Sono appena stati confermati nove casi umani di infezione da virus dell'influenza aviaria ad alta patogenicità (Hpai) A(H5): si tratta di lavoratori coinvolti nello spopolamento dei polli di un impianto in cui si era verificata un'epidemia di virus H5N1, il patogeno che circola tra gli uccelli selvatici e che ha contagiato i bovini da latte in diversi stati americani.
I casi comprendono anche quelli che erano stati comunicati nei giorni scorsi, poi confermati dai test condotti dall'agenzia federale.
Ecco cosa sta succedendo.
Nuovi casi di influenza aviaria negli Stati Uniti
Negli Stati Uniti, i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) hanno confermato due ulteriori casi di influenza aviaria tra i lavoratori di un allevamento di pollame del Colorado, parte di una recente epidemia che ha colpito il pollame d’allevamento, con alcuni casi legati alla macellazione di volatili.
A un totale di sei lavoratori è stato diagnosticato il virus H5N1, tutti con sintomi lievi. Il CDC ha reso disponibili farmaci antivirali ai lavoratori esposti al virus.
Dall'aprile 2024, negli Stati Uniti sono stati segnalati 10 casi umani di influenza aviaria A (H5), quattro dei quali collegati a mucche malate e sei all'esposizione a pollame infetto da H5N1, con due nuovi casi collegati a pollame lavoratore nelle operazioni di riduzione e smaltimento della popolazione.
Le valutazioni del rischio per la popolazione generale degli Stati Uniti rimangono basse.
La situazione e le possibili misure preventive
Per quanto riguarda gli animali, l’USDA riferisce che 157 allevamenti da latte in 13 stati hanno confermato casi nei bovini, e quel numero continua a crescere.
Negli uccelli, dall’aprile 2024 sono stati rilevati casi di virus A(H5) in 34 allevamenti commerciali e 16 allevamenti con cortile, che hanno colpito 18,3 milioni di uccelli.
Il CDC ha analizzato la sequenza genetica (RNA) di un lavoratore del Colorado a cui era stata diagnosticata l'infezione da H5N1: i risultati hanno mostrato un forte legame con il primo caso umano identificato nel Michigan, senza cambiamenti associati nella resistenza antivirale.
La sequenza completa è stata caricata in un database pubblico per l'analisi da parte di ricercatori di tutto il mondo. Inoltre, il CDC riporta i risultati preliminari di uno studio sulla sieroprevalenza di campioni di sangue raccolti nel giugno 2024 da 35 lavoratori di aziende lattiero-casearie del Michigan che allevavano bovini infetti dal virus dell’influenza A H5N1.
Nessuno dei campioni mostrava anticorpi neutralizzanti il virus H5N1, indicando l'assenza di infezione asintomatica. La maggior parte dei lavoratori ha riferito di non utilizzare maschere o occhiali protettivi.
La causa principale dell’infezione con il virus dell’influenza aviaria H5N1 altamente patogeno nelle vacche da latte negli allevamenti statunitensi è sotto indagine; uno studio preliminare su BioRxiv ipotizza che la trasmissione potrebbe avvenire tramite aerosol carichi di virus in stalle affollate, sebbene il mezzo più probabile rimanga il latte infetto.
Esperimenti condotti da Amy Baker e il team del Dipartimento dell'agricoltura degli Stati Uniti (USDA) hanno indotto quattro vitelle a respirare aerosol contenenti il virus H5N1.
Gli animali hanno mostrato anticorpi neutralizzanti, confermando l’infezione con sintomi lievi, e il virus è stato isolato nelle vie aeree superiori di due vitelle.
Questi risultati suggeriscono che, in ambienti affollati, il virus può diffondersi per via respiratoria. La mancanza di anticorpi contro H5N1 tra i lavoratori esposti alle mucche infette è coerente con dati che indicano una bassa sieroprevalenza dell’influenza aviaria A H5N1, anche tra i lavoratori con esposizioni note.
Tuttavia, ulteriori dati sono necessari per comprendere appieno i rischi professionali associati al virus.
Thomas Peacock, virologo dell'Imperial College di Londra, ritiene che la trasmissione aerea non sia la modalità primaria di diffusione del virus H5N1 tra i bovini, anche se il virus potrebbe evolversi. È fondamentale monitorare attentamente il virus per prevenire ulteriori contagi.