A molti, negli ultimi tempi, sarà capitato di domandarsi se sia meglio vaccinarsi contro una determinata malattia o scegliere il rischio di contrarla. Altri avranno avuto dubbi sul perché vaccinarsi per malattie che da tempo in Italia non esistono più; altri ancora saranno scettici sulla vaccinazione in sé, nutrendo dubbi sull’efficacia della procedura o sulla sua sicurezza.
Da molti decenni i vaccini tutelano la popolazione nei confronti di alcune malattie: ciò ha permesso la diminuzione epidemica di patologie gravissime (e a volte mortali) o la loro scomparsa (è il caso del vaiolo).
Tuttavia, negli ultimi tempi, una buona fetta della società ha cominciato a interessarsi strettamente al ruolo dei vaccini, interrogandosi sui loro effettivi benefici e sugli eventuali effetti collaterali da essi provocati.
Ma dove sta la verità?
Il confronto sul tema “vaccini”
Oggi più che mai, i vaccini occupano un ruolo di primo piano nel dibattito pubblico. Se ne sente molto parlare a causa di una corrente, detta anti-vaccinista (il movimento italiano, però, ha deciso di autodefinirsi “free-vax”), la quale sostiene che i vaccini siano pericolosi poiché innescherebbero malattie serie, come l’epilessia e i disturbi dello spettro autistico. Per questo motivo, molti genitori – spesso formatisi su fonti non autorevoli sull’argomento – scelgono di aderire a questo pensiero pseudoscientifico, decidendo di non vaccinare i propri figli.
Qual è la conseguenza dell’astensione dalla vaccinazione? In primo luogo, molte malattie sono tornate a diffondersi, poiché la “copertura vaccinale” diminuisce, non garantendo più la cosiddetta immunità di gruppo. Affinché sia efficace a livello territoriale, la vaccinazione deve, infatti, includere quasi sempre – come per il morbillo – il 95% della popolazione: al di sotto di questa soglia, il rischio di diffusione epidemica di una malattia aumenta.
Lo “spauracchio” delle vaccinazioni ha cominciato a circolare alcuni anni fa, quando uno studio (successivamente rivisto e smentito) aveva paventato la possibilità di una correlazione tra vaccino e autismo (Wakefield 1998). Questo studio provvisorio è però stato sufficiente a diffondere timore nella popolazione e a ingigantire anche qualche piccolo effetto collaterale che a volte può emergere dopo una vaccinazione.
Chi ha potuto constatare di persona (o attraverso la propria esperienza, o mediante quella di un familiare o di un amico vicino) la pericolosità della malattia contro cui è previsto un vaccino, tende a essere ovviamente più predisposto verso l’accettazione della pratica dei vaccini, mentre, chi non ne ha avuto mai esperienza (diretta o indiretta) sarà più facilmente suggestionabile dai racconti di eventuali reazioni post-vaccino.
La diminuita percezione del rischio riguarda molte di quelle malattie quasi inesistenti in Italia e, per questo, sottostimate: rosolia, pertosse e morbillo sono in cima alla classifica; non a tutti è noto, però, che queste malattie possono essere particolarmente pericolose – e in certi casi portare anche al decesso.
Essendosi ormai persa la memoria dei devastanti effetti che queste patologie possono provocare, si tende a pensare che la vaccinazione non sia indispensabile, anche per via dei molti racconti che collegherebbero i vaccini ad autismo ed epilessia.
Vaccini e autismo
Secondo quanto pubblicato dallo studio di Andrew Wakefield nel 1998, esisteva una correlazione tra l’insorgenza dell’autismo e il vaccino per parotite e rosolia (MPR): successivamente (grazie alla testimonianza di un suo collaboratore, Nick Chadwick, e al giornalista Brian Deer) è stato dimostrato che Wakefield, per interessi personali legati a un farmaco da lui stesso brevettato, aveva alterato di proposito i dati dello studio. Tale dimostrazione ha portato alla ritrattazione ufficiale dello studio del ’98 e alla radiazione dall’albo dei medici del dr. Wakefield.
Un secondo studio su 95.000 bambini, guidato dal Lewin Group di Anjiali Jain e teso a dimostrare se vi fosse o meno correlazione tra disturbi dello spettro autistico e vaccini, ha messo in luce che tra queste due realtà non vi è alcuna correlazione.
Vaccini ed epilessia
Tra gli effetti secondari rari e molto rari descritti dopo una vaccinazione vi sono anche le convulsioni febbrili. Occorre sottolineare come, però, le convulsioni febbrili siano tipiche di numerose manifestazioni cliniche. L’epilessia, invece, è una patologia ben distinta, che si manifesta anche ma non solo con degli attacchi convulsivi.
Non esistono studi che mettano in correlazione l’epilessia con vaccini fatti in età pediatrica. Occorre comunque ricordare che, generalmente, l’epilessia nei bambini si manifesta entro il primo anno di età – ovvero lo stesso periodo in cui a circa il 95% degli infanti viene somministrato il ciclo base vaccinale previsto dalle attuali leggi.
Ecco perché, un’eventuale insorgenza dell’epilessia viene erroneamente collegata all’esecuzione di una vaccinazione, male interpretando i rapporti di causa ed effetto. Può, invece, accadere che la vaccinazione sia ciò che smaschera la sindrome di Dravet, una forma di epilessia genetica.
Un recente studio (Pruna 2013) ha stilato alcune conclusioni in merito a eventuali correlazioni tra vaccini ed epilessia:
- I vaccini non inducono convulsioni senza febbre né epilessia.
- Non vi è alcuna correlazione tra sindromi epilettiche e vaccinazioni.
- I bambini epilettici sottoposti a vaccinazione non hanno rischi maggiori di effetti collaterali rispetto agli altri bambini.
Se dunque è falso che vi siano correlazioni tra autismo, epilessia e vaccini, ricordate invece che non vaccinare vostro figlio lo esporrà a rischi reali di contrarre malattie pericolose, le cui complicazioni potrebbero anche essere gravi e irreversibili. Informatevi sempre, dunque, prima di credere alle dicerie di chi non ne sa abbastanza!