Dr. Luigi De Lucia, specialista in oncologia.
Melanoma: se ne sente parlare soprattutto in estate, pensando ai rischi di una esposizione solare eccessiva, senza protezione solare. Abbiamo chiesto al dr. Luigi De Lucia, oncologo, di parlarci dei pericoli di questo tipo di cancro della pelle e dei migliori metodi di prevenzione.
Cosa è il melanoma?
Il melanoma è una patologia tumorale maligna a insorgenza dalle cellule pigmentate della cute. Essa può manifestarsi su di un nevo pre-esistente trasformato oppure può insorgere direttamente in maniera metastatica, senza che un primitivo venga ritrovato. Tale fenomeno può essere dovuto anche a una regressione del melanoma stesso nel punto di insorgenza.
Quali sono i fattori di rischio?
L’esposizione solare, in particolare ai raggi UVB oltre una determinata soglia, può rappresentare il fattore di rischio principale; sembrerebbero da considerarsi anche esposizioni solari eccessive nei periodi invernali in conseguenza di viaggi esotici oppure all’utilizzo non controllato di lampade solari.
Risultano poi maggiormente colpiti i fototipi cutanei di tipo 1 e 2, gli individui dalla colorazione cutanea chiara con occhi e capelli chiari (biondi, rossi), o chi ha lentiggini.
Questo tipo di cancro può essere legato a sindromi genetiche, tra le quali:
- Xeroderma pigmentoso
- Sindrome del nevo displasico (DNS) associato a mutazione del gene CDKN2A, CDK4
- Altra mutazione genica nel Cromosoma 1 (1p22)
Come riconoscere un melanoma?
Le lesioni pigmentate (scure) sospette andrebbero valutate da specialista del settore (sermatologo dedicato al mapping dei nevi sospetti), mediante utilizzo di tecniche in epiluminescenza.
In generale, si consiglia al singolo individuo di porre attenzione ad anomalie della cute, secondo un criterio elementare ma semplice da ricordare, la regola dell’ABCDE:
- A: Asimmetria nella forma.
- B: Bordi irregolari e indistinti.
- C: Colore variabile (ovvero con sfumature diverse all’interno del nevo).
- D: Dimensioni; in passato venivano considerati a rischio i nevi sopra i 6 mm di diametro.
- E: Evoluzione, ovvero rapide variazioni in poche settimane o mesi nella forma, nel colore, nelle dimensioni del nevo, quando la lesione cutanea diviene rilevata e palpabile (cioè passandovi sopra il polpastrello si può apprezzare al tatto un rilievo rispetto alla superficie cutanea) e, soprattutto, quando sanguina spontaneamente.
Altro fattore rilevante, inoltre, che va sottolineato è che i nevi sono asintomatici e cioè, in condizioni normali, non danno alcun segno della loro presenza. Per tale motivo, è necessario porre molta attenzione a un nevo che dà una sensazione soggettiva della sua presenza, simile a una tensione o fastidio locale mal definibile, prurito o bruciore, che duri più di una settimana.
Come si cura il cancro alla pelle?
Il trattamento del melanoma richiede una gestione multidisciplinare. L’escissione della lesione sospetta con margini chirurgici di escissione validi nei lati e nello spessore della cute rappresenta il primo step per la diagnosi e terapia, in genere appannaggio del dermatologo oppure, ancor meglio, del chirurgo plastico.
L’esito dell’esame istologico della biopsia escissionale della lesione, analizzato dal medico anatomo-patologo, sarà determinante per valutare le procedure successive. La prima è rappresentata dalla tecnica del linfonodo sentinella individuato nelle stazioni linfonodali più prossime alla lesione bioptizzata, tramite questa tecnica di Medicina Nucleare. Successivamente, la stadiazione sarà completa con l’esecuzione di una PET/TAC con fluorodesossiglucosio e mezzo di contrasto iodato insieme, tecnica di imaging che fornisce informazioni specifiche.
In presenza di una malattia localizzata (senza metastasi), la chirurgia risulta essere essenziale. Successivamente, l’oncologo in base a vari fattori di rischio (estensione del tumore primitivo secondo spessore di Breslow, Livello di Clark, coinvolgimento dei linfonodi) deciderà se sottoporre il paziente a terapia “adiuvante”, preventiva per ridurre il rischio di recidiva con farmaci oncologici sistemici a base di Interferon alfa, oppure utilizzando i nuovi protocolli di immunoterapia.
Nella malattia metastatica, attualmente, dopo i risultati promettenti ottenuti da studi internazionali, i farmaci immunoterapici (Ipilimumab, Nivolumab, Pembrolizumab) e biologici (Vemurafenib, Cobimetinib, Dabrafenib, Trametinib) hanno posto in secondo piano l’impiego della chemioterapia, ottenendo risultati insperati fino a pochi anni fa, con incremento della sopravvivenza globale, riduzione della quota tumorale e miglioramento della qualità di vita, con tossicità accettabile e di tipo immuno-correlata.