1. Indicazioni terapeutiche
ATENIGRON è indicato nel trattamento dell’ipertensione essenziale nei pazienti in cui la pressione arteriosa non è adeguatamente controllata dalla sola monoterapia con atenololo o clortalidone.
2. Posologia
Quando clinicamente appropriato, nei pazienti in cui la pressione arteriosa non è adeguatamente controllata può essere considerato il passaggio diretto dalla monoterapia all’associazione fissa. Adulti: La dose di mantenimento abituale di Atenololo + Clortalidone 50 mg + 12,5 mg è una compressa al giorno. Per i pazienti che non rispondono in modo adeguato ad Atenololo + Clortalidone 50 mg + 12,5 mg, il dosaggio può essere aumentato a una compressa al giorno di ATENIGRON 100 mg + 25 mg. Può essere combinato, se necessario, con altri ipotensivi, ad esempio vasodilatatori. Popolazioni speciali: Uso negli anziani In questo gruppo di pazienti il dosaggio opportuno è spesso più basso. Uso nei bambini e negli adolescenti (< 18 anni) Non c’è esperienza sull’uso di ATENIGRON nei bambini e negli adolescenti. Pertanto ATENIGRON non deve essere somministrato a bambini e adolescenti. Uso nei pazienti con compromissione della funzionalità renale A causa delle proprietà del clortalidone, ATENIGRON mostra una ridotta efficacia in presenza di compromissione della funzionalità renale. Pertanto questa associazione a dose fissa non deve essere somministrata a pazienti con grave compromissione della funzionalità renale (vedere paragrafo 4.3). Uso nei pazienti con compromissione della funzionalità epatica Non sono necessari aggiustamenti posologici nei pazienti con compromissione della funzionalità epatica.
3. Controindicazioni
ATENIGRON non deve essere somministrato in pazienti che presentano una qualsiasi delle seguenti condizioni: • ipersensibilità nota all’atenololo e al clortalidone (o a derivati sulfamidici) o ad uno qualsiasi degli eccipienti • blocco cardiaco di secondo o terzo grado • malattia del nodo del seno • bradicardia • insufficienza cardiaca non controllata • shock cardiogenico • ipotensione • gravi disturbi della circolazione arteriosa periferica • grave insufficienza epatica e/o renale • acidosi metabolica • feocromocitoma non trattato • gotta manifesta • gravidanza e allattamento
4. Avvertenze
Dovute al componente beta–bloccante atenololo: • Sebbene sia controindicato nell’insufficienza cardiaca non controllata (vedere paragrafo 4.3), può essere somministrato a pazienti i cui segni di insufficienza cardiaca sono stati controllati. Si deve usare cautela in pazienti con una riserva cardiaca scarsa. • Nei pazienti affetti da angina di Prinzmetal, può aumentare il numero e la durata delle crisi anginose a causa della vasocostrizione arteriosa coronarica mediata dagli alfa recettori. L’atenololo è un beta–bloccante beta–1 selettivo; di conseguenza l’uso di ATENIGRON può essere considerato in questi pazienti seppur con la massima cautela. • Sebbene sia controindicato in caso di gravi disturbi della circolazione arteriosa periferica (vedere paragrafo 4.3), ATENIGRON può indurre un aggravamento anche dei disordini vascolari periferici di modesta entità. • A causa del suo effetto negativo sul tempo di conduzione, particolare cautela va osservata se somministrato ai pazienti con blocco cardiaco di primo grado. • Può modificare i segnali d’allerta di ipoglicemia come tachicardia, palpitazioni e sudorazione. • Può mascherare i segni cardiovascolari di tireotossicosi. • Riduce la frequenza cardiaca, quale risultato della sua azione farmacologica. Nei rari casi in cui un paziente trattato sviluppa sintomi attribuibili alla riduzione della frequenza cardiaca, la dose deve essere ridotta. • Non si deve interrompere bruscamente il trattamento nei pazienti affetti da cardiopatia ischemica. • Può causare un aggravamento delle reazioni allergiche a diversi allergeni, quando somministrato a pazienti con una storia di reazioni anafilattiche a tali allergeni. Questi pazienti possono non rispondere alle dosi abituali di adrenalina impiegate nel trattamento delle reazioni allergiche. • I pazienti affetti da malattia broncospastica non devono, in generale, ricevere betabloccanti, a causa di un aumento della resistenza delle vie aeree. L’atenololo è un beta–bloccante beta–1 selettivo; tuttavia questa selettività non è assoluta. Pertanto deve essere impiegata la più bassa dose possibile di Atenololo + Clortalidone e osservata la massima cautela. Se si manifesta un’aumentata resistenza delle vie respiratorie, la somministrazione di ATENIGRON deve essere interrotta e, se necessario, deve essere instaurata una terapia con broncodilatatori (come il salbutamolo). • Gli effetti sistemici dei beta–bloccanti orali possono essere potenziati quando usati in concomitanza con beta–bloccanti oftalmici. • Nei pazienti con feocromocitoma, ATENIGRON deve essere somministrato solo dopo il blocco dei recettori alfa. La pressione arteriosa deve essere strettamente monitorata. • È necessario esercitare cautela in caso di somministrazione concomitante di agenti anestetici con ATENIGRON. L’anestesista deve essere informato al riguardo e la scelta dell’anestetico deve ricadere su un agente con la minore attività inotropa negativa possibile. L’uso di beta–bloccanti con farmaci anestetici può comportare un’attenuazione della tachicardia riflessa ed aumentare il rischio di ipotensione. Deve essere evitato l’uso di anestetici che possono causare depressione miocardica. Dovute al componente clortalidone: • Gli elettroliti plasmatici devono essere determinati periodicamente e ad intervalli appropriati, in modo da individuare possibili squilibri elettrolitici, specialmente ipopotassiemia ed iposodiemia. • Si possono verificare ipopotassiemia ed iposodiemia. Il controllo degli elettroliti è raccomandato, specialmente nei pazienti più anziani, in quelli che assumono preparati digitalici per l’insufficienza cardiaca, nei soggetti che seguono una dieta restrittiva (a basso contenuto di potassio) o che presentano disturbi gastrointestinali. L’ipopotassiemia può predisporre ad aritmie nei pazienti che ricevono preparati digitalici. • Poiché il clortalidone può compromettere la tolleranza al glucosio, i pazienti diabetici devono essere informati del possibile aumento dei livelli di glucosio. Si raccomanda un attento monitoraggio della glicemia nella fase iniziale della terapia e nel trattamento prolungato il controllo della glucosuria deve essere fatto ad intervalli regolari. • Nei pazienti con funzione epatica compromessa o con epatopatia progressiva, alterazioni minori dell’equilibrio idroelettrolitico possono indurre coma epatico. • Può verificarsi iperuricemia. Solitamente si verifica solo un lieve aumento dell’acido urico nel siero, ma in caso di aumenti prolungati, la concomitante somministrazione di un agente uricosurico riporterà l’iperuricemia entro limiti normali. Per chi svolge attività sportiva: l’uso del farmaco senza necessità terapeutica costituisce doping e può determinare comunque positività ai test antidoping.
5. Interazioni
Dovute all’atenololo: L’uso concomitante di beta–bloccanti e calcio–antagonisti con effetto inotropo negativo come verapamil, diltiazem, può portare ad un aumento di questi effetti particolarmente nei pazienti con funzione ventricolare compromessa e/o anormalità della conduzione seno–atriale o atrioventricolare. Ciò può comportare ipotensione grave, bradicardia e insufficienza cardiaca. I beta–bloccanti non devono essere associati a terapia con calcio–antagonisti (verapamil, ecc.): è necessario che siano trascorse 48 ore dalla sospensione di uno di questi farmaci prima di iniziare l’altra terapia. I farmaci antiaritmici appartenenti alla classe I (es. disopiramide) e l’amiodarone possono potenziare l’effetto sul tempo di conduzione atriale e indurre un effetto inotropico negativo. I farmaci glicosidi digitalici, in associazione ai beta–bloccanti, possono aumentare il tempo di conduzione atrioventricolare. I beta–bloccanti possono aggravare l’ipertensione rebound che può verificarsi dopo la sospensione della clonidina. Se i due farmaci vengono somministrati contemporaneamente, il beta–bloccante deve essere sospeso parecchi giorni prima di interrompere la terapia con clonidina. Se si sostituisce la clonidina con terapia con beta–bloccante, l’inizio del trattamento con beta–bloccanti deve essere ritardato per parecchi giorni dopo che la terapia con clonidina è terminata. L’uso concomitante di agenti simpaticomimetici, come l’adrenalina, possono contrapporsi all’effetto dei beta–bloccanti. L’uso concomitante di farmaci inibitori della sintetasi prostaglandinica (es. ibuprofene, indometacina) può ridurre gli effetti ipotensivi dei beta–bloccanti. Dovute al clortalidone: Il clortalidone può ridurre la clearance renale del litio, portando all’aumento delle concentrazioni sieriche. Pertanto possono essere necessari degli aggiustamenti di dosaggio del litio. Dovute all’associazione dei due farmaci: La terapia concomitante con diidropiridine, come nifedipina, può aumentare il rischio di ipotensione, e può manifestarsi scompenso cardiaco nei pazienti con insufficienza cardiaca latente. L’uso concomitante di baclofene può aumentare l’effetto antiipertensivo, rendendo necessari aggiustamenti posologici.
6. Effetti indesiderati
Comprendono in genere: freddo alle estremità, affaticamento muscolare, bradicardia, occasionalmente disturbi del sonno. Per la presenza di clortalidone, come con altri diuretici possono manifestarsi disturbi gastrointestinali, cefalea, vertigini, ipopotassiemia, iperuricemia e ridotta tolleranza ai glicidi. In rari casi reazioni cutanee di tipo allergico, porpora trombocitopenica e alterazioni della crasi ematica. Il beta–bloccante può aggravare disturbi vascolari periferici preesistenti. ATENIGRON può indurre, per la presenza di un betabloccante, una riduzione della frequenza cardiaca: se la frequenza si riduce a valori sotto 55 battiti/minuto, è opportuno sospendere il trattamento, per riprenderlo in seguito a dosaggio inferiore. ATENIGRON in genere non provoca un innalzamento patologico della uricemia; l’eventuale iperuricemia, peraltro rara, può essere risolta con l’uso di un farmaco uricosurico o dell’allopurinolo. Negli studi clinici, le possibili reazioni avverse riportate sono generalmente attribuibili alle azioni farmacologiche dei suoi componenti. I seguenti effetti indesiderati, elencati per sistema corporeo, sono stati riportati con le seguenti frequenze: molto comune (≥10%), comune (1–9,9%), non comune (0,1–0,9%), raro (0,01– 0,09%), molto raro (<0,01%), non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili). Patologie del sistema emolinfopoietico Raro: porpora, trombocitopenia, leucopenia (correlata al clortalidone). Disturbi psichiatrici Non comune: disturbi del sonno similmente a quanto osservato con altri beta–bloccanti. Raro: cambiamenti dell’umore, incubi, confusione, psicosi e allucinazioni. Patologie del sistema nervoso Raro: capogiri, cefalea, parestesie. Patologie dell’occhio Raro: secchezza agli occhi, disturbi della vista. Patologie cardiache Comune: bradicardia. Raro: peggioramento dell’insufficienza cardiaca, precipitazione di blocco cardiaco. Patologie vascolari Comune: freddo alle estremità. Raro: ipotensione posturale che può essere associata a sincope, aggravamento della claudicatio intermittens se già presente, fenomeno di Raynaud nei pazienti suscettibili. Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche Raro: può verificarsi broncospasmo in pazienti con asma bronchiale o con una storia di problemi asmatici. Patologie gastrointestinali Comune: disturbi gastrointestinali (inclusa nausea correlata al clortalidone). Raro: secchezza della bocca. Non nota: costipazione. Patologie epatobiliari Raro: tossicità epatica inclusa colestasi intraepatica, pancreatite (correlata al clortalidone). Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Raro: alopecia, reazione cutanea psoriasiforme, aggravamento della psoriasi, eruzioni cutanee. Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella Raro: impotenza. Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione Comune: affaticamento. Patologie del sistema muscolo scheletrico e del tessuto connettivo Non nota: sindrome simil–lupoide Esami diagnostici Comune (correlate al clortalidone): iperuricemia, iposodiemia, ipopotassiemia, ridotta tolleranza al glucosio. Non comune: aumenti dei livelli di transaminasi. Molto raro: è stato osservato un incremento di ANA (Anticorpi Antinucleo), di cui tuttavia non è chiara la rilevanza clinica. La sospensione del trattamento di ATENIGRON deve essere considerata se, secondo il giudizio clinico, la qualità di vita del paziente è compromessa da uno qualsiasi degli effetti indesiderati sopraelencati. Segnalazione delle reazioni avverse sospette. La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione all’indirizzo www.agenziafarmaco.gov.it/it/responsabili.
7. Gravidanza e allattamento
Gravidanza: ATENIGRON non deve essere somministrato durante la gravidanza. Allattamento: ATENIGRON non deve essere somministrato durante l’allattamento.
8. Conservazione
Conservare a temperatura inferiore ai 25° C. Le compresse devono essere conservate nel contenitore originale per proteggerle dalla luce e dall’umidità.
9. Principio attivo
Ogni compressa contiene: Principi attivi: – Atenololo mg 100 – Clortalidone mg 25 Per gli eccipienti, vedere 6.1.
10. Eccipienti
Magnesio stearato, amido, magnesio carbonato, gelatina, sodio laurilsolfato.
11. Sovradosaggio
I sintomi di sovradosaggio possono comprendere bradicardia, ipotensione, insufficienza cardiaca acuta e broncospasmo. Le misure generali di supporto devono comprendere: stretta sorveglianza medica, ricovero nel reparto di terapia intensiva, lavanda gastrica, impiego di carbone attivo e di un lassativo per prevenire l’assorbimento di qualsiasi farmaco ancora presente nel tratto gastrointestinale, impiego di plasma o sostituti del plasma per trattare l’ipotensione e lo shock. È da considerare il possibile uso di emodialisi o emoperfusione. Una spiccata bradicardia può essere corretta con 1–2 mg di atropina somministrata per via endovenosa e/o con un pacemaker cardiaco. Se necessario, il trattamento può essere seguito da una dose in bolo di 10 mg di glucagone per via endovenosa. Se richiesto, può essere ripetuta o seguita da un’infusione endovenosa di glucagone 1–10 mg/h a seconda della risposta. Nel caso non vi fosse risposta al glucagone o questo non fosse disponibile, può essere somministrato uno stimolante beta–adrenocettore come la dobutamina alla dose di 2,5–10 mcg/kg/min per infusione endovenosa. La dobutamina, per i suoi effetti inotropi positivi, può essere usata per trattare l’ipotensione e l’insufficienza cardiaca acuta. È probabile che queste dosi siano inadeguate per contrastare gli effetti cardiaci indotti dal beta–blocco se è stato assunto un ampio sovradosaggio. La dose di dobutamina deve essere quindi aumentata, se necessario, per ottenere la risposta desiderata sulla base delle condizioni cliniche del paziente. Il broncospasmo può generalmente essere risolto mediante la somministrazione di preparati broncodilatatori. Un’eccessiva diuresi deve essere contrastata mantenendo normale il bilancio idroelettrolitico.