La steatosi epatica ed il suo corretto inquadramento sono diventate un problema emergente. Considerata fino a non molti anni fa una condizione benigna, si ritiene oggi che in una proporzione di casi la NAFLD possa assumere un decorso evolutivo, in particolare quando alla steatosi si associno infiammazione e danno epatocellulare. Questa ultima condizione è denominata “steatoepatite non alcolica (NASH: nonalcoholic steatohepatitis)” e si associa ad attivazione della fibrogenesi e può evolvere in cirrosi ed epatocarcinoma.
I rischi chela steatosi epatica potrebbe comportare sono:
La diagnosi si basa sull’utilizzo di tecniche di immagine e/o sull’esame istologico dopo esclusione di cause secondarie di steatosi. La NAFLD è definita da un eccessivo accumulo di trigliceridi nel fegato (>5%), generalmente evidenziato da un quadro di iper-riflettenza all’ecografia, in presenza di un consumo di alcol (accuratamente determinato) < 30/20 g al giorno rispettivamente per M/F.
La diagnosi di NAFLD è rafforzata dalla contemporanea presenza di alterazioni tipiche della sindrome metabolica riconducibili ad uno stato di insulino resistenza: in particolare iperglicemia, dislipidemia pro-aterogena, ipertensione arteriosa, obesità addominale. La NAFLD può essere secondaria ad una serie di cause: epatite C (genotipo 3), malattia di Wilson, farmaci (amiodarone, antiretrovirali, corticosteroidi, metotrexate, tamoxifene, valproato,…), nutrizione parenterale, patologie infiammatorie intestinali, emocromatosi, ipopituitarismo, ipotiroidismo, Celiachia, Alcool, diete molto strette.
La NAFLD comprende due condizioni patologiche distinte e con prognosi diversa: fegato grasso non alcolico (NAFL) e steatoepatite non alcolica (NASH); quest'ultima copre un ampio spettro di gravità della malattia, dalla fibrosi alla cirrosi ed al carcinoma epatocellulare (HCC). La diagnosi definitiva di NASH richiede una biopsia epatica.
La NAFLD non presenta marcatori biochimici specifici né segni clinici peculiari. La diagnosi si avvale generalmente di tecniche di imaging. L’ecografia dell’addome rappresenta la metodica di prima scelta, anche per la sua capacità di fornire informazioni supplementari sulla malattia epatica, ed ha una buona sensibilità quando il contenuto epatico di trigliceridi supera il 12%.
Il sospetto che un paziente sia portatore di NAFLD può originare da una serie di osservazioni, quali la presenza di un’ipertransaminasemia altrimenti non inquadrabile, l’esclusione di un potus superiore ai 30/20 g di alcol/die in M/F rispettivamente, la presenza di fattori di rischio. In primis la sindrome metabolica e l’insulino-resistenza, quest’ultima stimabile con l’indice HOMA [(insulinemia basale x glicemia basale)/22.5] (v.n. < 2.5), o direttamente per il riscontro ecografico occasionale di iper-riflettenza epatica.
Indagini da prescrivere nel sospetto di NAFLD.
Nel sospetto di NAFLD, le indagini che possono risultare utili ai fini diagnostici comprendono l’ecografia epatica, l’enzimologia epatica (transaminasi, gamma-GT, fosfatasi alcalina), la valutazione dei fattori di rischio (parametri costituenti la sindrome metabolica), e l’esclusione delle altre cause di epatopatia cronica.
La diagnosi di NASH è a tutt’oggi stabilita istologicamente mediante biopsia epatica. Esistono tuttavia dei fattori in grado di far sospettare un danno epatico più severo e sono l’età, la presenza di diabete tipo 2 ed elevati livelli di insulina, un indice di massa corporea elevato (>30 kg/m2 ), l’elevazione cronica delle transaminasi e la familiarità o presenza di fattori di rischio genetici (in particolare: omozigosi per variante I148M di PNPLA3). Tuttavia, una storia di normali livelli di transaminasi e normale indice di massa corporea non escludono la presenza di una NASH e soprattutto di fibrosi severa, in particolare in soggetti affetti da diabete tipo 2.
La biopsia epatica è giudicata il “gold standard” per la valutazione del grado di fibrosi epatica. Questa metodica mostra tuttavia diversi limiti come ad esempio l’invasività, il rischio di complicanze e la variabilità del campionamento. È inoltre una procedura costosa. Diverse nuove metodologie di imaging sono state pertanto proposte per la stadiazione non invasiva delle epatopatie croniche, inclusa la NAFLD. Esse sono mirate principalmente alla misurazione della rigidità epatica e quindi indirettamente dell’entità della fibrosi, tramite tecniche elastografiche, di cui le più largamente diffuse sono quelle basate sugli ultrasuoni--
Il Fibroscan possiede una buona accuratezza nella diagnosi di fibrosi avanzata e cirrosi. I valori di cut-off ottimali per la diagnosi di fibrosi avanzata e cirrosi differiscono però in base all’epatopatia di base. Per quanto riguarda la NAFLD i migliori cut-off sono risultati essere 7.0 kPa, 8.7 kPa e 10.3 kPa ad indicare rispettivamente fibrosi significativa, fibrosi avanzata e cirrosi. Bisogna tuttavia tener conto di una serie di fattori che possono favorire il rilievo di valori di stiffness falsamente elevati, ad esempio: necrosi epatica importante (incrementi maggiori degli enzimi citolitici, specialmente oltre x5), colestasi extraepatica, fegato da stasi e amiloidosi epatica. Soggetti con spazi intercostali stretti, enfisema polmonare ed ascite non sono buoni candidati al Fibroscan. Le sonde convenzionali M, normalmente utilizzate sembrano condurre ad un basso tasso di successo, probabilmente a causa dell’eccesso di grasso sottocutaneo che ostacola la propagazione delle onde ultrasonore al parenchima epatico. Lo sviluppo di sonde XL (frequenza inferiore e trasduttore più sensibile) per i pazienti in sovrappeso e S (a frequenza più elevata) per i pazienti pediatrici, sta in parte risolvendo questi problemi.
Le fasi della steatosi epatica sono quattro. Nella fase uno si parla di semplice fegato grasso, nella fase due si parla di steatoepatite non alcolica, nella fase tre si parla di fibrosi, in fine, nella fase 4 si parla di cirrosi.
La steatosi epatica colpisce:
Generalmente la steatosi epatica non comporta sintomi, alcune personepotrebbero però soffrire di:
Se si soffre di steatosi epatica è necessario modificare il proprio stile di vita, in particolar modo è consigliabile:
La gestione dei pazienti con NAFLD consiste fondamentalmente nel trattare la patologia epatica e le comorbidità associate (obesità, dislipidemia, diabete). Molti studi indicano che modificazioni dello stile di vita possano ridurre i valori di transaminasi ed il grado di steatosi. La perdita di peso ottenuta mediante dieta ipocalorica (ridotto introito di carboidrati e acidi grassi saturi, cibi raffinati, alcol ed in particolare delle bevande contenenti fruttosio, componente alimentare che più chiaramente è risultato associato con NAFLD/NASH negli studi epidemiologici) in combinazione all’esercizio fisico (lavoro aerobico e di resistenza) ed al consumo di acidi grassi polinsaturi (gli acidi grassi omega-3 interverrebbero in particolare riducendo l’infiammazione, primum movens della fibrogenesi) spesso è sufficiente a determinare una regressione/miglioramento della steatosi. Una riduzione del peso corporeo di circa 7-10% può migliorare il grado di steatosi ed influenzare positivamente l’attività necro-infiammatoria.
Un moderato consumo di alcol (< 20/30g/die nella donna e uomo rispettivamente) può non essere dannoso in assenza di NASH. Diversi studi epidemiologici indicano inoltre che il consumo di caffè possa avere un effetto protettivo sulla progressione della NAFLD e lo sviluppo di fibrosi.
Trattamento farmacologico
Premesso che non esistono al momento farmaci specifici per il trattamento della NAFLD, alcune molecole farmacologiche, comunemente utilizzate e registrate per altre indicazioni, hanno dimostrato effetti benefici nei pazienti con NAFLD/NASH. L’approccio farmacologico andrebbe riservato ai pazienti con maggiore severità di danno epatico (fibrosi avanzata). Diversi studi hanno indagato l’effetto della metformina, il principale farmaco insulino sensibilizzante utilizzato per la terapia del diabete di tipo 2, sui livelli di transaminasi e sull’istologia epatica nei pazienti con NASH. Nonostante risultati contrastanti, una recente meta-analisi ha concluso che la somministrazione di metformina, ove non altrimenti indicata per la terapia dell’iperglicemia, non provochi un miglioramento dei livelli di transaminasi o dell’istologia epatica rispetto al solo intervento sullo stile di vita. Tuttavia, è da notare che la metformina rimane il pilastro della terapia del diabete di tipo 2 e deve essere somministrata ai pazienti affetti anche da NAFLD salvo controindicazioni.
Dato che lo stress ossidativo è considerato essere un meccanismo chiave del danno epatocellulare nei soggetti con NASH, la vitamina E, un antiossidante altamente lipofilo, è stato studiato come trattamento di tale condizione. Somministrata al dosaggio di 800 UI/die migliora l’infiammazione epatica in circa un terzo degli adulti non diabetici affetti da NASH confermata istologicamente e può essere considerata come terapia di prima linea in questi pazienti. Il suo utilizzo non è raccomandato nei pazienti diabetici e nei cirrotici. Rimane tuttavia dibattuto il profilo di sicurezza di tale terapia poiché una meta-analisi di trials clinici ha riscontrato per questo dosaggio un aumento della mortalità da tutte le cause, in particolare per ictus ischemico e del rischio di carcinoma prostatico. Non andrebbe pertanto consigliata a soggetti con elevato rischio cardiovascolare, in particolare ipertensione non controllata, e con familiarità per carcinoma della prostata. Alcuni studi hanno suggerito che le statine possano migliorare i parametri biochimici e l’istologia epatica in pazienti con NASH, anche se si tratta di studi caratterizzati da piccole casistiche o non randomizzati. In realtà, nonostante la riluttanza a volte osservata nell’utilizzo di questa classe di farmaci nei pazienti con epatopatia cronica, è accertato che le statine siano sicure in questi soggetti e che non ci sia evidenza di aumentato rischio di danno epatico severo da statine in portatori di NASH/NAFLD rispetto a chi non lo sia. Esse possono pertanto essere utilizzate con sicurezza nella terapia della dislipidemia in questi pazienti. Una certa accortezza è da riservare all’utilizzo dell’atorvastatina ad elevato dosaggio, anche se studi epidemiologici hanno messo in evidenza un effetto epato-protettivo dose-dipendente delle statine in soggetti a rischio di NASH. Ulteriori studi sono tuttavia necessari per stabilire l’effettivo ruolo delle statine nell’influenzare l’istologia epatica nella NASH.