La grande novità arriva da uno studio dell’Università della Pennsylvania pubblicato dal New England Journal of Medicine: anche chi è affetto da epatite C potrà diventare un donatore di reni, accorciando notevolmente le lunghe liste di attesa.
La ricerca nasce da un’evidenza sconcertante: secondo quanto scrivono gli autori dello studio, ogni anno, solo negli Stati Uniti, circa mezzo migliaio di reni in ottime condizioni vengono scartati, poiché il donatore risulta affetto da epatite C. La ricerca, se davvero fosse confermata, potrebbe rappresentare un notevole passo avanti per la scienza, ma soprattutto per i tanti pazienti in dialisi in attesa di un trapianto di organi.
I pazienti con epatite C potranno donare il loro rene
I ricercatori dell’università della Pennsylvania hanno effettuato i test su un campione di 10 persone, in dialisi da oltre un anno e mezzo, con un’età compresa tra i 45 e i 60 anni. Ad ognuno di loro è stato assegnato un rene proveniente da un donatore infetto con il genotipo 1 del virus dell’epatite C. Nessun rigetto.
I riceventi, a loro volta, sono stati sottoposti a una terapia di 12 settimane, effettuata con i cosiddetti “superfarmaci”, andando a debellare completamente la malattia. “Un esperimento pilota” – ha dichiarato Davis S. Goldberg, uno degli autori – “che dimostra, però, la possibilità di curare il virus dopo il trapianto”. Questo passaggio, evidentemente, risulta di fondamentale importanza.
E una buona notizia arriva anche dall’Italia, non solo dagli USA. La legge di Bilancio 2017 ha stanziato infatti circa un miliardo di euro per implementare e sviluppare la ricerca sui nuovi farmaci contro l’epatite C per consentire, anche in questo caso, l’impiego di organi di donatori che hanno contratto l’infezione.
Un focus sull’epatite C: sintomi, trasmissione e contagio
In primo luogo, è bene sottolineare che l’epatite C si diffonde, nella maggior parte dei casi, attraverso il contatto con il sangue. La prevenzione, dunque, è ancora una volta la miglior arma per evitare il contagio e la trasmissione dell’epatite C: mai condividere aghi con qualcuno che ha già il virus, mai effettuare piercing o tatuaggi in ambienti non certificati che – magari – utilizzano attrezzature non sterili. Pochi e semplici accorgimenti potrebbero proteggervi dal contrarre il virus. Si evidenzia che, ad oggi, la maggior parte dei pazienti affetti da epatite ha subito il contagio prima del 1992, a causa di semplici trasfusioni di sangue o trapianti di organi. Prima di questa data, infatti, i test effettuati sul sangue non erano del tutto affidabili, a differenza di quanto accade oggi.
Nel caso in cui questo dovesse accadere – per cause imprevedibili – è importante sapere che l’80% dei pazienti non manifesta alcun sintomo dell’epatite C, soprattutto durante la prima fase di incubazione.
Ciò accade in quanto l’epatite C è una malattia generalmente asintomatica. Nonostante ciò, il virus è presente nel fegato, causando infiammazioni croniche. Chi ne soffre necessita di cure e controlli costanti, per evitare un’involuzione in cirrosi o cancro al fegato. Nel caso in cui i sintomi dovessero manifestarsi, febbre, nausea, affaticamento, diminuzione dell’appetito e dolori articolari saranno comunque all’ordine del giorno.
Secondo le stime OMS, nel mondo sono circa 80 milioni le persone colpite dal virus dell’epatite C (HVC), pari all’1,1% della popolazione mondiale. Anche in Italia è proprio questo virus a essere responsabile di gran parte delle epatiti di origine virale: se i loro reni, però, sono perfettamente sani, perché non procedere con un espianto di organi e salvare la vita di un altro paziente malato?