Cosa accade quando il perfezionismo diventa patologico

Anna Nascimben | Editor

Ultimo aggiornamento – 14 Gennaio, 2025

Aula studio di un'università con primo piano su una persona che studia concentrata

Il perfezionismo è un tratto caratteriale che può provocare ansia e malessere. Come fare, allora, per riconoscere il cosiddetto "perfezionismo patologico" e vivere meglio?

Approfondiamo questo argomento.

Cosa si intende per perfezionismo?

La parola "perfezionismo" indica l'atteggiamento di chi tende a pretendere da sé stesso (o dagli altri, a seconda delle specifiche tipologie di perfezionismo) il raggiungimento di un ideale qualitativo superiore alla media.

Se nel perfezionismo cosiddetto "sano", questa aspirazione riveste un ruolo positivo e funge da stimolo per migliorarsi, chi presenta i tratti tipici del perfezionismo patologico vive con angoscia il mancato raggiungimento dei suoi obiettivi e adotta un atteggiamento ipercriticante, sia nei confronti di sé stesso che degli altri.

Si tenga in considerazione, ciononostante, che alcuni eminenti autori che hanno dedicato la propria carriera scientifica allo studio del perfezionismo (ad esempio Thomas Curran) non sono d’accordo con l’esistenza di un cosiddetto perfezionismo sano: il perfezionismo rappresenta secondo tali autori un tratto caratteriale di per sé negativo.

In psicologia, secondo alcuni autoriil perfezionismo patologico (anche chiamato "clinico" o "maladattativo") è spesso correlato al disturbo ossessivo-compulsivo, di cui costituisce uno dei tratti distintivi.

Secondo Paul Hewitt e Gordon Flett, le caratteristiche tipiche dei perfezionisti sono ad esempio:

  • la presenza di standard molto alti (a volte addirittura irrealistici) e un conseguente sforzo straordinario per cercare di raggiungerli;
  • un atteggiamento ipercritico nei confronti dei propri errori e di quegli degli altri;
  • una costante autovalutazione del proprio comportamento, della propria vita, delle relazioni o del proprio aspetto fisico;

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  • una visione assolutistica dell'esistenza, in cui si raggiunge "o tutto, o nulla";
  • grande paura delle critiche;
  • convinzione che anche gli altri abbiano su di noi stessi aspettative irrealistiche.

Secondo la definizione che dà Hamacheck del perfezionismo, la differenza tra un comportamento sano e uno nevrotico risiederebbe nel fatto che, mentre nel primo gli errori vengono visti come una presenza inevitabile ma positiva, nel secondo il soggetto vive in un continuo timore di fallire e con l'idea che, se non dovesse arrivare a essere perfetto, gli altri perderebbero la stima nei suoi confronti.

Anche secondo Burns i perfezionisti clinici non si caratterizzano per una sana volontà di miglioramento, bensì per un'autostima fragile che li spinge a impostare standard sempre più alti che, se non raggiunti, diventano motivo di sconforto.

Per lo studioso, le manie di perfezionismo sono strettamente legate ad altri disturbi, come ad esempio la depressione, l'ansia, i disturbi ossessivo-compulsivi (DPOC) e i disturbi dell'alimentazione (DCA).

Come riconoscere il perfezionismo patologico

La persona normalmente perfezionista si riconosce da quella patologica per una serie di tratti caratteristici. I più comuni sono:

  • rigidità caratteriale;
  • tendenza ad abbandonare i compiti a metà per paura di fallire;
  • procrastinazione: tra i sintomi del perfezionismo patologico più frequenti vi è la procrastinazione, la quale scaturisce dall'ansia di non riuscire a portare e termine un compito in modo perfetto;
  • eccessiva preoccupazione per l'organizzazione a discapito dell'obiettivo finale da raggiungere;
  • interferenza con la capacità di portare a termine i compiti in tempi brevi;
  • estrema dedizione al lavoro e tempo libero molto ristretto;
  • tendenza all'isolamento e rifiuto verso le situazioni o i lavori di gruppo;
  • testardaggine e poca flessibilità.

Paul Hewitt e Gordon Flett hanno operato una distinzione fondamentale, distinguendo tra perfezionismo autodiretto, eterodiretto e socialmente imposto, i quali danno origine a fenomeni diversi: 

Perfezionismo autodiretto

Questa forma di perfezionismo si caratterizza per atteggiamenti estremamente severi che il soggetto si autoimpone al fine di raggiungere obiettivi irrealistici. Si accompagna spesso a sentimenti di frustrazione e a depressione.

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Perfezionismo eterodiretto

In questo caso il soggetto perfezionista impone agli altri il suo modello di perfezione, con la conseguenza che avrà spesso a che fare con relazioni personali difficili e improntate all'aggressività.

Perfezionismo socialmente imposto

Questa forma di perfezionismo è molto comune in alcune professioni estremamente specializzate e si caratterizza per l'accusa, rivolta nei confronti della società, di impostare standard di perfezione irrealistici per le persone; il soggetto, consapevole di non riuscire ad adeguarsi a queste pretese, tende a isolarsi.

Negli anni '90 Hewitt e Flett misero a punto una scala denominata PSPS (Perfectionistic Self-Presentation Scale) che ha la funzione di valutare il comportamento messo in atto dal perfezionista. 

Questo può assumere le seguenti forme:

  • l'evitamento, ovvero il soggetto evita di partecipare a situazioni o eventi in cui il suo comportamento potrebbe apparire imperfetto;
  • il nascondere le occasioni in cui non è stato perfetto;
  • l'evidenziare la propria capacità di aderire a standard molto alti autoimposti.

Le possibili cause del perfezionismo

Esistono diverse spiegazioni teoriche alla base del perfezionismo. Per Hamacheck un ruolo preponderante sarebbe giocato dai genitori che, legando il loro amore al raggiungimento di una performance e ponendo un'eccessiva enfasi sulla paura del fallimento, spingerebbero il bambino a sviluppare forme patologiche di perfezionismo.

Brownell ha invece messo in evidenza le responsabilità della società moderna nel generare ansie legate soprattutto al raggiungimento di una determinata forma fisica, mentre gli studi di Hewitt e Flett condotti negli anni '90 hanno evidenziato la presenza di una comorbilità tra il perfezionismo patologico e alcune patologie, come ad esempio la depressione, il disturbo borderline, quello schizoide e quello narcisistico.

Anche Randy Frost ha messo in luce diverse possibili cause che possono indurre una persona a sviluppare manie di perfezionismo:

  • nel caso del perfezionismo autodiretto, l'autoimposizione di standard di perfezione molto (troppo) elevati;
  • il timore esagerato nei confronti del fallimento e la paura del giudizio degli altri;
  • una forte insicurezza di sé;

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  • la continua verifica dei propri comportamenti nel tentativo di controllare che siano sufficientemente perfetti;
  • la tendenza al controllo e all'organizzazione;
  • la presenza di aspettative eccessivamente alte.

Infine, un'ultima corrente vede nel perfezionismo "sano" la conseguenza di una storia personale improntata al rinforzo positivo, mentre in quello patologico, uno sforzo maladattativo in conseguenza di rinforzi negativi.

Le conseguenze del perfezionismo patologico

Il perfezionismo patologico porta con sé numerose conseguenze negative e ricadute sul benessere mentale di chi ne soffre.

Questa tendenza psicologica, infatti, è strettamente legata al timore di non essere abbastanza bravi in qualcosa o di non riuscire ad aderire a uno standard considerato imprescindibile; spesso tale paura si accompagna all'insicurezza in sé stessi e alla sensazione di non sentirsi amati dagli altri.

Perfezionismo e ansia sono due aspetti frequentemente presenti insieme: la pressione che ci si autoimpone per essere sempre performanti, unita all'apprensione del fallimento portano il soggetto a sviluppare stress e un sentimento d'angoscia declinato in diverse sfumature.

Si tratta di un disturbo che può divenire fortemente invalidante perché va a intaccare numerosi aspetti della vita di un individuo.

Dal lavoro all'aspetto fisico, passando per i riconoscimenti materiali e per le performance legate allo studio, chi anela alla perfezione può trovare vari motivi per essere scontento di sé stesso: mitigare questa tendenza può essere un'impresa ardua, soprattutto se il perfezionismo è presente in forme gravi o se è correlato ad altri tipi di disturbo.


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Per questo motivo può essere utile iniziare un percorso con un professionista della salute mentale volto a imparare ad accettare il fallimento e a non sentirsi eccessivamente frustrati se si commette un errore.

Nel corso del lavoro terapeutico l'individuo verrà condotto in primis ariconoscere gli ambiti della sua vita toccati dal perfezionismo e a rendersi cosciente del suo peso in termini energetici e relazionali.

Il soggetto imparerà a perdonare sé stesso se non riesce a raggiungere un determinato obiettivo e a rafforzare la propria autostima, arrivando a comprendere che non è la performance l'indicatore di un'esistenza appagante e soddisfacente. 

Anna Nascimben | Editor
Scritto da Anna Nascimben | Editor

Con una formazione in Storia dell'Arte e un successivo approfondimento nello studio del Digital Marketing, mi occupo da anni di creare contenuti web. In passato ho collaborato con diversi magazine online scrivendo soprattutto di sport, vita outdoor e alimentazione, tuttavia nel corso del tempo ho sviluppato sempre più attenzione nei confronti di temi come il benessere mentale e la crescita interiore.

a cura di Dr. Alberto Galia
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