR) più frequenti dopo il trattamento con rituximab erano le IRR (vedere tabella 2). Tra i 3.189 pazienti trattati con rituximab, 1.135 (36%) ha mostrato almeno una IRR con 733/3.189 (23%) di pazienti che hanno manifestato una IRR successiva alla prima infusione del primo trattamento con rituximab. L’incidenza delle IRR diminuisce con le infusioni successive. Negli studi clinici meno dell’1% (17/3.189) dei pazienti hanno manifestato un IRR grave. Non ci sono state IRR di grado 4 secondo i criteri comuni di tossicità (CTC) e nessun caso di morte dovuto a IRR negli studi clinici. La proporzione di eventi di grado 3 secondo CTC e le IRR che portavano alla sospensione del trattamento si riduceva nel corso dei trattamenti e risultavano rare dal terzo ciclo in poi. La premedicazione con glucocorticoide endovena ha ridotto in modo significativo l’incidenza e la gravità delle IRR (vedere paragrafi 4.2 e 4.4). Sono stati riportati casi gravi di IRR con esito fatale nella fase post-marketing. In uno studio disegnato per valutare la sicurezza di un’infusione più rapida di rituximab in pazienti affetti da artrite reumatoide, ai pazienti con artrite reumatoide attiva da moderata a grave che non hanno manifestato una IRR grave durante o entro le 24 ore successive alla prima infusione studiata, è stato concesso di sottoporsi a un’infusione endovenosa di rituximab della durata di 2 ore. I pazienti con anamnesi di grave reazione all’infusione di una terapia biologica per l’artrite reumatoide non sono stati ammessi allo studio. L’incidenza, le tipologie e la gravità delle IRR erano coerenti con i dati storici. Non sono state osservate IRR gravi. Infezioni L’incidenza globale di infezioni era di circa 94 su 100 pazienti/anno nel gruppo trattato con rituximab. Le infezioni erano soprattutto da lievi a moderate e comprendevano principalmente infezioni delle vie aeree superiori e del tratto urinario. L’incidenza delle infezioni gravi o che richiedevano antibiotico e.v. era di circa 4 su 100 pazienti/anno. L’incidenza delle infezioni gravi non ha mostrato alcun aumento significativo in seguito a cicli ripetuti con rituximab. Nel corso degli studi clinici sono state riportate infezioni del basso tratto respiratorio (inclusa pneumonia), con incidenza simile nei gruppi trattati con rituximab rispetto ai gruppi di controllo. Casi di leucoencefalopatia multifocale progressiva con esito fatale sono stati riportati in seguito all’uso di rituximab per il trattamento di patologie autoimmuni. Queste includono l’artrite reumatoide e patologie autoimmuni fuori indicazione, quali il Lupus Eritematoso Sistemico (LES) e la vasculite. Sono stati riportati casi di riattivazione di epatite B in pazienti con linfoma di non-Hodgkin che avevano ricevuto rituximab in combinazione con chemioterapia citotossica (vedere linfoma nonHodgkin). Molto raramente sono state anche riportate riattivazioni di infezione da epatite B in pazienti con AR che avevano ricevuto rituximab (vedere paragrafo 4.4). Reazioni avverse cardiovascolari Reazioni cardiache gravi sono state osservate con un’incidenza di 1,3 su 100 pazienti/anno tra quelli trattati con rituximab e 1,3 su 100 pazienti/anno nei pazienti trattati con placebo. La proporzione di pazienti con reazioni cardiache (tutte o gravi) non è aumentata nei vari cicli. Eventi neurologici Sono stati segnalati casi di sindrome encefalopatica posteriore reversibile (PRES)-sindrome leucoencefalopatica posteriore reversibile (RPLS). Segni e sintomi includevano disturbi della vista, mal di testa, convulsioni e alterazione dello stato mentale, con o senza ipertensione associata. Una diagnosi di PRES/RPLS richiede la conferma attraverso imaging cerebrale. I casi descritti presentavano fattori di rischio noti per PRES/RPLS, tra cui la malattia di base dei pazienti, ipertensione, terapia immunosoppressiva e/o chemioterapia. Neutropenia In seguito a trattamento con rituximab sono stati osservati casi di neutropenia, la maggior parte dei quali erano transitori e di intensità lieve o moderata. La neutropenia può verificarsi diversi mesi dopo la somministrazione di rituximab (vedere paragrafo 4.4). Negli studi clinici controllati verso placebo, lo 0,94% (13/382) dei pazienti trattati con rituximab e lo 0,27% (2/731) dei pazienti trattati con placebo ha sviluppato neutropenia grave. Nell’esperienza post-marketing eventi neutropenici, inclusa neutropenia ad esordio tardivo grave e persistente, alcuni dei quali sono stati associati ad infezioni fatali, sono stati segnalati raramente. Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Sono stati segnalati molto raramente casi di necrolisi epidermica tossica (sindrome di Lyell) e sindrome di Stevens-Johnson, alcuni ad esito fatale. Anomalie di laboratorio In pazienti con artrite reumatoide trattati con rituximab è stata osservata ipogammaglobulinemia (IgG o IgM sotto il limite inferiore della norma). Non c’è stato aumento della percentuale di infezioni generali o gravi in seguito a bassi livelli di IgG o IgM (vedere paragrafo 4.4). Nei pazienti pediatrici trattati con rituximab sono stati osservati un piccolo numero di casi spontanei e di letteratura riferiti a ipogammaglobulinemia, in alcuni casi gravi e che hanno richiesto una terapia sostitutiva con immunoglobuline a lungo termine. Le conseguenze della deplezione a lungo termine delle cellule B nei pazienti pediatrici non sono note. Esperienza clinica nella granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica Induzione della remissione In uno studio clinico 99 pazienti sono stati trattati con rituximab (375 mg/m², una volta alla settimana per 4 settimane) e glucocorticoidi per l’induzione della remissione della granulomatosi con poliangite e della poliangite microscopica (vedere paragrafo 5.1). Le ADR elencate nella tabella 3 rappresentano tutti gli eventi avversi che si sono verificati con un’incidenza 5% nel gruppo rituximab e ad una frequenza più alta rispetto al gruppo di confronto. Tabella 3: Reazioni avverse da farmaco verificatesi a 6 mesi in 5% dei pazienti che hanno ricevuto rituximab per l’induzione della remissione della granulomatosi con poliangite e della poliangite microscopica e ad una frequenza più alta rispetto al gruppo di confronto.
Sistema corporeo Rituximab
Reazione avversa (n=99)
Infezioni ed infestazioni
Infezioni del tratto urinario 7%
Bronchite 5%
Herpes zoster 5%
Nasofaringite 5%
Patologie del sistema emolinfopoietico
Trombocitopenia 7%
Disturbi del sistema immunitario
Sindrome da rilascio delle citochine 5%
Disturbi del metabolismo e della nutrizione
Iperpotassiemia 5%
Disturbi psichiatrici
Insonnia 14%
Patologie del sistema nervoso
Capogiro 10%
Tremore 10%
Patologie vascolari
Ipertensione 12%
Rossore 5%
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche
Tosse 12%
Dispnea 11%
Epistassi 11%
Congestione nasale 6%
Patologie gastrointestinali
Diarrea 18%
Dispepsia 6%
Costipazione 5%
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo
Acne 7%
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo
Spasmi muscolari 18%
Artralgia 15%
Dolore alla schiena 10%
Debolezza muscolare 5%
Dolore muscoloscheletrico 5%
Dolore alle estremità 5%
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione
Edema periferico 16%
Esami diagnostici
Riduzione dell’emoglobina 6%
Terapia di mantenimento In un ulteriore studio clinico 57 pazienti in totale affetti da granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica attiva di grado grave, in remissione patologica, sono stati trattati con rituximab per il mantenimento della remissione (vedere paragrafo 5.1). Tabella 4 Reazioni avverse da farmaco verificatesi in 5% dei pazienti che hanno ricevuto rituximab come terapia di mantenimento per granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica e ad una frequenza più alta rispetto al gruppo di confronto.
Classificazione per sistemi e organi Rituximab
Reazione avversa da farmaco¹ (n=57)
Infezioni ed infestazioni
Bronchite 14%
Rinite 5%
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione
Piressia 9%
Malattia simil-influenzale 5%
Edema periferico 5%
Patologie gastrointestinali
Diarrea 7%
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche
Dispnea 9%
Traumatismo, avvelenamento e complicazioni da procedura
Reazioni correlate all’infusione² 12%
¹Gli eventi sono stati considerati reazioni avverse da farmaco soltanto dopo un’attenta valutazione e laddove risultasse almeno ragionevolmente possibile l’esistenza di un nesso causale tra il prodotto medicinale e l’evento avverso.
² Informazioni più dettagliate sulle reazioni correlate all’infusione sono fornite nel paragrafo “Descrizione di una selezione di reazioni avverse da farmaco”.
Il profilo di sicurezza complessivo è risultato coerente con quello ben definito di rituximab nelle indicazioni autoimmuni approvate, ivi incluse granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica. Nel complesso il 4% dei pazienti nel braccio trattato con rituximab ha manifestato eventi avversi che hanno comportato l’interruzione della terapia. Gli eventi avversi nel braccio trattato con rituximab erano, per la maggior parte, di intensità da lieve a moderata. Nel braccio trattato con rituximab nessun paziente ha sviluppato eventi avversi con esito fatale. Gli eventi più frequentemente segnalati e considerati reazioni avverse da farmaco sono stati infezioni e reazioni correlate all’infusione. In uno studio di sicurezza a lungo termine di tipo osservazionale, 97 pazienti affetti da granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica hanno ricevuto il trattamento con rituximab (media di 8 infusioni [range da 1 a 28]) fino a un massimo di 4 anni, a discrezione dei rispettivi medici e secondo la loro pratica abituale. Il profilo di sicurezza complessivo è risultato coerente con quello ben definito di rituximab nell’artrite reumatoide e nella granulomatosi con poliangite/poliangite microscopica, e non sono state segnalate nuove reazioni avverse da farmaco. Descrizione di una selezione di reazioni avverse da farmaco Reazioni correlate all’infusione Nello studio clinico che ha valutato l’induzione della remissione in pazienti affetti da granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica attiva di grado severo, le IRR sono state definite come qualsiasi evento avverso verificatosi entro 24 ore dall’infusione e considerato correlato all’infusione dallo sperimentatore nella popolazione studiata per la sicurezza. Dei 99 pazienti trattati con rituximab e il 12 (12%) hanno manifestato almeno una IRR. Tutte le IRR erano di grado 1 o 2 secondo CTC. L’IRR più comune comprendeva la sindrome da rilascio di citochine, vampate di calore, irritazione alla gola e tremore. rituximab è stato somministrato in associazione con glucocorticoidi per via endovenosa che possono ridurre l’incidenza e la severità di questi eventi. Nello studio clinico che ha valutato la terapia di mantenimento, 7 su 57 (12%) pazienti nel braccio trattato con rituximab hanno manifestato almeno una IRR. L’incidenza dei sintomi indicativi di IRR è risultata maggiore durante o dopo la prima infusione (9%), mentre è diminuita con le infusioni successive (< 4%). Tutti i sintomi di IRR erano di intensità lieve o moderata e sono stati riportati principalmente sotto le voci “Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche” e “Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo” della classificazione per sistemi e organi. Infezioni Nello studio clinico sull’induzione della remissione, che ha coinvolto 99 pazienti trattati con rituximab, il tasso complessivo di infezioni è stato circa 237 per 100 paziente-anno (95% IC 197-285) all’endpoint primario a 6 mesi. Le infezioni erano prevalentemente da lievi a moderate e consistevano principalmente in infezioni del tratto respiratorio, herpes zoster ed infezioni del tratto urinario. Il tasso di infezioni serie era di circa 25 per 100 paziente-anno. L’infezione grave più frequentemente segnalata nel gruppo rituximab è stata la polmonite con una frequenza del 4%. Nello studio clinico sulla terapia di mantenimento, 30 su 57 (53%) pazienti nel braccio trattato con rituximab hanno manifestato infezioni. L’incidenza di infezioni di qualsiasi grado è risultata simile tra i bracci di trattamento. Le infezioni erano prevalentemente lievi e moderate e quelle più frequentemente segnalate nel braccio trattato con rituximab includevano infezioni del tratto respiratorio superiore, gastroenterite, herpes zoster e infezioni del tratto urinario. L’incidenza di infezioni gravi è risultata simile in entrambi i gruppi di trattamento (circa 12%). L’infezione grave più frequentemente segnalata nel gruppo rituximab è stata la bronchite di intensità lieve o moderata. Neoplasie Nello studio clinico sull’induzione della remissione, l’incidenza di neoplasie nei pazienti trattati con rituximab negli studi clinici riferiti alla granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica era di 2,00 per 100 paziente-anno alla data di chiusura comune dello studio (quando l’ultimo paziente aveva completato il periodo di follow-up). Sulla base del rapporto standardizzato per l’incidenza, l’incidenza di neoplasie sembra essere simile a quanto precedentemente riportato in pazienti con vasculite ANCA associata. Reazioni avverse cardiovascolari Nello studio clinico sull’induzione della remissione, si sono verificati eventi cardiaci con un tasso di circa 273 per 100 paziente-anno (95% IC 149-470) all’endpoint primario a 6 mesi. Il tasso di eventi cardiaci seri era di 2,2 per 100 paziente-anno (95% IC 3-15). L’evento avverso segnalato più frequentemente è stata la tachicardia (4%) e la fibrillazione atriale (3%) (vedere paragrafo 4.4). Eventi neurologici Nell’ambito delle patologie autoimmuni sono stati segnalati casi di sindrome encefalopatica posteriore reversibile (PRES)-sindrome leucoencefalopatica posteriore reversibile (RPLS). Segni e sintomi includevano disturbi della vista, mal di testa, convulsioni e alterazione dello stato mentale, con o senza ipertensione associata. Una diagnosi di PRES/RPLS richiede la conferma attraverso imaging cerebrale. I casi descritti presentavano fattori di rischio noti per PRES/RPLS, tra cui la malattia di base dei pazienti, ipertensione, terapia immunosoppressiva e / o chemioterapia. Riattivazione dell’epatite B Un piccolo numero di casi di riattivazione di epatite B, alcuni ad esito fatale, sono stati segnalati in pazienti affetti da granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica in trattamento con rituximab nella fase post-marketing. Ipogammaglobulinemia In pazienti affetti da granulomatosi con poliangite e poliangite microscopica in trattamento con rituximab, è stata osservata ipogammaglobulinemia (IgA, IgG o IgM al di sotto del limite inferiore di normalità). Dopo lo sviluppo di bassi livelli di IgA, IgG o IgM non è stato osservato alcun incremento del tasso di infezioni complessive o di infezioni serie. Nello studio clinico sull’induzione della remissione, a 6 mesi, gruppo rituximab, il 27%, 58% e 51% dei pazienti con livelli normali di immunoglobuline al basale avevano bassi livelli di IgA, IgG e IgM, rispettivamente rispetto al 25%, 50% e 46% del gruppo ciclofosfamide. Nello studio clinico sulla terapia di mantenimento, non sono state osservate differenze clinicamente significative tra i due bracci di trattamento, né riduzioni dei livelli totali di immunoglobuline (IgG, IgM o IgA) per l’intera durata dello stesso. Neutropenia Nello studio clinico sull’induzione della remissione, il 24% dei pazienti nel gruppo rituximab (singolo ciclo) e il 23% dei pazienti nel gruppo ciclofosfamide hanno sviluppato neutropenia di grado 3 o superiore secondo CTC. La neutropenia non è stata associata ad un osservato incremento di infezioni serie nei pazienti trattati con rituximab.. Nello studio clinico sulla terapia di mantenimento, l’incidenza di neutropenia di qualsiasi grado è risultata pari allo 0% per i pazienti trattati con rituxiamb rispetto al 5% per i pazienti trattati con azatioprina. Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Sono stati riportati molto raramente episodi di necrolisi epidermica tossica (sindrome di Lyell) e sindrome di Stevens-Johnson, alcuni con esito fatale. Esperienza clinica nel pemfigo volgare Riassunto del profilo di sicurezza Il profilo di sicurezza di rituximab in associazione a terapia con bassa dose di glucocorticoidi a breve termine nel trattamento di pazienti con pemfigo volgare è stato valutato in uno studio clinico di fase III, randomizzato, controllato, multicentrico e in aperto, condotto su pazienti affetti da pemfigo, di cui 38 con pemfigo volgare (PV). Questi ultimi, randomizzati al gruppo rituximab, hanno ricevuto un’infusione endovenosa iniziale di 1000 mg il giorno 1 e una seconda infusione endovenosa di 1000 mg il giorno 15. La somministrazione per via endovenosa delle dosi di mantenimento da 500 mg è avvenuta al mese 12 e 18. Al momento della ricaduta i pazienti potevano essere trattati con un’infusione endovenosa di 1000 mg (vedere paragrafo 5.1). Il profilo di sicurezza di rituximab in pazienti affetti da pemfigo volgare è risultato coerente con quello osservato in pazienti affetti da artrite reumatoide e granulomatosi con poliangite/poliangite microscopica. Elenco delle reazioni avverse sotto forma di tabella Le ADR riportate nella tabella 5 rappresentano tutti gli eventi avversi che si sono verificati con un tasso 5% nei pazienti affetti da pemfigo volgare trattati con rituximab, con una differenza assoluta ≥ 2% in termini di incidenza tra il gruppo trattato con rituximab e il gruppo trattato con prednisone a dose standard fino al mese 24. Nessun paziente ha dovuto interrompere la terapia a causa di una ADR. Tabella 5 Reazioni avverse da farmaco verificatesi nei pazienti affetti da pemfigo volgare trattati con rituximab nell’ambito dello studio clinico fino al mese 24
Classificazione per sistemi e organi Rituximab + prednisone a bassa dose
Reazione avversa da farmaco (n = 38)
Traumatismo, avvelenamento e complicazioni da procedura
Reazioni correlate all’infusione* 58%
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo
Alopecia 13%
Prurito 5%
Orticaria 5%
Patologie della cute 5%
Disturbi psichiatrici
Disturbo depressivo persistente 13%
Depressione maggiore 5%
Irritabilità 5%
Infezioni ed infestazioni
Infezione da virus herpetici 8%
Herpes zoster 5%
Herpes orale 5%
Congiuntivite 5%
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione
Stanchezza 8%
Piressia 5%
Patologie del sistema nervoso
Cefalea 5%
Capogiro 5%
Patologie gastrointestinali
Dolore al quadrante addominale superiore 5%
Patologie cardiache
Tachicardia 5%
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo
Dolore muscoloscheletrico 5%
Tumori benigni, maligni e non specificati (cisti e polipi compresi)
Papilloma cutaneo 5%
* Le IRR hanno incluso i sintomi raccolti in occasione della visita successiva prevista dopo ogni infusione e gli eventi avversi verificatisi il giorno dell’infusione o un giorno dopo la stessa. I sintomi/termini preferiti associati alle IRR più frequentemente riportati hanno incluso cefalea, brividi, ipertensione, nausea, astenia e dolore.
Descrizione di una selezione di reazioni avverse Reazioni correlate all’infusione Nello studio clinico sul pemfigo volgare le reazioni correlate all’infusione (IRR) sono state comuni (58%) e quasi tutte di intensità da lieve a moderata. La percentuale di pazienti che ha manifestato una IRR è stata pari al 29% (11 pazienti), 40% (15 pazienti), 13% (5 pazienti) e 10% (4 pazienti) a seguito, rispettivamente, della prima, della seconda, della terza e della quarta infusione. Nessun paziente ha dovuto interrompere la terapia a causa di una IRR. La tipologia e la gravità dei sintomi di IRR sono risultate simili a quelle osservate nei pazienti affetti da artrite reumatoide e granulomatosi con poliangite/poliangite microscopica. Infezioni Nel gruppo rituximab 14 pazienti (37%) hanno manifestato infezioni correlate al trattamento rispetto a 15 pazienti (42%) nel gruppo prednisone a dose standard. Le infezioni più frequentemente segnalate nel gruppo rituximab sono state infezioni da herpes simplex e zoster, bronchite, infezioni del tratto urinario, infezioni fungine e congiuntivite. Tre pazienti (8%) nel gruppo rituximab hanno manifestato, in totale, 5 infezioni gravi (polmonite da Pneumocystis jirovecii, trombosi infettiva, discite intervertebrale, infezione polmonare, sepsi da Staphylococcus) e un paziente (3%) nel gruppo prednisone a dose standard ha sviluppato un’infezione grave (polmonite da Pneumocystis jirovecii). Segnalazione delle reazioni avverse sospette La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione riportato nell’Allegato V.
7. Gravidanza e allattamento
Contraccezione negli uomini e nelle donne Dato che rituximab ha un lungo tempo di ritenzione nei pazienti con deplezione di cellule B, le donne in età fertile devono usare metodi contraccettivi efficaci nel corso del trattamento e fino a 12 mesi dal completamento della terapia con rituximab. Gravidanza È noto che le immunoglobuline IgG oltrepassano la barriera placentare. I livelli di cellule B nei neonati umani in seguito a esposizione materna a rituximab non sono stati valutati nel corso degli studi clinici. Non ci sono dati adeguati e ben controllati di studi su donne in gravidanza, comunque in neonati nati da madri esposte a rituximab durante la gravidanza sono state riportate transitoria deplezione delle cellule-B e linfocitopenia. Effetti simili sono stati osservati negli studi condotti sugli animali (vedere paragrafo 5.3). Per questo motivo non si deve somministrare rituximab in donne in gravidanza ad eccezione che il possibile beneficio superi il potenziale rischio. Allattamento al seno Non è noto se rituximab sia escreto nel latte materno. Tuttavia, poiché le IgG materne sono escrete nel latte umano e il rituximab è stato rilevato nel latte di scimmie che allattano, le donne non devono allattare al seno durante il trattamento con rituximab e nei 12 mesi successivi al trattamento con rituximab. Fertilità Gli studi condotti sugli animali non hanno rivelato effetti deleteri di rituximab a carico degli organi riproduttivi.
8. Conservazione
Conservare in frigorifero (2 °C - 8 °C). Tenere il contenitore nell’imballaggio esterno per proteggere il medicinale dalla luce. Per le condizioni di conservazione dopo diluizione del medicinale, vedere paragrafo 6.3.
9. Principio attivo
Ogni flaconcino contiene 500 mg di rituximab. Ogni ml di concentrato contiene 10 mg di rituximab. Rituximab è un anticorpo monoclonale chimerico murino/umano ottenuto con tecniche di ingegneria genetica, costituito da una immunoglobulina glicosilata con le regioni costanti IgG1 di origine umana e con le sequenze della regione variabile della catena leggera e della catena pesante di origine murina. L’anticorpo viene prodotto utilizzando una coltura di cellule di mammifero in sospensione (ovariche di Hamster Cinese) e purificato con cromatografia affine e scambio ionico, incluse procedure specifiche di inattivazione e rimozione virale. Eccipienti con effetti noti: Questo medicinale contiene 263,2 mg di sodio per flaconcino da 50 mL equivalente a 13,2% dell'assunzione massima giornaliera raccomandata dall'OMS che corrisponde a 2 g di sodio per un adulto.Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
10. Eccipienti
Sodio cloruro Trisodio citrato diidrato Polisorbato 80 Acqua per preparazioni iniettabili
11. Sovradosaggio
Dagli studi clinici condotti sull’uomo è disponibile una limitata esperienza con dosi superiori a quella approvata per la formulazione endovenosa di rituximab. La più alta dose di rituximab per via endovenosa testata finora sull’uomo è 5.000 mg (2250 mg/m²), sperimentata in uno studio con aumento scalare della dose in pazienti affetti da leucemia linfatica cronica. Non sono stati identificati ulteriori segnali di sicurezza. I pazienti che manifestano sovradosaggio devono interrompere immediatamente l’infusione ed essere attentamente monitorati.Successivamente alla commercializzazione sono stati riportati cinque casi di sovradosaggio di rituximab. Tre di questi casi non hanno riportato eventi avversi. I due eventi avversi che sono stati riportati erano sintomi simil-influenzali con una dose di 1,8 g di rituximab e insufficienza respiratoria ad esito fatale con una dose da 2 g di rituximab.
Le informazioni pubblicate in questa pagina riportano informazioni farmaceutiche (Foglietto Illustrativo e Caratteristiche principali del Farmaco), sono da intendersi a solo scopo illustrativo; non intendono e non devono sostituirsi alle opinioni del medico. Per informazioni complete e sempre aggiornate su questo farmaco si consiglia di consultare il portale dell'AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco).