Uno dei grandi temi del mondo della psicologia in generale è quello di come etichettare e considerare alcune patologie, in questo caso la schizofrenia. Secondo le comuni convenzioni, si tratta di una malattia psichiatrica caratterizzata da sintomi di alterazione del pensiero e dei comportamenti, tanto da portare a un forte disadattamento del soggetto colpito e limitarne le comuni attività.
Un nuovo punto di vista
Nel tentativo di allontanarsi da questa visione, la British Psychological Society (BPS) ha lanciato un aggiornamento su questo tema. Il suo pensiero è chiarito fin dal primo momento nella prefazione al rapporto: speriamo che in futuro i pazienti possano contare su operatori che non impongano prevalentemente farmaci per curare il loro problema.
E’ già la seconda volta che l’organizzazione prova a mettere in dubbio la visione della schizofrenia come malattia, spingendosi fino a chiedersi se abbia senso dare un’etichetta così netta a quell’insieme di comportamenti.
Che cosa succede quindi?
Questa condizione psichica è da tempo soggetta a dibattito e storicamente la diagnosi è apparsa controversa tanto che, per esempio, nel 1991, la psicologa clinica Mary Boyle ha pubblicato un coraggioso libro in cui si chiedeva se la schizofrenia fosse un delirio scientifico. Col tempo, sempre più operatori hanno utilizzato questo termine con maggiore cautela, anche se, per comodità e mancanza di altre basi certe, la maggior parte dei medici abbraccia ancora la definizione classica. Si fa strada oggi l’idea che la ricerca futura dovrebbe aprirsi a valutare distintamente i problemi che generalmente vengono inglobati nella parola schizofrenia.
Schizofrenia: un dibattito aperto
Il pioniere di questa nuova tendenza è lo psicologo riformista Michael Green, il quale, pur non negando la dottrina classica che ha formato le basi per la cura del paziente schizofrenico, è aperto a nuovi metodi d’indagine che cambino il punto di vista tradizionale. Per i rivoluzionari, al contrario, questa etichetta è solo una barriera inutile e denigrante, usata per giustificare trattamenti coercitivi.
Lo scenario futuro
Chiarito che la differenza tra i due punti di vista sta nell’urgenza nel disfarsi della parola “schizofrenia”, possiamo dire che il successo starà non tanto nell’abolire un termine quanto nel definire in altro modo quell’insieme di caratteristiche del pensiero. L’utilità del rapporto BPS sta proprio nell’invitarci a riflettere su un termine che andrebbe usato con cautela senza etichettare con facilità individui che soltanto vogliono vivere la vita che desiderano.