Il tumore ovarico rappresenta una minaccia concreta per migliaia di donne. Ogni anno, solo in Europa, si registrano più di 60mila nuovi casi con conseguenze purtroppo anche mortali. In questi giorni, i media hanno portato alla ribalta la storia della diva di Hollywood Angelina Jolie che, dopo aver constatato la reale possibilità di ammalarsi di tumore, come già accaduto a diverse donne della sua famiglia, ha deciso di sottoporsi all’intervento di rimozione delle ovaie. Una scelta che ha fatto molto discutere e ha diviso l’opinione pubblica, pronta a interrogarsi sulla necessità di un’azione così drastica.
Abbiamo così rivolto alcune domande al dr. Gianfranco Blaas, specialista in ginecologia, che ci ha aiutato a comprendere meglio i dubbi e le perplessità legate a questo tipo di patologia.
Quali sono le abitudini che, mantenute per anni, portano una donna adulta a esporsi al rischio di tumore alle ovaie?
Non si deve essere portati a credere che esistano abitudini in grado di favorire l’insorgenza del tumore ovarico. Esistono, piuttosto, fattori predisponenti, come l’obesità, che porta a un accumulo di estrogeni nei tessuti, la precocità delle prime mestruazioni. Al contrario, sembrano essere un fattore di protezione la multiparità (ovvero chi ha avuto più gravidanze), l’uso della pillola contraccettiva (che tiene a riposo le ovaie) e l’allattamento al seno (per lo stesso motivo).
Quanto conta la familiarità, ovvero la predisposizione genetica a questo tipo di neoplasie?
Per quanto riguarda la familiarità, bisogna specificare che non tutti i tumori ovarici hanno la stessa origine:
- alcuni derivano dalla parte epiteliale dell’ovaio (i più aggressivi e pericolosi);
- altri derivano dalla zona ovarica che produce gli ovociti (colpiscono più le giovani e sono meno aggressivi);
- altri, infine, derivano dalĺa parte di sostegno della struttura ovarica.
I più aggressivi, in un 5-10% dei casi, riconoscono una predisposizione genetica (ho detto predisposizione e non sicura trasmissione) legata alla variazione di una proteina genetica, P53, e a variazioni enzimatiche di cromosomi, geni BRCAC1 e BRCAC2, simili a quelli che predispongono al tumore alla mammella.
Non ci è dato però sapere quali elementi abbiano indotto l’attrice in questione a intervenire in un modo così drastico, ma se in una famiglia si sono presentati più casi, soprattutto in parenti stretti, di cancro della mammella e/o ovaio, è giusto fare una ricerca di tipo genetico.
È il caso di rimuovere chirurgicamente le ovaie o è una soluzione, diciamo, un po’ troppo estrema?
Se la storia familiare e personale è positiva e il caso di alta familiarità è verificato, trovo assolutamente giustificato l’intervento per la rimozione di mammelle e ovaie a cui si è sottoposta l’attrice. Teniamo presente che il tumore ovarico aggressivo tende a manifestarsi in età avanzata, oltre i 50 anni, quindi si può attendere l’avvicinarsi di questa età per intervenire. L’intervento chirurgico di asportazione ovarica e prelievo di linfonodi resta la soluzione primaria.
Quali sono i rischi, invece, legati alla rimozione delle ovaie? La menopausa indotta causa altri tipi di disturbi?
È bene operarsi (se lo specialista lo consiglia) non in età giovane anche perché si potrebbero avere eventuali (e sottolineo eventuali) disturbi menopausali simili a quelli di una menopausa fisiologica.
Prevenzione: che tipi di controlli fare, a quale età iniziare e con quale frequenza?
Per concludere, purtroppo non si può avere un vero screening per il tumore ovarico (una mappaturaa genetica su larga scala non sarebbe possibile); rimane solo l’ecografia pelvica (anche con sonda trans-vaginale) che io raccomando a tutte le pazienti, anche in menopausa.