Stanchezza, debolezza e mancanza di fiato: questi i principali sintomi dell’anemia, patologia correlata a una scarsa produzione di globuli rossi o a un’anomalia nel loro funzionamento.
Più che di anemia, è più corretto parlare dell’esistenza di vari tipi di “anemie”, ciascuno caratterizzato da diverse cause e trattamenti possibili: l’anemia da carenza di ferro rappresenta il tipo di anemia più comune mentre, al contrario, esistono varie forme piuttosto rare che colpiscono un gruppo ristretto di persone.
L’anemia da carenza di ferro
L’anemia da carenza di ferro si realizza laddove il tasso di perdita/uso del ferro è più elevato del tasso di assorbimento. I sintomi più comuni sono rappresentati da stanchezza, debolezza, ma anche tachicardia, glossite e stomatite angolare.
L’anemia da carenza di ferro è dovuta spesso a perdite ematiche molto copiose durante la mestruazione o emorragie intestinali causate da ulcera, gastrite o emorroidi, incremento delle richieste di ferro per la crescita del feto in gravidanza, accrescimenti repentini che possono verificarsi durante l’infanzia e l’adolescenza, o ancora diarrea cronica e sindromi da malassorbimento.
Per ciò che concerne le cure, questa patologia viene trattata mediante una adeguata integrazione di ferro e la risoluzione della causa scatenante la carenza.
L’anemia aplastica
Una condizione ben più rara è l’anemia aplastica, detta anche aplasia midollare, malattia del midollo osseo caratterizzata dalla pancitopenia, ovvero una riduzione al di sotto dei parametri di riferimento di globuli bianchi, globuli rossi e piastrine; in altre parole, il midollo osseo non riesce a sintetizzare le quantità necessarie di cellule ematiche, esponendo l’organismo a infezioni, emorragie ma anche aritmia e insufficienza cardiaca.
Si possono di distinguere forme ereditarie di anemia aplastica (discheratosi congenita, anemia di Fanconi e anemia di Diamond-Blackfan) e forme acquisite che possono essere, a loro volta, idiopatiche o secondarie a trattamenti di chemioterapia/radioterapia, patologie autoimmuni (lupus, artrite reumatoide, ecc.), esposizione a sostanze chimiche, quali pesticidi, arsenico e benzene, e infezioni quali epatite, HIV e virus Epstein-Barr.
I principali sintomi dell’anemia aplastica sono rappresentati da cefalea, pallore, vertigini, mancanza di respiro, tachicardia, dolore al petto e mani e piedi freddi.
La trasfusione di ferro rappresenta un possibile trattamento per l’anemia aplastica, forma di anemia rara ma grave.
L’anemia sideroblasica
Si parla poi di anemia sideroblastica quando l’organismo non riesce a sfruttare il ferro per produrre l’emoglobina, ovvero la proteina che trasporta l’ossigeno nel sangue: il ferro così si accumula e si formano globuli rossi anomali detti sideroblasti.
In particolare, le anemie sideroblastiche rappresentano un insieme di patologie correlate a difetti enzimatici che non permettono la sintesi del gruppo eme, ovvero la porzione di emoglobina capace di legare il ferro e di trasportare l’ossigeno.
In altre parole, l’emoglobina rappresenta una proteina globulare presente nei globuli rossi deputata al trasporto dell’ossigeno nel sangue.
L’anemia sideroblastica può essere ereditaria o acquisita, ovvero conseguente all’esposizione ad alcuni prodotti chimici.
In entrambi i tipi di anemia sideroblastica, i sintomi più caratteristici sono rappresentati da dolore al petto, tachicardia, ma di testa, astenia e disturbi respiratori.
Il trattamento per l’anemia sideroblastica dipende dalla causa: nelle forme acquisite, è necessaria l’eliminazione della causa scatenante. Altre possibili cure includono trattamenti con farmaci a base di acido folico e vitamina B6 e trapianto di midollo osseo o di cellule staminali.
L’anemia emolitica
L’anemia emolitica autoimmune è una patologia ematica legata alla presenza di anticorpi che agiscono contro gli eritrociti; più in particolare, questi elementi del sistema immunitario legano la membrana dei globuli rossi e, di conseguenza, ne riducono la vita media determinando un precoce distruzione mediante emolisi.
In altre parole, l’anemia emolitica autoimmune si realizza laddove il sistema immunitario attacca e distrugge gli eritrociti più rapidamente di quanto riesca a sintetizzarne di nuovi.
L’anemia emolitica autoimmune riconosce varie cause; patologie autoimmuni, come il lupus, e assunzione di farmaci, come la metildopa, possono causare questa malattia del sangue.
I sintomi di questa forma di anemia sono comuni ad altre forme di anemia e comprendono affaticamento, pallore, tachicardia, disturbi respiratori, ittero e mal di schiena.
L’anemia megaloblastica
Infine, l’anemia megaloblastica è caratterizzata da una produzione di globuli rossi che risultano anomali dal punto di vista strutturale, poiché immaturi e troppo grandi e, dunque, incapaci di legare e trasportare correttamente l’ossigeno.
L’anemia megaloblastica è causata da una carenza di vitamina B12 (cobalamina) o vitamina B9 (folato), sostanze indispensabili alla sintesi dei globuli rossi.
L’anemia megaloblastica, detta anche anemia perniciosa, può risultare asintomatica o può presentare sintomi comuni alle altre forme di anemia, quali vertigini, stanchezza, diarrea, nausea, tachicardia, debolezza, pallore e disturbi respiratori.
L’anemia megaloblastica viene trattata mediante l’integrazione di vitamina B12 e di vitamina B9.
Diagnosticare l’anemia: quando la diagnosi è “fai da te”
L’anemia, in tutte le sue varianti, è una patologia a volte “silenziosa”, che tende a palesarsi esplicitamente quando è nel suo picco, con i sintomi sopra descritti.
Importante, dunque, è prestare attenzione a ogni singolo campanello d’allarme e rivolgersi a uno specialista per effettuare gli esami di routine, ovvero:
- esami biochimici: sideremia, transferrina, ferritina, zinco-protoporfirina, recettore solubile della transferrina;
- esami ematologici: morfologia del sangue periferico, indici eritrocitari, indici reticolocitari.
I risultati consentiranno al medico di valutare l’origine dell’anemia, trovando le soluzioni terapeutiche più adatte al caso.
Ma non solo: è anche possibile eseguire dei self test disponibili in commercio per il riscontro dell’anemia da carenza di ferro o, meglio, per verificare i livelli di ferritina nel sangue e, dunque, le riserve di ferro nel corpo.
Questi test sono rivolti ai pazienti dai 15 anni in su, alle donne in gravidanza (soprattutto), che hanno l’esigenza di controllare il livello di ferro per vivere serenamente i mesi della gestazione e prevenire l’insorgenza di eventuali complicanze nel corretto sviluppo del feto.
Come funzionano i self test?
Si tratta di dispositivi immunocromatografici che, grazie all’azione di anticorpi, sono in grado di rilevare il livello di ferritina nel campione prelevato con il pungidito e messo nel flacconcino contagocce, segnalando un livello inferiore, o superiore, a 20 ng/mL. I risultati si hanno in soli 10 minuti!
Mai più trascurare, dunque, stanchezza e spossatezza: la medicina mette a disposizioni strumenti veloci e facili per prenderci cura della salute in pochi minuti. Dopo il risultato, sarà sempre necessario discutere con il proprio specialista, per capire insieme quale strada percorrere per ritrovare benessere e forza.