Secondo i dati del Ministero della Salute, nel 2016 in Italia sono state effettuate circa 660 mila trasfusioni di sangue e oltre 3 milioni di donazioni, con il 70% dei donatori di sesso maschile. Un dato, quello del genere, che viene registrato senza avere poi alcun peso per i soggetti che riceveranno il sangue.
In fondo, per moltissimo tempo abbiamo realizzato le emotrasfusioni senza badare al sesso del donatore e del ricevente. Perché iniziare ora a preoccuparsene? Un gruppo di ricercatori olandesi del Leiden University Medical Center ha condotto uno studio durato 10 anni, che ha messo in evidenza come il genere potrebbe fare la differenza. Ecco di cosa si tratta.
Trasfusioni di sangue da donna a uomo: perché potrebbero essere più rischiose
Pubblicato sulla rivista scientifica JAMA, lo studio rappresenta una ricerca preliminare, per la quale sono necessarie ulteriori conferme. Se i risultati fossero convalidati, però, sarebbe necessario ripensare alla procedura di emotrasfusione.
Ad oggi, infatti, per effettuare la scelta del donatore nelle trasfusioni di sangue l’unica cosa che conta è il gruppo sanguigno, poiché deve esserci compatibilità tra donatore e ricevente. Se così non fosse, si rischierebbe di sviluppare delle reazioni emolitiche: il sistema immunitario del ricevente attaccherebbe i globuli rossi trasfusi, distruggendoli.
I risultati ottenuti dallo studio, però, hanno evidenziato che la trasfusione di globuli rossi da donne a uomini incrementava il tasso di mortalità dei secondi di circa il 13%, se le donne donatrici avevano avuto almeno una gravidanza. In tutte le altre circostanze, invece, non vi era variazione nel tasso di mortalità, quindi non c’era alcuna differenza se gli uomini o le donne ricevevano trasfusioni di sangue da donatori uomini o da donne senza storia di gravidanza.
Si tratta di una novità?
Nello studio sono stati coinvolti più di 42 mila soggetti, maschi e femmine, nell’arco di 10 anni (dal 2005 a 2015), di cui circa 31 mila avevano ricevuto donazioni di globuli rossi da un solo tipo di donatore, cioè o da uomini o da donne che non avevano mai avuto una gravidanza o da donne che avevano avuto almeno una gravidanza. L’analisi di questa parte del campione è quella che ha restituito l’interessante risultato.
Le trasfusioni di sangue prese in considerazione riguardavano quelle di globuli rossi. Oltre ad essere la trasfusione più comunemente eseguita negli ospedali, la trasfusione di globuli rossi era già stata indagata: si era precedentemente osservato un aumento del tasso di mortalità nel caso in cui fosse avvenuta da donna a uomo.
La causa più comune di morte correlata alla trasfusione è una lesione polmonare, nota con la sigla TRALI, dall’inglese Transfusion Related Lung Injury, che in studi precedenti risultava associata prevalentemente ai casi in cui la donatrice era donna e aveva avuto una gravidanza in anamnesi. Da questa evidenza è nato lo studio poi pubblicato su JAMA, con l’obiettivo di valutare se ci fossero differenze in termini di mortalità quando i donatori per l’emotrasfusione erano donne con una precedente gravidanza.
Nello studio sono state prese in considerazione tutte le cause di morte, non solo la TRALI. Servono però ulteriori indagini sia per confermare il risultato sul tasso di mortalità sia per definire il meccanismo biologico alla base. Quest’ultimo sarebbe rilevante anche per comprendere se il sesso femminile e la gravidanza del donatore influiscono solo quando avviene una trasfusione di globuli rossi o anche negli altri casi. Le trasfusioni di sangue, infatti, possono essere eseguite con sangue intero, plasma, globuli rossi, piastrine o fattori della coagulazione.
Emotrasfusioni: non sono tutte uguali
La scelta del campione da trasfondere dipende dalla condizione clinica del ricevente. Le emotrasfusioni possono rendersi necessarie per diverse ragioni: un sanguinamento eccessivo durante un intervento chirurgico o per gravi lesioni fisiche, malattie croniche che causano grave anemia (malattie infettive, anemie congenite o acquisite, tumori o radioterapia), o malattie come l’emofilia o la trombocitopenia, che causano anomalie della coagulazione.
La trasfusione dei globuli rossi è indicata in caso di anemia grave ed emorragia grave, ma inferiore al 50% del volume sanguigno. La trasfusione delle piastrine, invece, avviene in caso di trombocitopenia grave o se vi è rischio di sanguinamento. In quest’ultimo caso, la trasfusione di piastrine è utilizzata in modo profilattico.
Il sangue intero è impiegato quando si è in presenza di emorragie gravi, mentre la trasfusione di plasma è indicata quando vi è perdita dei fattori di coagulazione o di plasma.
I dati finora disponibili sulla relazione tra sesso del donatore e mortalità, però, riguardano solo le trasfusioni di globuli rossi e, se il risultato dello studio pubblicato su JAMA fosse confermato da ricerche future, implicherebbe la necessità di un cambiamento nella procedura di emotrasfusione. Nella scelta delle sacche di sangue da donare agli individui di sesso maschile, infatti, andrebbe considerato il sesso del donatore e, se è donna, la gravidanza.