Soprattutto dopo l’esperienza alienante del lockdown da pandemia, sono emersi studi e articoli di approfondimento riguardo l’esigenza, spesso non sana, di praticare l’auto-isolamento.
Vediamo in questo articolo di cosa si tratta.
Self-isolation (auto-isolamento o isolamento sociale): ecco perché ne sentiamo il bisogno
“La differenza tra essere contenti da soli e un auto-isolamento negativo dipende dalla storia che racconti a te stesso", afferma Briana Mills, terapeuta familiare e matrimoniale specializzata in EMDR a Wondermind. "Potresti fare attività che di solito ti danno gioia, ma poi inizi a pensare: sto facendo sempre la stessa cosa ogni giorno. Non sto parlando con nessuno. Sono un fallito. Cosa c'è di sbagliato in me?"
"Molte persone oggi non hanno necessariamente la sensazione di capirsi l'un l'altra", continua la terapeuta. "Molti di noi guardiamo il mondo e pensiamo, 'Non capisco la gente', il che può portare a chiedersi, 'Come posso entrare in contatto con gli altri? Dove appartengo?' E quando queste domande non hanno risposte facili, l'isolamento può sembrare la strada più semplice."
"L'isolamento alimenta l'auto-giudizio e tutte queste distorsioni cognitive iniziano a prendere una spirale negativa", afferma Mary Houston, terapeuta psicodinamica e assistente sociale clinica. "Si comincia a pensare: 'È passato troppo tempo. Sarà strano se li contatto'. 'Non ricordo più come stare con la gente'. 'È meglio se resto per conto mio'."
Alla base di tutto ciò troviamo il loneliness loop, ossia il circolo vizioso della solitudine, un concetto ben definito dai ricercatori.
Si tratta di una sorta di profezia che si auto avvera, dove la percezione di isolamento sociale si traduce, nel tempo, in una reale esclusione.
Ecco come si articola:
- l'innesco: tutto ha inizio da eventi scatenanti che ci fanno sprofondare nella solitudine. Sentimenti di isolamento sociale, rifiuto e bassa autostima iniziano a dominarci;
- la paura di soffrire: per evitare di provare ulteriore dolore sociale, ci chiudiamo a riccio. Diventiamo più cauti nei contesti sociali, sentendoci meno sicuri di prima;
- iper vigilanza: la lente distorta: entriamo in uno stato di iper vigilanza. Come un meccanismo di difesa primordiale, tendiamo a scorgere minacce sociali ovunque, ad anticipare il peggio e a focalizzarci su ogni aspetto negativo delle interazioni sociali;
- incomprensioni e barriere: i nostri atteggiamenti cinici e diffidenti allontanano le persone. Diventa sempre più difficile per gli altri connettersi con noi;
- relazioni compromesse: le interazioni sociali si trasformano in un terreno minato, dove ogni scambio rischia di fallire. Tendiamo a ritirarci o ad accusare gli altri, creando un clima di tensione e incomprensione;
- infine, la solitudine alimenta un vortice di impotenza, ostilità, stress, pessimismo, ansia e bassa autostima. Queste emozioni negative ci riportano al punto di partenza, chiudendo il circolo della solitudine.
Questo meccanismo solitamente ha origine da eventi esterni al nostro controllo, come una storia d'amore finita male, la perdita di una persona cara, ma anche piccoli rifiuti ripetuti, problemi relazionali trascurati o una generale insoddisfazione personale.
Isolamento sociale e depressione a volte si alimentano a vicenda
Più tempo rimaniamo intrappolati in questa spirale, più è probabile che la solitudine diventi cronica. Questo malessere erode lentamente il nostro benessere fisico e mentale, esponendoci a maggiore stress, depressione, insonnia e comportamenti dannosi (abuso di cibo, alcol, sedentarietà, etc.).
Come sottolineato dal Dr. Michael Jochananov, l'isolamento sociale e la depressione sono spesso due facce della stessa medaglia. Non solo l'isolamento può essere un sintomo della depressione, ma può anche esserne una causa, creando un pattern difficile da interrompere.
La depressione spinge la persona a ritirarsi socialmente, preferendo l'isolamento a causa di sintomi come la stanchezza, la mancanza di motivazione e la bassa autostima.
L'isolamento autoimposto, a sua volta, aggrava la depressione: la mancanza di contatto con gli altri aumenta i sentimenti di solitudine, di rifiuto e di inadeguatezza, alimentando il circolo vizioso.
Questo meccanismo di feedback negativo può portare a una spirale discendente, dove la depressione e l'isolamento si intensificano a vicenda, creando un malessere sempre più profondo.
Riconoscere i segnali dell'isolamento sociale è fondamentale per intervenire; ecco alcuni dei più frequenti:
- ritiro dalle attività sociali;
- diminuzione del contatto con amici e familiari;
- perdita di interesse per hobby e attività precedentemente piacevoli;
- aumento del tempo trascorso da soli;
- sensazione di essere isolati e scollegati dagli altri.
Spezzare il circolo vizioso dell'isolamento: 5 passi per riconnettersi con gli altri
Nell’articolo di Anna Borges su Wondermind vi sono alcuni consigli per cercare di uscire dall’auto-isolamento supportati dalle due specialiste citate in precedenza, vediamoli di seguito:
Interrompere il circolo vizioso il prima possibile
"Più eviti di fare qualcosa, più grande sembra la montagna da scalare", dice Houston. "Quindi non aspettare di sentirti di nuovo entusiasta di socializzare. A volte, il semplice fatto di agire per primo può far nascere successivamente il desiderio di stare con gli altri." Questo è dovuto in parte alla magia dell'attivazione comportamentale, che è un modo elegante per dire che fare cose che ti piacciono spesso innesca sentimenti positivi, spiega la terapeuta.
Secondo Mills, è utile procedere con calma, a piccoli passi. Ad esempio, se non parli con nessuno da un po', invia un messaggio informale per dire "Sto pensando a te" o rispondi alla storia di qualcuno su Instagram invece di metterti sotto pressione per organizzare un'uscita. "Non risolverà necessariamente tutto, ma è un modo per iniziare a rompere qualsiasi schema in cui sei caduto".
Stare a contatto con le persone, anche senza dialogo
"Se normalmente te ne staresti seduto a leggere a casa, porta un libro al parco o al bar, o prendilo in biblioteca", afferma Houston.
Anche se si interagisce direttamente con le persone, la loro presenza fisica può contribuire ad attenuare la sensazione di isolamento.
Questo ragionamento vale anche per la “socialità virtuale”: si può godere della compagnia degli altri in modo "ambientale", senza dover necessariamente partecipare attivamente. Ad esempio, partecipando a un evento su Zoom tenendo la videocamera spenta.
Dai valore allo spazio di socializzazione virtuale
Attività come feste su Zoom, giochi online e videochiamate su FaceTime rappresentano opzioni eccellenti per la connessione umana, sia se si è impossibilitati a uscire di casa, sia se non si ha voglia.
Houston consiglia anche di proporre alternative che richiedano poco sforzo quando si riceve un invito che genera difficoltà e ansia.
Ad esempio, farsi una doccia, vestirsi e uscire di casa per andare al cinema potrebbe sembrare estenuante mentre si è in una spirale di isolamento, invece una serata di gruppo in cui si guarda un film a distanza può aiutare a rimanere connessi con le altre persone senza uno sforzo eccessivo.
Uscire con una persona socievole ed estroversa
"Assistere a un estroverso che si muove nel mondo e trae gioia dal parlare con gli altri può essere un buon modo per riprendere il ritmo", dice Houston, sottolineando come possa aiutare ad allenare le abilità sociali arrugginite senza la pressione di dover iniziare conversazioni per conto proprio.
Sfidare quella voce che condiziona i nostri pensieri
Entrambe le esperte hanno sottolineato come i modelli di pensiero negativi possano tenerci intrappolati in spirali di isolamento: "Se le persone volessero vedermi, mi contatterebbero loro per prime. Se esco, farò una figuraccia, quindi è meglio che rimanga a casa."
Se ci fermassimo a valutare delle risposte plausibili agli scenari catastrofici che ci vengono in mente e che ci causano ansia sociale, avremmo una risposta più razionale da parte della realtà che ci circonda.
"[…] tendiamo a concentrarci solo sugli aspetti negativi perché il nostro cervello sta cercando di proteggerci avvertendoci dei potenziali pericoli", spiega Mills. "Quindi devi ricordargli che esistono altre possibilità."
Un altro suggerimento della terapeuta è quella di ripetersi che andrà bene, che saremo in grado, in una sorta di training autogeno.
"La ragione per cui crediamo a tante cose negative su di noi è che le ripetiamo a noi stessi continuamente", afferma Mills. "Quindi è importante ricordare che puoi ripetere anche le cose positive: 'Sono degno', 'Sono forte', qualunque cosa tu senta di aver bisogno di sentire, perché alla fine inizierai a crederci davvero.