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Lamivudina Aur 300 mg compresse rivestite con film 30 compresse in blister pvc/aclar/al

Ultimo aggiornamento: 10 Febbraio, 2021
Tipologia:
Principio attivo:
Casa produttrice:
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Prezzo:
1. Indicazioni terapeutiche
Lamivudina Aurobindo è indicata come componente delle terapie di combinazione antiretrovirale nel trattamento di adulti e bambini con infezione da Virus dell’Immunodeficienza Umana (HIV).
2. Posologia
La terapia deve essere iniziata da un medico con esperienza nella gestione dell’infezione da HIV. Lamivudina Aurobindo può essere somministrata con o senza cibo. Al fine di garantire la somministrazione dell’intera dose, la/e compressa/e deve/ono preferibilmente essere deglutita/e senza essere rotta/e. Per i pazienti che non sono in grado di deglutire le compresse, lamivudina è disponibile in soluzione orale. In alternativa, le compresse possono essere frantumate e aggiunte ad una piccola quantità di cibo semi–solido o di liquido, il tutto deve essere assunto immediatamente (vedere paragrafo 5.2). Adulti e adolescenti di età superiore a 12 anni: la dose raccomandata di Lamivudina Aurobindo è di 300 mg al giorno. Questa può essere somministrata sia come 150 mg due volte al giorno sia come 300 mg una volta al giorno (vedere paragrafo 4.4). La compressa da 300 mg è idonea solo per la somministrazione una volta al giorno. I pazienti che intendono passare alla somministrazione una volta al giorno devono prendere 150 mg due volte al giorno e passare a 300 mg una volta al giorno la mattina seguente. Qualora si preferisca un’unica somministrazione alla sera, devono essere assunti 150 mg di Lamivudina Aurobindo solo alla prima mattina seguiti da 300 mg alla sera. Se si ritorna alle due somministrazioni giornaliere, i pazienti devono completare il trattamento giornaliero e iniziare ad assumere 150 mg due volte al giorno la mattina seguente. Bambini: Dai 3 mesi ai 12 anni di età: la dose raccomandata è di 4 mg/kg due volte al giorno fino ad un massimo di 300 mg al giorno. Bambini di età inferiore a 3 mesi: i dati disponibili sono limitati ed insufficienti per proporre specifiche raccomandazioni sulla posologia (vedere paragrafo 5.2). Compromissione renale: nei pazienti con compromissione renale da moderata a grave, le concentrazioni di lamivudina sono aumentate a causa della ridotta clearance. Pertanto la dose deve essere modificata, usando la presentazione in soluzione orale di lamivudina per i pazienti la cui clearance della creatinina è al di sotto dei 30 ml/min (vedere le tabelle). Posologia raccomandata – Adulti e adolescenti di età superiore ai 12 anni:
Clearance della creatinina (ml/min) Prima dose Dose di mantenimento
≥50 150 mg 150 mg due volte al giorno
30 – < 50 150 mg 150 mg una volta al giorno
< 30 In caso di necessità di dosi al di sotto dei 150 mg si raccomanda la soluzione orale
Non sono disponibili dati sull’uso di lamivudina nei bambini con compromissione renale. Presupponendo che la clearance della creatinina e la clearance della lamivudina siano correlate allo stesso modo nei bambini e negli adulti si raccomanda la riduzione della dose nei bambini con compromissione renale in base alla clearance della creatinina nella stesso proporzione degli adulti. Posologia raccomandata – Bambini dai 3 mesi ai 12 anni:
Clearance della creatinina (ml/min) Prima dose Dose di mantenimento
≥50 4 mg/kg 4 mg/kg due volte al giorno
30 – < 50 4 mg/kg 4 mg/kg una volta al giorno
15 < 30 4 mg/kg 2,6 mg/kg una volta al giorno
5 – < 15 4 mg/kg 1,3 mg/kg una volta al giorno
< 5 1,3 mg/kg 0,7 mg/kg una volta al giorno
Compromissione epatica: i dati ottenuti nei pazienti con compromissione epatica di grado moderato–grave mostrano che la farmacocinetica della lamivudina non è significativamente influenzata da disfunzioni epatiche. In base a tali dati, non è necessario un aggiustamento della posologia nei pazienti con compromissione epatica di grado moderato–grave se non è accompagnata da compromissione renale.
3. Controindicazioni
Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1.
4. Avvertenze
Lamivudina Aurobindo non è raccomandata per l’impiego in monoterapia. Compromissione renale: nei pazienti con compromissione renale da moderata a grave, l’emivita plasmatica terminale della lamivudina è aumentata a causa della riduzione della clearance, pertanto la dose deve essere aggiustata (vedere paragrafo 4.2). Terapia con tre nucleosidi: sono stati osservati casi di un’elevata frequenza di fallimento virologico e di comparsa di resistenza in fase precoce di trattamento quando lamivudina veniva associata sia a tenofovir disoproxil fumarato e abacavir sia a tenofovir disoproxil fumarato e didanosina, somministrati una volta al giorno. Infezioni opportunistiche: i pazienti in terapia con lamivudina, o con altri farmaci antiretrovirali, possono continuare a sviluppare infezioni opportunistiche e altre complicazioni dell’infezione da HIV, pertanto devono rimanere sotto stretta osservazione clinica da parte di medici con esperienza nel trattamento di pazienti con patologie HIV–correlate. Trasmissione dell’HIV: i pazienti devono essere informati che la terapia antiretrovirale attualmente in uso, compresa quella con lamivudina, non ha dimostrato di essere in grado di prevenire il rischio di trasmissione dell’HIV ad altri soggetti nel corso di contatti sessuali o attraverso il sangue infetto. Devono continuare ad essere prese adeguate precauzioni. Pancreatite: sono stati osservati raramente casi di pancreatite. Tuttavia non è chiaro se tali casi siano dovuti al trattamento con antiretrovirali ovvero alla patologia di base da HIV. Il trattamento con Lamivudina Aurobindo, deve essere sospeso immediatamente se compaiono segni clinici, sintomi o anomalie nei dati di laboratorio che possano essere indicativi di pancreatite. Acidosi lattica: con l’uso di analoghi nucleosidici è stata segnalata acidosi lattica di solito associata ad epatomegalia e steatosi epatica. Sintomi precoci (iperlattatemia sintomatica) includono sintomi benigni a carico dell’apparato digerente (nausea, vomito e dolore addominale), malessere non specifico, perdita di appetito, perdita di peso, sintomi respiratori (respirazione accelerata e/o profonda) o sintomi neurologici (compresa debolezza motoria). L’acidosi lattica presenta un’alta mortalità e può essere associata a pancreatite, insufficienza epatica o insufficienza renale. L’acidosi lattica è stata in genere osservata dopo un paio di mesi o più di trattamento. Il trattamento con analoghi nucleosidici deve essere interrotto in caso di comparsa di iperlattatemia sintomatica e acidosi metabolica/lattica, epatomegalia progressiva o rapido incremento dei livelli di aminotransferasi. Si deve prestare cautela nel somministrare analoghi nucleosidici a qualsiasi paziente (in particolare donne obese) con epatomegalia, epatite od altri noti fattori di rischio di patologia epatica e steatosi epatica (compresi alcuni medicinali e alcool). I pazienti con infezione concomitante da epatite C e trattati con alfa interferone e ribavirina possono essere ad alto rischio. I pazienti con aumentato rischio devono essere attentamente seguiti. Disfunzione mitocondriale: è stato dimostrato che gli analoghi nucleosidici e nucleotidici sia in vitro che in vivo causano un grado variabile di danno mitocondriale. Sono stati segnalati casi di disfunzione mitocondriale in neonati HIV–negativi esposti agli analoghi nucleosidici in utero e/o dopo la nascita. I principali eventi avversi segnalati sono disturbi ematologici (anemia, neutropenia), disturbi metabolici (iperlattatemia e iperlipasemia). Questi eventi sono spesso transitori. Sono stati segnalati disturbi neurologici a comparsa ritardata (ipertonia, convulsioni, anomalie comportamentali). Al momento non è noto se i disturbi neurologici siano transitori o permanenti. Ogni bambino esposto in utero ad analoghi nucleosidici e nucleotidici, anche i bambini HIV–negativi, deve essere sottoposto a follow–up clinico e di laboratorio e deve essere controllato a fondo per quanto riguarda una possibile disfunzione mitocondriale in caso di comparsa dei segni o sintomi relativi. Queste osservazioni non hanno effetto sulle attuali linee guida nazionali di impiego della terapia antiretrovirale nelle donne in gravidanza per prevenire la trasmissione verticale dell’HIV. Lipodistrofia: la terapia di combinazione antiretrovirale è stata associata alla ridistribuzione del grasso corporeo (lipodistrofia) in pazienti con infezione da HIV. Le conseguenze a lungo termine di questi eventi sono attualmente sconosciute. La conoscenza del meccanismo è incompleta. È stata ipotizzata una associazione tra lipomatosi viscerale e inibitori della proteasi (PIs) e lipoatrofia e inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa (NRTI’s). Un rischio maggiore di lipodistrofia è stato associato alla presenza di fattori individuali, quali l’età avanzata, e fattori legati al farmaco, come la maggior durata del trattamento antiretrovirale e dei disturbi metabolici associati. L’esame clinico deve includere la valutazione dei segni fisici di ridistribuzione del grasso. Occorre prendere in considerazione il dosaggio dei lipidi serici e della glicemia a digiuno. I disordini del metabolismo lipidico devono essere trattati in maniera clinicamente appropriata (vedere paragrafo 4.8). Sindrome da riattivazione immunitaria: in pazienti affetti da HIV con deficienza immunitaria grave al momento della istituzione della terapia di combinazione antiretrovirale (CART), può insorgere una reazione infiammatoria a patogeni opportunisti asintomatici o residuali e causare condizioni cliniche gravi, o il peggioramento dei sintomi. Tipicamente, tali reazioni sono state osservate entro le primissime settimane o mesi dall’inizio della terapia di combinazione antiretrovirale (CART). Esempi rilevanti di ciò sono le retiniti da citomegalovirus, le infezioni micobatteriche generalizzate e/o focali e la polmonite da Pneumocystis carinii. Qualsiasi sintomo infiammatorio deve essere valutato e deve essere instaurato un trattamento, se necessario. Nel setting di riattivazione immunitaria è stata riferita l’insorgenza di disturbi autoimmuni (quali la malattia di Graves); tuttavia il tempo necessario all’insorgenza è più variabile e questi eventi possono verificarsi molti mesi dopo l’inizio del trattamento. Patologia epatica: se la lamivudina viene impiegata in concomitanza per il trattamento dell’HIV e dell’HBV, nel Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP) di Zeffix sono disponibili ulteriori informazioni relative all’impiego di lamivudina nel trattamento dell’infezione da virus dell’epatite B. I pazienti con epatite cronica B o C e trattati con una terapia di combinazione antiretrovirale sono considerati ad aumentato rischio di eventi avversi epatici gravi e potenzialmente fatali. In caso di terapia antivirale concomitante per l’epatite B o C si faccia riferimento anche alle relative informazioni di tali medicinali. Se lamivudina viene sospeso nei pazienti con infezione concomitante da virus dell’epatite B, si raccomanda un controllo periodico sia dei test di funzionalità epatica sia dei marker di replicazione dell’HBV, dal momento che la sospensione della lamivudina può condurre ad una riacutizzazione dell’epatite (vedere RCP di Zeffix). I pazienti con disfunzione epatica pre–esistente, comprendente l’epatite cronica attiva, presentano una aumentata frequenza di anomalie della funzionalità epatica durante la terapia antiretrovirale di combinazione e devono essere monitorati secondo la prassi consueta. Qualora si evidenzi un peggioramento della patologia epatica in tali pazienti, si deve prendere in considerazione l’interruzione o la definitiva sospensione del trattamento (vedere paragrafo 4.8). Osteonecrosi: sebbene l’eziologia sia considerata multifattoriale (compreso l’impiego di corticosteroidi, il consumo di alcool, l’immunosoppressione grave, un più elevato indice di massa corporea), sono stati segnalati casi di osteonecrosi soprattutto nei pazienti con malattia da HIV in stadio avanzato e/o esposti per lungo tempo alla terapia di combinazione antiretrovirale (CART). I pazienti devono essere avvertiti di rivolgersi al medico in caso di comparsa di fastidi, dolore e rigidità alle articolazioni, o difficoltà nel movimento. Lamivudina Aurobindo non deve essere assunto con altri medicinali contenenti lamivudina o emtricitabina. L’associazione di lamivudina con cladribina non è raccomandata (vedere paragrafo 4.5).
5. Interazioni
Sono stati effettuati studi di interazione solo negli adulti. La probabilità di interazioni metaboliche è bassa a causa del limitato metabolismo e del basso legame con le proteine plasmatiche e della clearance renale pressoché completa. La somministrazione di trimetoprim/sulfametossazolo 160 mg/800 mg determina un aumento del 40% nella esposizione alla lamivudina dovuto al componente trimetoprim; il componente sulfametossazolo non interagisce. Tuttavia, nessuna modifica posologica della lamivudina è necessaria, a meno che il paziente non abbia compromissione renale (vedere paragrafo 4.2). La lamivudina non ha alcun effetto sulla farmacocinetica del trimetoprim o del sulfametossazolo. Quando è giustificata tale somministrazione concomitante, il paziente deve essere clinicamente monitorato. Deve essere evitata la somministrazione di lamivudina in concomitanza con alte dosi di cotrimossazolo per il trattamento della polmonite da Pneumocystis carinii (PCP) e della toxoplasmosi. Deve essere tenuta in considerazione la possibilità di interazioni con altri medicinali somministrati in concomitanza, particolarmente quando la via di eliminazione principale è la secrezione renale attiva, per mezzo del sistema di trasporto dei cationi organici, come ad esempio con trimetoprim. Altri medicinali (per es. ranitidina, cimetidina) sono eliminati solo in parte per mezzo di questo meccanismo e non hanno mostrato di interagire con la lamivudina. Gli analoghi dei nucleosidi (per es. didanosina), come la zidovudina, non sono eliminati tramite questo meccanismo ed è improbabile che interagiscano con la lamivudina. È stato osservato un modesto aumento della Cmax (28%) della zidovudina quando somministrata in associazione alla lamivudina, tuttavia l’esposizione complessiva (AUC) non risulta alterata in modo significativo. La zidovudina non ha effetti sulla farmacocinetica della lamivudina (vedere paragrafo 5.2). In vitro lamivudina inibisce la fosforilazione intracellulare della cladribina che porta a un potenziale rischio di perdita di efficacia di cladribina in caso di associazione in ambito clinico. Anche alcuni risultati clinici supportano una possibile interazione tra lamivudina e cladribina. Pertanto l’uso concomitante di lamivudina con cladribina non è raccomandato (vedere paragrafo 4.4) Il metabolismo della lamivudina non coinvolge il CYP3A, rendendo improbabili interazioni con altri medicinali metabolizzati attraverso questo sistema (per es. i PI).
6. Effetti indesiderati
Durante la terapia con lamivudina per la malattia da HIV sono stati segnalati i seguenti effetti indesiderati: Gli effetti indesiderati considerati almeno possibilmente correlati al trattamento sono elencati di seguito per sistema, classe d’organo e frequenza assoluta. Le frequenze sono definite come molto comune (≥1/10), comune (≥1/100, <1/10), non comune (≥1/1000, <1/100), raro (≥1/10.000, <1/1000), molto raro (<1/10.000). All’interno di ciascun gruppo di frequenza, gli effetti indesiderati sono presentati in ordine di gravità decrescente. Patologie del sistema emolinfopoietico Non comune: neutropenia ed anemia (entrambe occasionalmente gravi), trombocitopenia. Molto raro: aplasia eritrocitaria pura. Patologie del sistema nervoso Comune: cefalea, insonnia. Molto raro: neuropatia periferica (o parestesie). Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche Comune: tosse, sintomatologia nasale. Patologie gastrointestinali Comune: nausea, vomito, dolori o crampi addominali, diarrea. Raro: pancreatite, aumenti dell’amilasi sierica. Patologie epatobiliari Non comune: aumenti transitori degli enzimi epatici (AST, ALT). Raro: epatite. Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Comune: eruzione cutanea, alopecia. Raro: angioedema. Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo Comune: artralgia, disturbi muscolari. Raro: rabdomiolisi. Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione Comune: affaticamento, malessere, febbre. Con l’uso di analoghi nucleosidici sono stati riferiti casi di acidosi lattica, talvolta fatali, di solito associati a grave epatomegalia e steatosi epatica (vedere paragrafo 4.4). La terapia di combinazione antiretrovirale è stata associata alla ridistribuzione del grasso corporeo (lipodistrofia) nei pazienti con infezione da HIV, inclusi la perdita di grasso sottocutaneo periferico e facciale, l’aumento del grasso addominale e viscerale, l’ipertrofia mammaria e l’accumulo di grasso dorsocervicale (gobba di bufalo). La terapia di combinazione antiretrovirale è stata associata ad anormalità metaboliche come ipertrigliceridemia, ipercolesterolemia, insulino resistenza, iperglicemia e iperlattatemia (vedere paragrafo 4.4). In pazienti affetti da HIV con deficienza immunitaria grave al momento dell’inizio della terapia di combinazione antiretrovirale (CART), può insorgere una reazione infiammatoria a infezioni opportunistiche asintomatiche o residuali (vedere paragrafo 4.4). Nel setting di riattivazione immunitaria è stata riferita l’insorgenza di disturbi autoimmuni (quali la malattia di Graves); tuttavia il tempo necessario all’insorgenza è più variabile e questi eventi possono verificarsi molti mesi dopo l’inizio del trattamento (vedere paragrafo 4.4). Sono stati segnalati casi di osteonecrosi, in particolare in pazienti con fattori di rischio generalmente noti, con malattia da HIV in stadio avanzato e/o esposti per lungo tempo alla terapia di combinazione antiretrovirale (CART). La frequenza di tali casi è sconosciuta (vedere paragrafo 4.4). Segnalazione delle reazioni avverse sospette La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il Sito web: www.aifa.gov.it/content/segnalazioni–reazioni–avverse.
7. Gravidanza e allattamento
Una grande quantità di dati su donne in gravidanza (oltre 1000 esiti dopo esposizione) non indicano tossicità con malformazioni. Se necessario dal punto di vista clinico, Lamivudina Aurobindo può essere usata in gravidanza. Per le pazienti con infezione concomitante da epatite trattate con lamivudina, che successivamente entrano in gravidanza, si deve tenere in considerazione la possibilità di una recidiva di epatite alla sospensione di lamivudina. Disfunzione mitocondriale: È stato dimostrato che gli analoghi nucleosidici e nucleotidici sia in vitro che in vivo causano un grado variabile di danno mitocondriale. Sono stati segnalati casi di disfunzione mitocondriale in neonati esposti agli analoghi nucleosidici in utero e/o dopo la nascita (vedere paragrafo 4.4). Dopo somministrazione orale la lamivudina era escreta nel latte materno a concentrazioni simili a quelle ritrovate nel siero. Poiché la lamivudina ed il virus passano nel latte materno, si raccomanda che le madri in terapia con Lamivudina Aurobindo non allattino al seno i loro neonati. Si raccomanda che le donne con infezione da HIV in nessun caso allattino al seno i loro neonati, al fine di evitare la trasmissione dell’HIV.
8. Conservazione
Conservare a temperatura inferiore a 30 °C.
9. Principio attivo
Ogni compressa rivestita con film contiene 300 mg di lamivudina.Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
10. Eccipienti
Nucleo della compressa : Cellulosa microcristallina (E460) Sodio amido glicolato (Tipo A) Magnesio stearato (E572) Rivestimento della compressa : Ipromellosa (3cps) (E424) Ipromellosa (6cps) (E424) Titanio diossido (E171) Macrogol (400) Polisorbato 80 (E433) Ferro ossido nero (E172)
11. Sovradosaggio
La somministrazione di lamivudina a dosaggi particolarmente elevati negli studi di tossicità acuta nell’animale non ha dato origine ad alcuna tossicità d’organo. I dati disponibili sulle conseguenze del sovradosaggio acuto per via orale nell’uomo sono limitati. Non vi sono stati decessi e i pazienti si sono ristabiliti. Non è stato identificato alcun segno o sintomo specifico a seguito di sovradosaggio. In caso di sovradosaggio il paziente deve essere monitorato e sottoposto ad adeguato trattamento standard di supporto. Poiché la lamivudina è dializzabile, nel trattamento del sovradosaggio può essere usata l’emodialisi continua, sebbene tale pratica non sia stata studiata.
Le informazioni pubblicate in questa pagina riportano informazioni farmaceutiche (Foglietto Illustrativo e Caratteristiche principali del Farmaco), sono da intendersi a solo scopo illustrativo; non intendono e non devono sostituirsi alle opinioni del medico. Per informazioni complete e sempre aggiornate su questo farmaco si consiglia di consultare il portale dell'AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco).