1. Indicazioni terapeutiche
• Ipertensione arteriosa, compresa quella di origine renale. • Angina pectoris. • Aritmie. • Intervento precoce nell’infarto miocardico acuto.
2. Posologia
Adulti Ipertensione arteriosa, compresa quella di origine renaleMezza o una compressa (50-100 mg) il giorno. Di solito il pieno effetto antipertensivo si raggiunge dopo una o due settimane di terapia. Se necessario, è possibile ottenere un’ulteriore riduzione dei valori pressori associando TENSIBLOCK con altri farmaci antipertensivi. In particolare, la somministrazione contemporanea di TENSIBLOCK con un diuretico determina un effetto antipertensivo superiore a quello prodotto dai singoli farmaci. Angina pectoris La maggior parte dei pazienti risponde alla somministrazione di una compressa (100 mg) al giorno. Aumentando la posologia non si ottiene generalmente un ulteriore beneficio. Aritmie Dopo aver controllato le aritmie con una formulazione iniettabile di atenololo, si consiglia una posologia di mantenimento per via orale di 50-100 mg/die. Intervento precoce nell’infarto miocardico acuto Il trattamento con una formulazione iniettabile di atenololo deve essere iniziato entro le 12h dall’insorgenza del dolore precordiale nell’infarto miocardico acuto. Dopo 15 minuti dall’iniezione in bolo, somministrare 50 mg di TENSIBLOCK (½ compressa) per via orale seguiti da altri 50 mg dopo 12 ore dall’iniezione. Successivamente si consiglia una terapia di mantenimento per via orale alla dose di 100 mg/die che dovrebbe essere iniziata dopo altre 12 ore. Qualora compaia bradicardia e/o ipotensione (di entità tale da richiedere un intervento terapeutico) o altri gravi effetti collaterali, TENSIBLOCK deve essere sospeso. Anziani Può rendersi necessario ridurre la posologia, particolarmente nei pazienti con compromissione della funzionalità renale. Bambini Non esistono esperienze cliniche relative all’impiego pediatrico di TENSIBLOCK; pertanto se ne sconsiglia la somministrazione ai bambini. Insufficienza renale Poiché TENSIBLOCK è escreto per via renale è necessario ridurre il dosaggio nei pazienti con grave compromissione della funzionalità renale. Non si verifica accumulo significativo di TENSIBLOCK nei pazienti che hanno una clearance della creatinina superiore a 35 ml/min/1,73m² (il limite normale è di 100-150 ml/min/1,73m²). Nei pazienti con clearance creatininica di 15-35 ml/min/1,73m² (equivalente a 3,4-6,8 mg% di creatininemia) la posologia deve essere di 50 mg al giorno o 100 mg a giorni alterni. Per i pazienti con clearance creatininica <15 ml/min/1,73m² (equivalente a 6,8 mg% di creatininemia) la posologia deve essere di 50 mg a giorni alterni o 100 mg ogni 4 giorni. Ai pazienti in emodialisi TENSIBLOCK deve essere somministrato per via orale alla dose di 50 mg dopo ogni seduta; la somministrazione deve essere effettuata in ambiente ospedaliero, in quanto possono verificarsi marcate riduzioni della pressione arteriosa.
3. Controindicazioni
Come gli altri beta-bloccanti, TENSIBLOCK non deve essere somministrato a pazienti con: ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti; bradicardia; shock cardiogeno; ipotensione; acidosi metabolica; gravi disturbi della circolazione arteriosa periferica; blocco atrioventricolare di 2° e 3° grado; malattie del nodo del seno; feocromocitoma non trattato; scompenso cardiaco non controllato da una terapia adeguata. TENSIBLOCK non deve essere associato a terapia con verapamil o diltiazem.
4. Avvertenze
Sebbene TENSIBLOCK sia controindicato nello scompenso cardiaco non controllato da una terapia adeguata (ved. paragrafo 4.3) può essere somministrato a pazienti i cui segni di insufficienza cardiaca risultino controllati e, con la dovuta cautela, a pazienti con una riserva cardiaca scarsa. Nei pazienti affetti da angina di Prinzmetal, TENSIBLOCK può aumentare il numero e la durata delle crisi anginose tramite vasocostrizione arteriosa coronarica mediata dagli alfa recettori. Tuttavia, seppur con la massima cautela, può essere considerato il suo impiego in questi pazienti, in quanto TENSIBLOCK è un beta-bloccante beta-1 selettivo. Come già indicato al nel paragrafo 4.3, TENSIBLOCK non deve essere somministrato a pazienti affetti da gravi disturbi della circolazione arteriosa periferica. Durante il suo impiego, in pazienti affetti da disordini vascolari periferici di modesta entità, si può anche verificare un aggravamento di tali disturbi. Particolare cautela nella somministrazione di TENSIBLOCK va rivolta ai pazienti con blocco atrioventricolare di 1° grado, a causa del suo effetto negativo sul tempo di conduzione. TENSIBLOCK può modificare la tachicardia indotta da ipoglicemia. TENSIBLOCK può mascherare i segni di tireotossicosi. La riduzione della frequenza cardiaca è un’azione farmacologica indotta da TENSIBLOCK. Dovrà essere considerata una riduzione del dosaggio nei rari casi in cui compaiono sintomi attribuibili all’eccessiva riduzione della frequenza cardiaca. È importante non interrompere bruscamente il trattamento con TENSIBLOCK, specialmente nei pazienti affetti da cardiopatia ischemica. Nei pazienti in terapia con TENSIBLOCK e con una storia di reazioni anafilattiche a diversi allergeni, si può verificare un aggravamento delle reazioni allergiche in occasione di ripetuti stimoli da parte dell’allergene. Questi pazienti possono non rispondere adeguatamente alle dosi di adrenalina comunemente impiegate nel trattamento delle reazioni allergiche. Nei pazienti asmatici TENSIBLOCK può indurre un aumento della resistenza delle vie respiratorie; tuttavia, seppur con la massima cautela, può essere considerato il suo impiego in questi pazienti, in quanto TENSIBLOCK è un beta-bloccante beta-1 selettivo. In caso di aumento della resistenza delle vie respiratorie, la somministrazione di TENSIBLOCK deve essere interrotta e, se necessario, deve essere instaurata una terapia con preparati broncodilatatori (come il salbutamolo).
5. Interazioni
TENSIBLOCK non deve essere somministrato a pazienti in terapia con calcio-antagonisti con effetto inotropo negativo (es. verapamil, diltiazem); è necessario che siano trascorse almeno 48 ore dalla sospensione di uno di questi farmaci prima di iniziare l’altra terapia. L’uso concomitante con diidropiridine (es. nifedipina) può aumentare il rischio di ipotensione e possono verificarsi casi di insufficienza cardiaca in pazienti con insufficienza cardiaca latente. I farmaci glicosidi-digitalici, associati ai beta-bloccanti, possono provocare un aumento del tempo di conduzione atrioventricolare. I beta-bloccanti possono aggravare il brusco rialzo dei valori pressori che può verificarsi dopo la sospensione della clonidina. Se i due farmaci vengono somministrati contemporaneamente, il beta-bloccante deve essere sospeso parecchi giorni prima di interrompere la terapia con clonidina. Se la terapia con beta-bloccante deve sostituire quella con clonidina, è necessario che l’inizio del trattamento con beta-bloccante avvenga parecchi giorni dopo l’interruzione della terapia con clonidina. Particolare cautela richiede la somministrazione di TENSIBLOCK a pazienti in trattamento con farmaci antiaritmici appartenenti alla I classe, come la disopiramide. I farmaci simpaticomimetici, come l’adrenalina, possono contrapporsi all’effetto dei beta-bloccanti se usati contemporaneamente. L’uso concomitante di farmaci inibitori la sintetasi prostaglandinica (ibuprofene, indometacina) può ridurre gli effetti ipotensivi dei beta-bloccanti. È necessario porre particolare cautela nell’uso degli agenti anestetici in pazienti trattati con TENSIBLOCK. Occorre che l’anestesista sia informato di tale terapia e, in questo caso, deve essere impiegato un agente anestetico con una minima attività inotropa negativa. L’uso dei beta-bloccanti con agenti anestetici può provocare un’attenuazione della tachicardia riflessa e aumentare il rischio di ipotensione. È da evitare l’uso di agenti anestetici che causano depressione miocardica.
6. Effetti indesiderati
Tensibloc è ben tollerato. Negli studi clinici, gli eventi indesiderati segnalati sono generalmente attribuibili alle azioni farmacologiche dell’atenololo. I seguenti effetti indesiderati, elencati per sistema corporeo, sono stati riportati con le seguenti frequenze: molto comuni (≥ 10 %), comuni (1 - 9,9%), non comuni (0,1 - 0,9%), rari (0,01% - 0,09%), molto rari (< 0,01 %) inclusi casi isolati. Disturbi cardiaci Comuni: bradicardia. Rari: deterioramento della funzionalità cardiaca; insorgenza di blocco cardiaco. Disturbi vascolari Comuni: freddo alle estremità. Rari: ipotensione posturale che può essere associata a sincope; aggravamento della claudicazione intermittente; nei pazienti sensibili fenomeno di Raynaud. Disturbi del sistema nervoso Rari: capogiri; cefalea; parestesia. Disturbi psichiatrici Non comuni: disturbi del sonno similmente a quanto riportato da altri beta-bloccanti Rari: cambiamenti dell’umore; incubi; psicosi o allucinazioni; aggravamento di sindromi nervose con depressione mentale, catatonia, confusione e turbe della memoria. Disturbi gastrointestinali Comuni: disturbi gastrointestinali Rari: secchezza delle fauci. Esami di laboratorio Comuni: aumenti dei livelli di transaminasi Molto rari: è stato osservato un incremento di anticorpi antinucleo, tuttavia non è chiara la rilevanza clinica. Disturbi epatobiliari Rari: tossicità epatica, inclusa la colestasi intraepatica. Disturbi del sangue e del sistema linfatico Rari: porpora; trombocitopenia. Disturbi della pelle e del tessuto sottocutaneo Rari: alopecia; reazioni cutanee di tipo psoriasico; aggravamento della psoriasi; rash cutaneo. Disturbi oculari Rari: secchezza agli occhi; disturbi della vista. Disturbi del sistema riproduttore e della mammella Rari: impotenza. Disturbi respiratori; toracici e del mediastino Rari: in pazienti con asma bronchiale o con una storia di problemi asmatici può verificarsi broncospasmo. Disturbi generali Comuni: affaticamento. Qualora, secondo il giudizio clinico, la qualità di vita del paziente venisse negativamente interessata dalla presenza di un qualsiasi effetto indesiderato sopraelencato, deve essere considerata la sospensione del trattamento.
7. Gravidanza e allattamento
Gravidanza TENSIBLOCK attraversa la barriera placentare e si sono riscontrati livelli ematici nel cordone ombelicale. Non sono stati effettuati studi sull’impiego di TENSIBLOCK nel 1° trimestre di gravidanza e pertanto non può essere esclusa la possibilità di un danno fetale. TENSIBLOCK è stato impiegato, sotto stretto controllo medico, per il trattamento dell’ipertensione nel 3° trimestre. L’uso di TENSIBLOCK in donne gravide, per il trattamento dell’ipertensione lieve-moderata, è stato associato a un ritardo della crescita intra-uterina. L’uso di TENSIBLOCK, in donne che sono in gravidanza o che possono iniziarla, richiede un’attenta valutazione dei benefici indotti dalla terapia rispetto ai possibili rischi, particolarmente nel 1° e 2° trimestre di gestazione. Allattamento Si riscontra un accumulo significativo di TENSIBLOCK nel latte materno. Deve essere adottata cautela quando TENSIBLOCK viene somministrato a donne che allattano. I nati da madri che hanno assunto TENSIBLOCK poco prima di partorire o durante l’allattameno possono essere a rischio di ipoglicemiae bradicardia. Bisogna porre attenzione quando TENSIBLOCK è assunto durante la gravidanza o l’allattamento.
8. Conservazione
Conservare nella confezione originale per tenerlo al riparo da luce e umidità.
9. Principio attivo
Una compressa contiene, principio attivo: atenololo 100 mg. Per gli eccipienti vedere 6.1
10. Eccipienti
Magnesio carbonato pesante, amido di mais, sodio laurilsolfato, magnesio stearato.
11. Sovradosaggio
I sintomi di sovradosaggio possono manifestarsi con bradicardia, ipotensione, insufficienza cardiaca acuta e broncospasmo. Le misure di supporto generali devono comprendere: stretta sorveglianza medica, ricovero nel reparto di terapia intensiva, lavanda gastrica, impiego di carbone attivo e di un lassativo per prevenire l’assorbimento di qualsiasi farmaco ancora presente nel tratto gastrointestinale, impiego di plasma o emoderivati per trattare l’ipotensione e lo shock. È da considerare la possibilità di utilizzare l’emodialisi o l’emoperfusione. Una spiccata bradicardia può essere corretta con 1-2 mg di atropina somministrata per via endovenosa e/o con un pace-maker cardiaco. Se necessario, a questa può far seguito una dose di 10 mg di glucagone in bolo per via endovenosa, che può essere ripetuta o seguita da 1-10 mg/h di glucagone per infusione endovenosa in funzione della risposta. Nel caso non vi fosse risposta al glucagone o questo non fosse disponibile, si ricorra a uno stimolante beta-adrenocettore come la dobutamina alla dose di 2,5-10 mcg/kg/min per infusione endovenosa. La dobutamina, per i suoi effetti inotropi positivi, potrebbe anche essere usata per trattare l’ipotensione e l’insufficienza cardiaca acuta. È probabile che queste dosi siano inadeguate per contrastare gli effetti cardiaci indotti dal beta-blocco in caso di ampio sovradosaggio. La dose di dobutamina deve essere quindi aumentata, se necessario, per ottenere la risposta desiderata sulla base delle condizioni cliniche del paziente. Il broncospasmo può generalmente essere risolto mediante la somministrazione di preparati broncodilatatori.