Un esame del sangue si è dimostrato più accurato del tradizionale test del PSA per misurare il rischio di tumore alla prostata. Avete capito bene: il nuovo test, capace distinguere tra forme maligne e benigne, potrebbe ridurre di oltre il 40% le biopsie, oggi necessarie per diagnosticare la natura della forma tumorale.
Una rivoluzione? Assolutamente sì, se si pensa che il cancro alla prostata rappresenta circa il 15% di tutti i tumori diagnosticati nell’uomo. Solo nel nostro Paese, un adulto su otto ha la probabilità di contrarlo, secondo i dati diffusi dall’Airc, soprattutto una volta raggiunta la fatidica mezza età.
È vero, il rischio che questo genere di tumore abbia un esito nefasto non è particolarmente elevato, ma solo se si interviene con rapidità grazie a diagnosi precoci. Che il nuovo test potrebbe contribuire ad aumentare. Vediamo perché e come funziona.
Il test del PSA per il tumore alla prostata: efficace ma mai accurato
Sappiamo molto bene che, con il passare del tempo, gli uomini si trovano – a buon ragione! – a far fronte a ripetute sollecitazioni per effettuare il test principe per la prevenzione del tumore alla prostata, la forma cancerosa più diffusa tra la popolazione maschile. Si tratta del famoso test del PSA (antigene prostatico specifico), un enzima secreto dalla prostata, necessario per fluidificare il liquido seminale.
Il test, purtroppo, non si è mai rivelato infallibile: capita a volte, infatti, che a un valore di PSA elevato non corrisponda un tumore maligno (test falsi positivi), mentre, al contrario un tumore maligno aggressivo alla prostata può insorgere anche con il PSA basso (test falso negativo).
Insomma, l’alterazione dei valori riscontrabile tramite questo specifico esame del sangue (test del PSA) non è sufficiente a produrre una diagnosi sulla presenza di un tumore maligno. Serve una visita urologica, un’ecografia e, purtroppo, una biopsia: solo così è possibile accertare l’origine delle cellule presenti.
Un lungo percorso, che fa a pugni con la tempestività della diagnosi, fondamentale nell’individuazione di una terapia efficace contro il tumore. Per non parlare, al contrario, del fatto che alcune forme di tumore alla prostata abbiano un andamento lento, che rendono interventi aggressivi, come la classica biopsia, del tutto inutili.
Certo, il test ha permesso nel tempo di individuare un grandissimo numero di tumori precedentemente ignorati ma, al contempo, ha portato a un interventismo – per scoprire la natura benigna o maligna – a tratti eccessivo.
Ma ci sono buone notizie, direttamente Oltreoceano: è in arrivo un test del sangue per individuare la natura del tumore alla prostata, che risparmierà i pazienti da fastidiose biopsie.
Addio biopsie per i tumori alla prostata: sì, con l’esame Iso PSA
Insomma, il problema centrale è quello di ridurre il numero di interventi invasivi e traumatici, limitandoli idealmente ai soli casi dei tumori più aggressivi. Semplificando, l’obiettivo è quello di capire, quando il PSA risulta positivo, se il tumore è di tipo aggressivo o se al contrario è inerme.
La svolta, tanto attesta nel mondo scientifico, che porterebbe a diagnosticare il tumore alla prostata attraverso un nuovo test del sangue è stata presentata nei giorni scorsi durante il Meeting della American Urological Association tenutosi a San Francisco.
Il test, denominato Iso PSA, si è rivelato differente dal tradizionale esame per la ricerca dell’antigene prostatico specifico (PSA). Questo, infatti, non si limita a verificare i valori alterati, ma riesce a rintracciare i cambiamenti della struttura molecolare, discriminando con attendibilità le modifiche strutturali della proteina associate all’eventuale presenza di un tumore.
Insomma, se i risultati dovessero essere davvero confermati, si tratterebbe di una svolta. La dote di riuscire a distinguere tra tumori benigni e maligni porterebbe a ridurre del 40% la necessità di ricorrere alla biopsia nei casi sospetti. Non solo. La diagnosi potrebbe diventare (finalmente) precoce.