Cos'è la tripofobia e come si manifesta? Quali sintomi provoca in chi ne soffre e da cosa è originata?
Andiamo alla scoperta di tutto ciò che occorre sapere sulla paura dei buchi e di quali rimedi è possibile attuare per superarla.
Tripofobia: cos'è la fobia dei buchi
Con il termine tripofobia si intende la paura dei pattern di piccoli buchi o delle protuberanze.
La definizione deriva dall'unione delle parole greche trýpa (buco) ed ephóbos (paura) e, sebbene non sia riconosciuta come un vero e proprio disturbo mentale e non compaia all'interno del DSM-5, si tratta di una fobia molto comune.
Quando a questo disagio è associato un forte stato d'ansia tale da compromettere lo svolgimento di una vita serena, allora si è in presenza di una vera e propria fobia specifica, che può avere pesanti ripercussioni sulla vita della persona.
Chi soffre di questo disturbo avverte una sensazione sgradevole (che varia di intensità a seconda della gravità della tripofobia) ogni qual volta vede una sequenza di buchi o di piccoli fori posti vicini fra loro. È proprio il pattern ripetitivo che scatena la paura, la quale emerge anche qualora si entri in contatto con elementi o oggetti assolutamente innocui. Il soggetto prova un forte senso di disgusto che, talvolta, può sfociare in veri e propri attacchi di panico.
Il disagio, poi, si fa ancora più significativo se dal buco il paziente vede uscire qualcosa, come ad esempio un insetto, tuttavia questa fobia non riguarda solamente degli oggetti fisici presenti in natura, ad esempio gli alveari.
I soggetti tripofobici, infatti, provano repulsione anche le figure geometriche caratterizzate da tanti piccoli cerchi accostati. Questa fobia dei buchi vicini, quindi, si scatena in presenza di contenuti virtuali o di oggetti di uso comune, fra cui:
- le bolle di sapone
- le spugne
- i tubi cavi al centro e impilati gli uni sugli altri
- il formaggio Emmentaler
- alcuni tipi di frutto come il melograno o la fragola
- i coralli
- il soffione della doccia
- i pori della pelle
- le foglie del cavolo verza.
I sintomi della tripofobia
I sintomi legati alla tripofobia sono molto vari e dipendono dalla gravità del disturbo.
Nei casi meno gravi la persona si limita a provare una forte repulsione verso i pattern a buchi, mostrando disagio o disgusto, tuttavia possono anche verificarsi manifestazioni fisiche tipiche delle fobie specifiche. In genere esse comprendono:
- nausea
- sudorazione fredda
- tachicardia e palpitazioni
- formicolii
- mal di testa
- sensazione di soffocamento
- tremori
- bocca secca
- disturbi gastrointestinali
- brividi.
Nei casi più gravi la fobia dei buchi può provocare un attacco di panico, con profonde conseguenze sulla vita del soggetto. La tripofobia, infatti, sebbene sia stata identificata solo recentemente, colpisce in realtà un grande numero di persone e ha pesanti ripercussioni sulla quotidianità di chi ne soffre.
Per quanto riguarda l'incidenza di questa fobia, essa colpisce prevalentemente chi tende a mostrare le seguenti caratteristiche:
- alti livelli di stress
- particolare sensibilità nei confronti di alcune immagini
- particolare sensibilità nei confronti di alcune malattie, come quelle cutanee. In questo caso si manifesta una vera e propria paura dei buchi sulla pelle
- correlazione familiare, circa il 20% dei tripofobici ha almeno un famigliare che presenta lo stesso disturbo
- sesso femminile
- comparsa della fobia durante l'età adolescenziale
Le cause della tripofobia
Le cause che scatenano la fobia dei buchi vicini non sono ancora note, tuttavia secondo gli esperti è possibile che essa sia legata a una paura inconscia che risale a diversi migliaia di anni fa. È probabile, infatti, che gli uomini primitivi avessero sviluppato sentimenti di difesa nei confronti di alcuni insetti o animali velenosi, i quali si caratterizzerebbero proprio per la presenza di questo tipo di pattern sul loro corpo.
Inoltre, la costruzione da parte di alcune categorie di imenettori di nidi o di altre strutture alveolari pericolose per l'uomo, avrebbe forse indotto i nostri antenati a provare un'istintiva diffidenza nei confronti di tutto ciò che poteva richiamare alla mente il rischio di essere colpiti, punti o avvelenati.
Negli ultimi anni sono stati condotti diversi studi, fra cui uno molto importante messo a punto da Geoff Cole e Arnold Wilkins del Centre for Brain Science dell'Università dell'Essex, i quali confermano la presenza di una spiegazione biologica ed evolutiva legata alla paura dei buchi.
Le macchie e il pattern circolare che caratterizzano alcune pericolose specie di animali, infatti, avrebbero provocato negli uomini primitivi una reazione di paura talmente forte da essere poi rimasto come elemento funzionale all'evoluzione umana.
Tripofobia: un terrore atavico
Secondo un'altra teoria, invece, più che al pattern figurativo presente su alcuni animali, la paura dei buchi sarebbe causata da un innato disgusto nei confronti dei parassiti o di alcune malattie infettive (come le pustole provocate dal vaiolo, ad esempio), la cui struttura ricorderebbe al cervello la ripetizione di piccole cavità accostate le une alle altre.
La repulsione verso gli ammassi di buchi ricorda alcune patologie della pelle, non a caso gli esperti hanno notato che le persone che soffrono di tali problematiche mostrano più probabilità di sviluppare la tripofobia.
Come hanno evidenziato gli studi di Cole e Wilkins, il cervello umano associa i buchi e i fori al fatto di essere dei luoghi di interscambio: essi possono celare, infatti, dei pericoli (come degli animali) ma anche degli agenti patogeni potenzialmente pericolosi, non a caso i soggetti tripofobici considerano i fori come un veicolo di contaminazione.
Questa particolare forma di fobia assume una rilevanza ancora più significativa quando si manifesta sulla pelle. Il disgusto raggiunge il suo apice quando, a causa di una malattia, i buchi riguardano la cute. In questo caso la fobia dei buchi nella pelle può provocare reazioni molto intense.
Il timore atavico di contrarre un'infezione potenzialmente mortale è presente in moltissimi individui ed è una paura che condiziona anche il rapporto con la sessualità.
Quale cura per la tripofobia
La tripofobia appartiene al vasto campo delle fobie specifiche e il suo trattamento prevede una cura psicoterapica.
Sono diversi gli approcci che è possibile mettere in pratica per cercare di ridurre i sintomi di questo disturbo o per eliminarli completamente. In genere, il terapeuta lavora su una graduale esposizione allo stimolo fobico: sfruttando varie tecniche di rilassamento (e, nei casi più gravi, anche i farmaci), il paziente viene condotto ad avere un primo contatto con la sua fobia, con l'obiettivo di razionalizzarne l'impatto emotivo.
Buoni risultati nel trattamento della tripofobia sono stati ottenuti grazie all'applicazione della psicoterapia cognitivo-comportamentale, la quale agisce sul significato dello stimolo fobico per il paziente cercando di introdurre un senso nuovo.
Nei casi più gravi, ovvero quando sono presenti anche attacchi di panico, è possibile utilizzare dei farmaci. Fra i più comuni rientrano gli antidepressivi triciclici, le benzodiazepine, i beta-bloccanti e gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina. Ad ogni modo, è sempre necessario consultare lo specialista.