Se un bambino non si trova bene nella scuola che frequenta, è meglio trasferirlo?
Salve, mio figlio di 4 anni a settembre ha iniziato la scuola materna (mai fatto nido). Lui è intelligente, attento, solare, ma l'ultimo mese di scuola è stata una tragedia: non voleva andare, piangeva per un nonnulla mi dicevano le maestre, partecipava solo alle attività iniziali, poi era un costante "no" con disturbo molesto degli altri compagni (parole delle maestre) e per questo mi hanno convocata chiedendomi che metodo usare con lui perché le avevano provate tutte, ma dopo la merenda delle 10.15 lui non voleva più fare nulla di proposto, ma giocare con ciò che voleva e disturbare, tanto da dirmi di dover andare da uno psicologo dell'età evolutiva, aggiungendo che in un episodio aveva lanciato un camioncino e quando sgridato rideva, salvo poi aggiungere che era rimasto silenzioso per il resto della mattinata. Guardandolo giocare mi sembra che rientri nella norma, sceglie amichetti un po' più grandi, evita giochi corporei, ma adora play ground, tunnel, arrampicate e gonfiabili dove propone delle azioni da fare insieme. Nel linguaggio, è molto avanti (l'unica nota positiva riscontrata dalle maestre). Pannolino tolto a 3 anni in modo veloce, un po' più di fatica con la popò per cui ha abbandonato il vasino con più fatica. A casa, fa dispetti e non sempre ubbidisce e dei no fioccano ma se spiegate le motivazioni si attesta; è tenace e delle volte tende a prenderci per sfinimento. Quando si esce vuole sempre sapere che si fa, se in macchina dove si sta andando, è molto "descrittivo" a spasso infatti nomina gli oggetti e descrive le azioni (le persone scendono dall'autobus oppure il signore corre), è affettuoso e quando rientriamo dal lavoro, tutto emozionato, ci saluta dalla finestra e poi ci corre incontro per il corridoio. Anche in casa fa molte domande. Adesso è in un periodo di disegno e colori e preferisce questo tipo di attività, ma se proposte altre le accetta; non ama molto la tv e guarda 4 cartoni (44 gatti, bing, curiouse George e Alvin), ma se l'episodio non gli interessa chiede di spegnere. È testardo e ha iniziato a verbalizzare "io non saluto" sia a scuola che con le persone incontrate per strada. Ultimamente, non l'ha più fatto, ma prima di salutare, squadra la persona e sembra decidere se dire "ciao" o meno. Non è manesco né aggressivo fisicamente, solo delle volte quando un gioco fatto con altri non gli piace o noi diciamo un "no" urla non è giusto, non va bene così e piange e poi chiede "mi vuoi bene? mi parli?". Il ritmo sonno veglia è stato sempre ottimale, ha iniziato a camminare, senza gattonare, a 13 mesi si è alzato appoggiato al termosifone ed è partito. Tappe del linguaggio nella norma. La pediatra ha detto che non ravvisa nulla di neurologico o potenzialmente autistico, ma che noi genitori dobbiamo "premere" sull'aspetto educativo e delle regole per evitare che sviluppi un falso sé dominante. Ora, alla luce della lunghissima descrizione, ciò che mi ha terrorizzato è stato il colloquio con le maestre ed il loro "linguaggio non verbale", ad ogni mia risposta o obiezione alzavano le spalle ed hanno terminato il colloquio chiedendomi un confronto con la pediatra e una visita presso un neuropsichiatra infantile per capire "in quale classe inserirlo il prossimo anno scolastico". Da quel momento mi sono sconfortata. Che ne pensa? Ha tratti autistici? Oppositivo provocatori? Grazie.
Risposta
Buonasera,
evitando di fare una serie di commenti, suggerisco di cambiare asilo e vedere come si comporta.
Secondo me, ha a che fare con maestre molto repressive (e fanno danni irreparabili). Addirittura mi chiedo se non sia un ambiente ecclesiastico (o provengano da lì). Mi sembrano del tipo "se fai casino non ti vogliamo bene", se poi, prima dell'asilo non era cosi.
In ogni caso, sta sviluppando un comportamento un poco oppositivo. Deve essere interrotto. Se vi fate prendere per sfinimento adesso, non invidio i vostri prossimi 15 anni.
Invece, siate voi a sfinirlo: se è no, è no, e non discutete più, indifferenti alle sue urla. Dopo un po' di volte, cederà.
Risposta a cura di
Dr. Paolo Bonarrio
neuropsichiatra infantile
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