La dissociazione atrioventricolare è una condizione per cui atri e ventricoli non si attivano in modo sincronizzato, ma stimolano la contrazione cardiaca indipendentemente l'uno dall'altro.
In questo caso la frequenza ventricolare può essere uguale o differente rispetto a quella atriale.
La dissociazione atrioventricolare è un’aritmia talora transitoria (può durare pochi minuti o alcuni giorni) se invece deriva da un danno miocardico (ischemia o fibrosi) può permanere e richiedere l'impianto di un pacemaker.
La dissociazione atrioventricolare può derivare:
Condizioni che possono avviare una dissociazione atrioventricolare sono:
In genere la dissociazione atrioventricolare è sempre una conseguenza secondaria ad altra causa.
La dissociazione atrioventricolare raramente può essere asintomatica, altrimenti i sintomi principali sono:
L'elettrocardiogramma è la modalità più comunemente utilizzata per diagnosticare una dissociazione atrioventricolare. Nell'ECG “normale” la contrazione atriale determina un'onda detta P che precede sempre la figura “elettrica” della contrazione dei ventricoli chiamata QRS.
Se questo rapporto si altera e le onde P ed i QRS non si alternano regolarmente, ma si manifestano ciascuno con una frequenza differente, si parla di una dissociazione atrioventricolare.
La prognosi per una dissociazione atrioventricolare dipende dalla condizione cardiaca sottostante del paziente, cioè ogni terapia viene scelta in base alla causa che determina l'anomalia, alla condizione generale del paziente e alla gravità clinica della dissociazione.
È sempre importante riconoscere e valutare correttamente la patologia sottostante.
A livello medico la terapia consiste nel curare le cause alla base della dissociazione, monitorando da vicino i pazienti ed intervenendo, se necessario, con cure farmacologiche.
Il ricorso alla farmacoterapia è utile per ridurre la morbilità e prevenire eventuali complicanze.
Un altro intervento utile può essere la correzione degli squilibri elettrolitici del paziente, mentre solo raramente è necessario ricorrere all’innesto di un pacemaker permanente.