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Doxorubicina Acc 2 mg/ml concentrato per soluzione per infusione 1 flaconcino in vetro da 10mg/5ml

Ultimo aggiornamento: 10 Febbraio, 2021
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1. Indicazioni terapeutiche
La doxorubicina è indicata nelle seguenti condizioni neoplastiche: • Carcinoma polmonare a piccole cellule (SCLC). • Carcinoma della mammella. • Carcinoma ovarico avanzato. • Carcinoma della vescica, in somministrazione intravescicale. • Terapia neoadiuvante ed adiuvante dell’osteosarcoma. • Sarcoma avanzato dei tessuti molli nell’adulto. • Sarcoma di Ewing. • Malattia di Hodgkin. • Linfoma non–Hodgkin. • Leucemia linfoblastica acuta. • Leucemia mieloblastica acuta. • Mieloma multiplo avanzato. • Carcinoma endometriale avanzato o ricorrente. • Tumore di Wilms. • Carcinoma tiroideo papillare/follicolare avanzato. • Carcinoma tiroideo anaplastico. • Neuroblastoma in fase avanzata. La doxorubicina è usata frequentemente nei regimi chemioterapici in combinazione con altri medicinali citotossici.
2. Posologia
La doxorubicina iniettabile deve essere somministrata soltanto sotto la supervisione di un medico qualificato esperto nella terapia citotossica. Inoltre, i pazienti devono essere monitorati frequentemente ed attentamente durante il trattamento (vedere paragrafo 4.4). A causa del rischio di cardiomiopatia, spesso fatale, prima di ogni somministrazione devono essere valutati i rischi ed i benefici per il singolo paziente. La doxorubicina viene somministrata per via endovenosa ed intravescicale e non deve essere somministrata per via orale, sottocutanea, intramuscolare o intratecale. La doxorubicina può essere somministrata per via endovenosa come bolo nell’arco di qualche minuto, come infusione breve nell’arco di un’ora al massimo oppure come infusione continua per un massimo di 96 ore. La soluzione viene somministrata attraverso cannula in infusione endovenosa di una soluzione iniettabile di 9 mg/ml di cloruro di sodio (0,9%) o di una soluzione iniettabile di 5O mg/ml di destrosio (5%) nell’arco di 2–15 minuti. Questa tecnica riduce il rischio di tromboflebite o di stravaso perivenoso che può portare a grave cellulite locale, vescicazione e necrosi tissutale. L’iniezione endovenosa diretta è sconsigliata a causa del rischio di stravaso che può avvenire anche in presenza di un adeguato ritorno del sangue mediante aspirazione con ago. Somministrazione endovenosa : Il dosaggio della doxorubicina dipende dallo schema posologico, dalle condizioni generali e dal trattamento somministrato in precedenza al paziente. Il dosaggio di doxorubicina cloridrato può variare secondo l’indicazione (tumori solidi o leucemia acuta) e secondo l’uso nel regime terapeutico specifico (in monoterapia o in combinazione con altri agenti citotossici o come parte di procedure multidisciplinari che includono chemioterapia di combinazione, intervento chirurgico e radioterapia e trattamento ormonale). Monoterapia Generalmente, il dosaggio è calcolato in base all’area di superficie corporea (mg/m²). Su questa base, quando la doxorubicina è usata in monoterapia, si consiglia una dose di 60–75 mg/m² di superficie corporea ogni tre settimane. Terapie di combinazione Quando doxorubicina cloridrato è somministrata in combinazione con altri agenti antitumorali con tossicità sovrapponibile, come ad esempio ciclofosfamide per via endovenosa a dosi elevate o composti antraciclinici correlati quali daunorubicina, idarubicina e/o epirubicina, la dose di doxorubicina deve essere ridotta a 30–60 mg/m² ogni 3–4 settimane. Nei pazienti che non possono assumere la dose piena (ad esempio, in caso di immunosoppressione, età avanzata), un dosaggio alternativo è di 15–20 mg/m² di superficie corporea alla settimana. Somministrazione intravescicale : La doxorubicina può essere somministrata mediante instillazione intravescicale per il trattamento del carcinoma superficiale della vescica o come profilassi per prevenire la ricomparsa del tumore dopo resezione transuretrale (TUR) in pazienti ad alto rischio di recidiva. La dose consigliata di doxorubicina cloridrato per il trattamento intravescicale locale dei tumori superficiali della vescica è di 30–50 mg in 25–50 ml di soluzione iniettabile di 9 mg/ml di cloruro di sodio (0,9%) per iniezione. La concentrazione ottimale è di circa 1 mg/ml. Generalmente, la soluzione deve restare nella vescica per 1–2 ore. Durante questo periodo, il paziente deve essere ruotato di 90° ogni 15 minuti. Per evitare diluzione indesiderata con le urine, il paziente non deve bere liquidi nelle 12 ore precedenti il trattamento (ciò riduce la produzione di urine a circa 50 ml/h). L’instillazione può essere ripetuta ad intervalli variabili da 1 settimana a 1 mese, a seconda del trattamento, terapeutico o profilattico. Pazienti con compromissione della funzionalità epatica Poiché doxorubicina cloridrato è escreta principalmente dal fegato e dalla bile, l’eliminazione del medicinale può essere ridotta in pazienti con funzionalità epatica compromessa o con ostruzione delle vie biliari con possibili effetti secondari gravi. I consigli generali per l’aggiustamento del dosaggio nei pazienti con funzionalità epatica compromessa sono basati sulla bilirubinemia:
Bilirubina sierica Dose consigliata
20–50 micromol/l ½ dose normale
>50 micromol/l ¼ dose normale
La doxorubicina è controindicata in pazienti con gravi alterazioni della funzionalità epatica (vedere paragrafo 4.3). Pazienti con compromissione della funzionalità renale Nei pazienti con insufficienza renale (GFR <10 ml/min) deve essere somministrato soltanto il 75% della dose prevista. Per evitare l’insorgenza di una cardiomiopatia si consiglia di non superare, nell’arco di tutta la vita, la dose totale cumulativa di doxorubicina di 450–550 mg/m² di superficie corporea (compresi i medicinali correlati come la daunorubicina). I pazienti con concomitante cardiopatia sottoposti ad irradiazione in sede mediastinica e/o cardiaca precedentemente trattati con agenti alchilanti, e i pazienti ad alto rischio (con ipertensione arteriosa da >5 anni, con pregresso danno cardiaco coronarico, valvolare o miocardico, di età superiore a 70 anni), non devono superare la dose totale massima di 400 mg/m² di superficie corporea; la funzionalità cardiaca di questi pazienti deve essere monitorata (vedere paragrafo 4.4). Dosaggio nei bambini Nei bambini può essere necessaria una riduzione della dose. Si rinvia ai protocolli di trattamento ed alla letteratura specialistica. Pazienti obesi Nei pazienti obesi potrebbe essere necessario considerare una riduzione della dose iniziale oppure intervalli di dosaggio più lunghi (vedere paragrafo 4.4).
3. Controindicazioni
Ipersensibilità al principio attivo doxorubicina cloridrato o ad uno qualsiasi degli eccipienti. Controindicazioni per la somministrazione endovenosa: • Ipersensibilità agli antracenedioni o ad altre antracicline. • Mielosoppressione marcata persistente e/o stomatite grave indotta da precedente trattamento con altri agenti citotossici e/o radiazioni. • Trattamento precedente con dosi cumulative massime di doxorubicina e/o altre antracicline (ad es. daunorubicina, epirubicina, idarubicina) e antracenedioni (vedere paragrafo 4.4). • Infezione generalizzata. • Grave compromissione della funzionalità epatica. • Gravi aritmie, scompenso cardiaco, pregresso infarto del miocardio, cardiopatia infiammatoria acuta. • Aumentata tendenza alle emorragie. • Allattamento (vedere paragrafo 4.6). Controindicazioni per la somministrazione intravescicale:• Tumori invasivi che hanno penetrato la vescica (oltre T1). • Infiammazione della vescica. • Ematuria. • Difficoltà di inserimento del catetere urinario (ad esempio, nei tumori vescicali di grandi dimensioni). • Allattamento (vedere paragrafo 4.6). • Infezioni delle vie urinarie. La doxorubicina non può essere somministrata durante la gravidanza e l’allattamento (vedere paragrafo 4.6).
4. Avvertenze
La doxorubicina iniettabi|e deve essere somministrata soltanto sotto la supervisione di un medico qualificato, esperto nella terapia con medicinali citotossici per via endovenosa o intravescicale. La doxorubicina cloridrato può potenziare la tossicità di altre terapie antitumorali. È necessario un attento controllo delle possibili complicanze cliniche, in particolare nei pazienti anziani, nei pazienti con storia di cardiopatia o con soppressione del midollo osseo, oppure in pazienti precedentemente trattati con antracicline o con irradiazione in sede mediastinica. Il trattamento iniziale con doxorubicina richiede un’attenta osservazione del paziente ed analisi di laboratorio approfonditi. Pertanto, si raccomanda il ricovero dei pazienti, almeno durante la prima fase del trattamento. La doxorubicina può causare infertilità durante il periodo di somministrazione del farmaco. Prima di iniziare il trattamento con doxorubicina, i pazienti devono riprendersi dalla tossicità acuta dovuta alla precedente terapia citotossica (ad esempio, stomatite, neutropenia, trombocitopenia ed infezioni generalizzate). Prima o durante il trattamento con doxorubicina sono consigliati i seguenti esami di monitoraggio (la frequenza di esecuzione di questi esami dipende dalle condizioni generali del paziente, dalla dose e dai medicinali concomitanti assunti): • radiografie dei polmoni e del torace, ECG; • monitoraggio regolare della funzionalità cardiaca (LVEF misurata, ad esempio, con ECG, UCG e MUGA scan); • ispezione giornaliera della cavità orale e della faringe per verificare la presenza di eventuali alterazioni della mucosa; • analisi del sangue: ematocrito, piastrine, conta differenziale dei globuli bianchi, ALT, AST, LDH, bilirubina, acido urico. Controllo per il trattamento Prima di iniziare il trattamento si consiglia di monitorare la funzionalità epatica con analisi convenzionali, quali AST, ALT, ALP e bilirubina, nonché la funzionalità renale (vedere paragrafo 4.4). Controllo della funzionalità del ventricolo sinistro La frazione di eiezione ventricolare sinistra (LVEF) deve essere controllata mediante ecografia o cardioscintigrafia per ottimizzare le condizioni cardiache del paziente. Questo controllo deve essere eseguito prima dell’inizio del trattamento e ripetuto dopo ogni dose cumulativa di circa 100 mg/m² (vedere paragrafo 4.4). Funzionalità cardiaca La cardiotossicità è un rischio del trattamento con antracicline che si può manifestare con eventi immediati (ad esempio, acuti) o tardivi (ad esempio, ritardati). Eventi immediati (ad esempio, acuti): la cardiotossicità immediata della doxorubicina consiste principalmente in tachicardia sinusale e/o alterazioni del tracciato ECG, come alterazioni non specifiche del tratto ST–T. Sono stati inoltre segnalati tachiaritmia, incluse contrazioni ventricolari premature e tachicardia ventricolare, bradicardia, blocco atrioventricolare e blocco di branca. Tali sintomi indicano solitamente una tossicità acuta e transitoria. Questi effetti di solito non prevedono lo sviluppo successivo di cardiotossicità ritardata, e in genere non sono considerati per l’interruzione del trattamento con doxorubicina. Un appiattimento ed un allargamento del complesso QRS, oltre la norma, possono indicare una cardiomiopatia indotta da doxorubicina cloridrato. Come regola generale, nei pazienti con valore normale di LVEF basale (50%), una riduzione del 10% del valore assoluto oppure una riduzione al di sotto del 50% del valore soglia indica una compromissione della funzionalità cardiaca e, in questo caso, il trattamento con doxorubicina cloridrato deve essere valutato attentamente. Eventi tardivi (ad esempio, ritardati): generalmente la cardiotossicità ritardata si sviluppa tardi nel corso del trattamento con doxorubicina o entro 2–3 mesi successivi alla interruzione del trattamento, ma sono stati anche segnalati casi di complicazioni tardive, diversi mesi o anni dopo il trattamento. La cardiomiopatia ritardata si manifesta mediante una ridotta frazione di eiezione ventricolare sinistra (LVEF) e/o segni e sintomi di scompenso cardiaco congestizio (CHF) quali dispnea, edema polmonare, edema declive, cardiomegalia, epatomegalia, oliguria, ascite, versamento pleurico e ritmo di galoppo. Sono stati inoltre segnalati effetti subacuti come pericardite/miocardite. Lo scompenso cardiaco congestizio, potenzialmente fatale, rappresenta la forma più grave di cardiomiopatia indotta da antracicline e rappresenta la tossicità che limita le dosi cumulative del farmaco. La funzionalità cardiaca deve essere valutata prima che i pazienti siano sottoposti al trattamento con doxorubicina e deve essere monitorata durante tutta la terapia per minimizzare il rischio di un grave danno cardiaco. Tale rischio può essere ridotto con un monitoraggio regolare della LVEF durante il trattamento e l’immediata interruzione di doxorubicina al comparire del primo segno di compromissione della funzionalità cardiaca. Il metodo quantitativo idoneo al controllo regolare della funzionalità cardiaca (valutazione della LVEF) è il MUGA (scintigrafia miocardica) o l’ecocardiografia. La valutazione della funzionalità cardiaca basale con ECG e MUGA scan, o ecocardiografia, è consigliata soprattutto nei pazienti con fattori di rischio per un’aumentata cardiotossicità. La valutazione ripetuta della LVEF mediante scintigrafia miocardica o ecocardiografia deve essere effettuata soprattutto con dosi cumulative elevate di antracicline. La tecnica di monitoraggio utilizzata deve essere coerente durante tutto il periodo di follow–up. La probabilità di sviluppare scompenso cardiaco congestizio, è valutata intorno all’1–2% con una dose cumulativa di 300 mg/m² e aumenta lentamente fino alla dose cumulativa totale di 450–550 mg/m². Successivamente il rischio di sviluppare scompenso cardiaco congestizio aumenta considerevolmente e, pertanto, si consiglia di non superare la dose cumulativa totale di 550 mg/m². Se il paziente presenta altri fattori di rischio potenziali per la cardiotossicità (pregressa patologia cardiovascolare, precedente terapia con altre antracicline o antracenedioni, radioterapia – precedente o concomitante – in sede mediastinica/pericardica ed uso concomitante di medicinali che sopprimono la contrattilità cardiaca (compresi ciclofosfamide e 5–fluoruracile), la cardiotossicità da doxorubicina può manifestarsi a dosi cumulative più basse e la funzionalità cardiaca deve essere monitorata attentamente. I bambini e gli adolescenti presentano un rischio aumentato di sviluppare cardiotossicità ritardata in seguito alla somministrazione di doxorubicina. Le femmine possono essere più a rischio rispetto ai maschi. Si raccomandano periodicamente valutazioni cardiache di follow–up per controllare per questo effetto. È probabile che la tossicità della doxorubicina e delle altre antracicline o antracenedioni sia additiva. Funzionalità epatica La doxorubicina viene eliminata principalmente dall’apparato epatobiliare. La bilirubina sierica totale deve essere valutata prima e durante il trattamento con doxorubicina. I pazienti con livelli di bilirubina elevati possono presentare una clearance ridotta del farmaco associata ad un aumento della tossicità complessiva. In questi pazienti, si consiglia di ridurre il dosaggio (vedere paragrafo 4.2). I pazienti affetti da grave insufficienza epatica non devono assumere doxorubicina (vedere paragrafo 4.3). Tossicità ematologica Doxorubicina può indurre mielosoppressione (vedere paragrafo 4.8). Prima e durante ogni ciclo di terapia con doxorubicina deve essere valutato il profilo ematologico, compresa la conta differenziale dei globuli bianchi. La tossicità ematologica della doxorubicina si manifesta prevalentemente con leucopenia e/o granulocitopenia (neutropenia), reversibili e dipendenti dalla dose, che rappresentano le manifestazioni più comuni di tossicità acuta dose–limitante di questo farmaco. La leucopenia e la neutropenia generalmente raggiungono il nadir solitamente tra 10 e 14 giorni dopo la somministrazione del farmaco; la conta dei globuli bianchi/neutrofili torna generalmente ai livelli normali entro il 21° giorno. Se i valori ematici non si normalizzano, è necessario considerare una riduzione della dose oppure un aumento dell’intervallo di dosaggio. Possono inoltre insorgere trombocitopenia ed anemia. Le conseguenze cliniche della mielosoppressione grave sono: febbre, infezioni, sepsi/setticemia, shock settico, emorragia, ipossia tissutale o morte. Leucemia secondaria È stata segnalata leucemia secondaria, con o senza fase preleucemica, nei pazienti trattati con antracicline (inclusa doxorubicina). La leucemia secondaria è più comune quando questi medicinali vengono somministrati in combinazione con altri agenti antineoplastici che danneggiano il DNA, quando i pazienti sono stati pesantemente pretrattati con farmaci citotossici o quando le dosi di antracicline sono state aumentate. Queste leucemie possono avere un periodo di latenza che varia da 1 a 3 anni. Somministrazione intravescicale La somministrazione intravescicale di doxorubicina può causare sintomi di cistite chimica (ad esempio, disuria, frequenza urinaria, nicturia, stranguria, ematuria, necrosi della parete vescicale). Una particolare attenzione è necessaria in presenza di problemi connessi con il catetere (ad esempio, ostruzione uretrale causata dall’invasione del tumore endovescicale). La somministrazione intravescicale è controindicata in presenza di tumori che hanno penetrato la vescica (oltre T1).La somministrazione per via intravescicale non deve essere effettuata nei pazienti affetti da tumori invasivi che hanno penetrato la parete vescicale, infezioni del tratto urinario e con condizioni infiammatorie della vescica. Controllo dell’acido urico sierico: Durante la terapia, possono verificarsi aumenti dell’acido urico sierico. In caso di iperuricemia è necessario istituire una terapia antiperuricemica. Nei pazienti con grave compromissione della funzionalità renale possono essere necessarie riduzioni della dose (vedere paragrafo 4.2). Effetti gastrointestinali Si consiglia una profilassi antiemetica. Nota: In presenza di infiammazioni, ulcerazioni o diarrea la doxorubicina non deve essere somministrata. Stravaso Un’iniezione praticata erroneamente nella zona perivenosa causa necrosi locale e tromboflebite. Una sensazione di bruciore nella zona di inserimento dell’ago da infusione è indicativa di una somministrazione perivenosa. In caso di stravaso, è necessario interrompere immediatamente l’iniezione o l’infusione; l’ago deve restare brevemente in sede e quindi deve essere rimosso dopo una breve aspirazione. In caso di stravaso, iniziare un’infusione endovenosa di dexrazoxano, non oltre le 6 ore dopo lo stravaso (per le dosi e le ulteriori informazioni, consultare l’RCP di dexrazoxano). Se dexrazoxano è controindicato, si consiglia l’applicazione topica di dimetilsulfossido (DMSO) al 99% su un’area di dimensioni doppie rispetto all’area interessata (4 gocce per 10 cm² di superficie corporea) e ripetere l’applicazione tre volte al giorno per almeno 14 giorni. Se necessario, prendere in considerazione la rimozione chirurgica dei tessuti necrotici. A causa del meccanismo antagonistico, dopo l’applicazione di DMSO (vasocostrizione vs. vasodilatazione), l’area deve essere raffreddata per ridurre il dolore. Non utilizzare DMSO nei pazienti che assumono dexrazoxano per il trattamento dello stravaso da antracicline. Altre misure riportate in letteratura sono controverse e non hanno valore certo. Radioterapia Sono stati segnalati anche casi di tossicità indotta da terapia radiante (miocardio, mucosa, cute e fegato). Una speciale attenzione si impone per i pazienti sottoposti a pregresso trattamento radioterapico e per i pazienti che ricevono radioterapia concomitante o prevedono di sottoporsi a radioterapia. In caso di somministrazione di doxorubicina cloridrato, questi pazienti sono a particolare rischio di reazioni locali nel campo radiante (fenomeno di recall da radiazione). In proposito, è stata riferita epatotossicità (danno epatico) grave ed a volte fatale. Una pregressa terapia radiante in sede mediastinica aumenta la cardiotossicità della doxorubicina. Soprattutto in questo caso non deve essere superata la dose cumulativa di 400 mg/m². Infertilità La doxorubicina può avere effetti genotossici. La doxorubicina può causare infertilità durante il periodo di somministrazione del medicinale. Nelle donne, la doxorubicina può causare amenorrea. Sebbene l’ovulazione e le mestruazioni sembrano tornare dopo la fine del trattamento, può verificarsi una menopausa precoce. Le donne devono evitare una gravidanza durante il trattamento e nei 6 mesi successivi. La doxorubicina è mutagena e può indurre un danneggiamento cromosomico negli spermatozoi umani. L’oligospermia o l’azospermia possono essere permanenti; tuttavia, in alcuni casi è stato osservato un ritorno a valori normospermici. Questo può accadere diversi anni dopo la conclusione del trattamento. Gli uomini in trattamento con doxorubicina devono fare uso di metodi contraccettivi efficaci. Inoltre, si consiglia loro di evitare di procreare durante il trattamento e nei 6 mesi successivi e di informarsi in merito alla crioconservazione (o criopreservazione) dello sperma prima dell’inizio del trattamento a causa della possibilità di infertilità irreversibile dovuta alla terapia con doxorubicina. Terapie antitumorali: La doxorubicina può potenziare la tossicità di altre terapie antitumorali. Sono stati riportati casi di esacerbazione della cistite emorragica indotta da ciclofosfamide e di aumento dell’epatotossicità della 6–mercaptopurina. Come con altri agenti citotossici, in concomitanza con l’utilizzo di doxorubicina sono stati riportati casi di tromboflebite e fenomeni tromboembolici, inclusa embolia polmonare (in alcuni casi fatale) (vedere paragrafo 4.8). Vaccini: Generalmente questo medicinale non è consigliato in combinazione con vaccini vivi e con vaccini attenuati. Deve essere evitato il contatto con le persone sottoposte di recente a vaccinazione contro la poliomielite. La somministrazione di vaccini vivi o vivi attenuati in pazienti immunocompromessi dagli agenti chemioterapici tra cui doxorubicina, può causare infezioni gravi o fatali. Possono essere somministrati vaccini uccisi o inattivati, tuttavia, la risposta a tali vaccini può essere ridotta. Altro: La clearance sistemica della doxorubicina è ridotta nei pazienti obesi (ad esempio, >130% del peso corporeo ideale) (vedere paragrafo 4.2). Sindrome da lisi tumorale La doxorubicina può determinare iperuricemia come conseguenza dell’esteso catabolismo delle purine associato alla rapida lisi delle cellule neoplastiche indotta dal farmaco ("sindrome da lisi tumorale") (vedere paragrafo 4.8). I livelli ematici di acido urico, potassio, calcio fosfato e creatinina devono essere valutati dopo l’inizio del trattamento. L’idratazione, l’alcalinizzazione delle urine e la profilassi con allopurinolo per prevenire l’iperuricemia possono minimizzare le potenziali complicanze della sindrome da lisi tumorale. Una sensazione di puntura o di bruciore nella sede di somministrazione può indicare un piccolo stravaso. In caso di stravaso presunto o accertato, sospendere l’iniezione e iniziarne un’altra in un diverso vaso sanguigno. Raffreddare l’area per 24 ore può ridurre il fastidio Il paziente deve essere sottoposto ad attento monitoraggio per alcune settimane. Potrebbero essere necessarie procedure chirurgiche. La doxorubicina cloridrato può causare una colorazione rossa delle urine. I pazienti devono essere informati che questo non costituisce alcun pericolo per la salute. La dose non deve essere ripetuta in presenza o in caso di insorgenza di soppressione midollare o di ulcerazione del cavo orale. L’ulcerazione può essere preceduta da un sintomo premonitore come una sensazione di bruciore nel cavo orale e, in tal caso, la ripetizione della dose è sconsigliata.
5. Interazioni
La cardiotossicità della doxorubicina è potenziata dalla sornministrazione, precedente o concomitante, di altre antracicline o di altri farmaci potenzialmente cardiotossici (ad esempio, 5–fluorouracile, ciclofosfamide o paclitaxel) o di medicinali che incidono sulla funzionalità cardiaca (come i calcioantagonisti). Quando doxorubicina è somministrata insieme agli agenti sopra menzionati, la funzionalità cardiaca deve essere monitorata attentamente. L’uso di trastuzumab in combinazione con le antracicline (come la doxorubicina) è associato ad un rischio cardiotossico elevato. Per il momento, il trastuzumab e le antracicline non devono essere somministrati in terapia di combinazione, salvo in studi clinici ben controllati durante i quali la funzionalità cardiaca è monitorata. La somministrazione di antracicline dopo la conclusione della terapia con trastuzumab può comportare un rischio elevato di cardiotossicità. L’emivita di trastuzumab è di circa 28–38 giorni e può persistere nel sistema circolatorio fino a 27 settimane. Se possibile, tra la fine di una terapia con trastuzumab e l’inizio della terapia con antracicline, deve essere previsto un intervallo sufficientemente lungo (fino a 27 settimane). È assolutamente necessario un attento monitoraggio della funzionalità cardiaca. L’epatotossicità della doxorubicina può essere potenziata da altre modalità di trattamento epatotossiche (ad esempio, 6–mercaptopurina). La doxorubicina è metabolizzata attraverso il citocromo P450 (CYP450) ed è un substrato per il trasportatore Pgp. La somministrazione concomitante di inibitori del CYP450 e/o della Pgp potrebbe portare ad un aumento delle concentrazioni plasmatiche di doxorubicina aumentando, pertanto, la tossicità. Invece, la somministrazione concomitante di induttori del CYP450, quali la rifampicina ed i barbiturici, potrebbe portare ad una diminuzione delle concentrazioni plasmatiche di doxorubicina e ridurne l’efficacia. La ciclosporina, un inibitore del CYP3A4 e della Pgp, aumenta l’AUC della doxorubicina e del doxorubicinolo rispettivamente del 55% e del 350%. La combinazione potrebbe richiedere un aggiustamento del dosaggio. È stato dimostrato che anche la cimetidina riduce la clearance plasmatica ed aumenta l’AUC della doxorubicina. Il paclitaxel somministrato poco prima della doxorubicina può ridurre la clearance ed aumentare le concentrazioni plasmatiche di doxorubicina. Alcuni dati suggeriscono che questa interazione è meno pronunciata quando la doxorubicina è somministrata prima del paclitaxel. I barbiturici possono accelerare la clearance plasmatica della doxorubicina, mentre la somministrazione concomitante di fenitoina può portare a livelli plasmatici inferiori di fenitoina. Concentrazioni sieriche elevate di doxorubicina sono state segnalate dopo la somministrazione concomitante di doxorubicina e ritonavir. Gli effetti tossici del trattamento con doxorubicina possono essere potenziati da una terapia di combinazione con altri citostatici (ad esempio, citarabina, cisplatino, ciclofosfamide). Nelle terapie di combinazione con citarabina possono insorgere necrosi dell’intestino crasso con emorragia massiva ed infezioni gravi. La clozapina può aumentare il rischio e la gravità della tossicità ematologica della doxorubicina. Durante la terapia con doxorubicina può insorgere nefrotossicità marcata da amfotericina B. Dato che la doxorubicina viene metabolizzata rapidamente ed è escreta in prevalenza dal sistema biliare, la somministrazione concomitante di agenti chemioterapici notoriamente epatotossici (ad esempio, mercaptopurina, metotrexato, streptozocina) potrebbe aumentare potenzialmente la tossicità della doxorubicina in seguito alla ridotta clearance epatica del farmaco. Se una terapia concomitante con farmaci epatotossici si rende assolutamente necessaria, il dosaggio della doxorubicina deve essere modificato. La doxorubicina è un potente agente radiosensibilizzante ("radiosensibilizzatore") ed i fenomeni di recall indotti dal medicinale possono essere potenzialmente letali. Qualsiasi terapia radiante, precedente, concomitante o successiva, può aumentare la cardiotossicità o l’epatotossicità della doxorubicina. Ciò vale anche per la terapia concomitante con farmaci cardiotossici o epatotossici. La doxorubicina può esacerbare la cistite emorragica indotta da una precedente terapia con ciclofosfamide. La terapia con doxorubicina può determinare un aumento dell’acido urico nel siero e, pertanto, può essere necessario un aggiustamento del dosaggio dei medicinali ipouricemizzanti. La doxorubicina può ridurre la biodisponibilità orale della digossina. Durante il trattamento con doxorubicina, i pazienti non devono essere sottoposti a vaccini attivi e, inoltre, devono evitare il contatto con persone sottoposte di recente a vaccinazione contro la poliomielite. In uno studio clinico, è stato osservato un aumento della AUC della doxorubicina del 21% quando somministrata con sorafenib 400 mg due volte al giorno. Il significato clinico di questa interazione non è noto.
6. Effetti indesiderati
Il trattamento con doxorubicina causa spesso effetti indesiderati, alcuni dei quali sono di gravità tale da richiedere un attento monitoraggio del paziente. La frequenza ed il tipo di effetti indesiderati dipendono dalla velocità di somministrazione e dal dosaggio. La soppressione midollare è un effetto indesiderato acuto e dose–limitante ma è per lo più transitorio. Le conseguenze cliniche della tossicità ematologica a carico del midollo osseo provocata dalla doxorubicina possono includere febbre, infezioni, sepsi/setticemia, shock settico, emorragie, ipossia tissutale o decesso. In quasi tutti i pazienti si osservano nausea, vomito ed alopecia. I seguenti eventi avversi sono stati riportati in associazione alla terapia con doxorubicina: Le frequenze sono definite utilizzando la seguente convenzione: Molto comune (≥1/10) Comune (da ≥1/100 a <1/10) Non comune (da ≥1/1.000 a <1/100) Rara (da ≥1/10.000 a <1/1.000) Molto rara (<1/10.000) Non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili)
  Comune Non comune Rara Non nota
Infezioni ed infestazioni Sepsi, setticemia      
Tumori benigni e maligni     Leucemia mieloide acuta secondaria se in combinazione con medicinali antineoplastici che danneggiano il DNA (Vedere paragrafo 4.4), sindrome da lisi tumorale Leucemia linfocitica acuta e leucemia mieloide acuta
Patologie del sistema emolinfopoietico Soppressione midollare, leucopenia e neutropenia     Trombocitopenia, anemia
Disturbi del sistema immunitario     Reazioni anafilattiche  
Disturbi del metabolismo e della nutrizione Anoressia Disidratazione   Iperuricemia (vedere paragrafo 4.4)
Patologie dell’occhio     Congiuntivite Cheratite e lacrimazione
Patologie cardiache Cardiomiopatia, (2%: ad esempio, riduzione della LVEF, dispnea)     Aritmia, riduzione asintomatica nella frazione di eiezione ventricolare sinistra e insufficienza cardiaca congestizia. La cardiotossicità può manifestarsi in tachicardia compresa tachicardia sopraventricolare e modificazioni dell’ECG (ad esempio tachicardia del seno, tachiaritmia, tachicardia ventricolare, bradicardia, blocco atrioventricolare e di branca). E’ raccomandato il monitoraggio di routine ECG e deve essere usata cautela nei pazienti con funzione cardiaca alterata
Patologie vascolari   Flebite   Tromboflebite; tromboembolia; vampate di calore, shock
Patologie gastrointestinali Nausea; vomito; mucosite/stomatite; diarrea Emorragia gastrointestinale, dolore addominale, ulcerazioni delle membrane mucose di bocca, faringe, esofago e tratto gastrointestinale possono manifestarsi in combinazione con citarabina; sono state segnalate ulcerazione e necrosi del colon, in particolare dell’intestino cieco (vedere paragrafo 4.5)   Esofagite, erosione gastrica, colite, iperpigmentazione della mucosa orale
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche       Broncospasmo, polmonite da radiazione
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Alopecia Prurito, reazione locale di ipersensibilità nel campo delle radiazioni (fenomeno di recall da radiazione) Orticaria, esantema, reazioni eritematose locali lungo la vena usata per l’iniezione, iperpigmentazione della cute e delle unghie, onicolisi Ipossia tissutale, eritema acrale e disestesia planto–palmare, fotosensibilità
Patologie renali e urinarie Il trattamento intravescicale può causare reazioni locali (cistite chimica) (ad esempio, disuria, frequenza urinaria, nicturia, stranguria, ematuria, necrosi della parete della vescica)     Insufficienza renale acuta,
Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella       Amenorrea, oligospermia, azospermia (vedere paragrafo 4.4)
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione     Reazioni anafilattiche, tremori, febbre, capogiri Sensazione di puntura o bruciore nella sede di somministrazione (vedere Paragrafo 4.4), Malessere/debolezza, astenia, brividi
Patologie epatobiliari       Epatotossicità, aumento transitorio degli enzimi epatici
Procedure mediche e chirurgiche       Lo stravaso può condurre a grave cellulite, vescicazione e necrosi del tessuto locale che può richiedere misure chirurgiche (inclusi gli innesti cutanei) (vedere paragrafo 4.4)
Segnalazione delle reazioni avverse sospette La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione all’indirizzo http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/responsabili.
7. Gravidanza e allattamento
Gravidanza La doxorubicina è stata rilevata nel tessuto fetale (fegato, rene, polmoni) a concentrazioni varie volte superiori alle concentrazioni nel plasma materno; ciò sta ad indicare che il medicinale attraversa la placenta. Negli studi sugli animali, la doxorubicina ha mostrato effetti embriotossici, fetotossici e teratogeni (vedere paragrafo 5.3) e si è rivelata anche altamente mutagena al test di Ames. Durante la gravidanza, i medicinali citostatici devono essere somministrati soltanto su stretta indicazione e dopo aver valutato i benefici per la madre ed i possibili rischi per il feto. Allattamento È stato osservato che la doxorubicina viene escreta nel latte materno umano. Non è possibile escludere rischi per il bambino allattato. Poiché è controindicato l’uso di doxorubicina cloridrato durante l’allattamento al seno, questo deve essere sospeso durante il trattamento con doxorubicina (vedere paragrafo 4.3). Fertilità Per ragioni di sicurezza, gli uomini che desiderano un figlio devono conservare lo sperma non esposto alla doxorubicina prima del trattamento ed evitare di procreare durante il trattamento e nei 6 mesi successivi. Le donne in età fertile devono fare uso di un contraccettivo efficace durante il trattamento e nei 6 mesi successivi al termine della terapia con doxorubicina.
8. Conservazione
Conservare in frigorifero (2°C–8°C). Tenere il flaconcino nell’imballaggio esterno per proteggere il medicinale dalla luce. Per le condizioni di conservazione del medicinale diluito, vedere paragrafo 6.3.
9. Principio attivo
1 ml contiene 2 mg di doxorubicina cloridrato Ogni flaconcino da 5 ml contiene 10 mg di doxorubicina cloridrato. Ogni flaconcino da 10 ml contiene 20 mg di doxorubicina cloridrato. Ogni flaconcino da 25 ml contiene 50 mg di doxorubicina cloridrato. Ogni flaconcino da 50 ml contiene 100 mg di doxorubicina cloridrato. Ogni flaconcino da 100 ml contiene 200 mg di doxorubicina cloridrato. Eccipiente con effetto noto: contiene 3,5 mg/ml (0,15 mmol) di sodio. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
10. Eccipienti
Cloruro di sodio Acido cloridrico (per la correzione del pH) Acqua per preparazioni iniettabili
11. Sovradosaggio
Singole dosi di 250 mg e 500 mg di doxorubicina sono risultate fatali. Il sovradosaggio acuto da doxorubicina può provocare mielosoppressione (soprattutto leucopenia e trombocitopenia), che generalmente si verifica 10–15 giorni dopo il sovradosaggio ed alterazioni cardiache acute che possono manifestarsi entro le 24 ore. Il trattamento consiste nella somministrazione endovenosa di antibiotici, nella trasfusione di granulociti e trombociti e invertire l’ostacolo della cura e nel trattamento degli effetti a carico del cuore. È necessario considerare il trasferimento del paziente in un ambiente sterile e la somministrazione di un fattore di crescita ematopoietico. Il sovradosaggio acuto da doxorubicina comporterà anche effetti tossici gastrointestinali (soprattutto mucosite). Ciò appare in genere subito dopo la somministrazione del farmaco, ma la maggior parte dei pazienti guarisce entro tre settimane.Il sovradosaggio cronico con una dose cumulativa superiore a 550 mg/m² aumenta il rischio di cardiomiopatia e può provocare scompenso cardiaco. Uno scompenso cardiaco tardivo può insorgere fino a sei mesi dopo il sovradosaggio. I pazienti devono essere osservati con attenzione e dovrebbero sorgere segni di insufficienza cardiaca, trattati secondo linee convenzionali.
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