Per un atleta professionista o anche per una persona che ama tenersi in forma, c’è sempre una domanda che prima o poi salta fuori: “Come fare a gestire la fatica?”.
Molto spesso, atleti che seguono gli stessi allenamenti ottengono risultati diversi. Questo fa pensare che ci siano fattori in parte sconosciuti che influenzano le proprie prestazioni. Il vero X factor è probabilmente da rintracciare nel proprio cervello, o meglio nella sua capacità di influenzare gli aspetti emotivi e comportamentali che portano a una maggiore o minore motivazione ad affrontare una sfida fisica. Tutto questo può essere riassunto in due parole “fatica mentale”.
È proprio la fatica mentale il vero discriminante che può fare la differenza sul campo e non è un caso che negli ultimi anni sono aumentati gli studi volti a individuare i centri nervosi responsabili del controllo del senso di stanchezza fisica e mentale.
La fatica mentale può influenzare le prestazioni atletiche
La fatica mentale non è qualcosa che interessa solo gli atleti o gli sportivi in generale, ma può riguardare ogni aspetto della vita quotidiana ed è il frutto di uno sforzo mentale prolungato.
Come risultato si assiste a un calo dei livelli di concentrazione, fino ad arrivare alla sensazione che si è dinanzi a un ostacolo insormontabile e questo ovviamente determina risultati poco soddisfacenti. Al fine di dimostrare come la fatica mentale sia effettivamente in grado di condizionare la performance di un atleta, è stato condotto uno studio presso l’Università di Canberra.
Lo studio ha analizzato il comportamento di due gruppi di persone. Il primo composto da ciclisti professionisti, il secondo composto da ciclisti occasionali. Entrambi i gruppi sono stati sottoposti a diversi test allo scopo di valutare l’impatto della fatica mentale sulle performance atletiche. Dai risultati è emersa una maggiore resistenza alla fatica da parte dei ciclisti professionisti, i quali hanno ottenuto i punteggi migliori ai diversi test effettuati.
Resistere alla fatica: un talento naturale che può però essere sviluppato
Dai diversi studi condotti appare evidente che la fatica mentale influenza la percezione della difficoltà di un esercizio o di una gara, portando a risultati meno soddisfacenti.
C’è chi crede che la resistenza alla fatica sia un fattore innato, altri sostengono invece che le dure sessioni di allenamento a cui si sottopongono gli atleti, abbiano prodotto dei cambiamenti anche a livello cerebrale, tali da renderli più abituati a gestire uno sforzo fisico prolungato senza perdere motivazione e concentrazione.
È probabile che entrambi i fattori giochino un ruolo determinate, motivo per cui alcuni risultano atleti più forti di altri nelle discipline che richiedono uno sforzo e una concentrazione prolungata.
La nuova sfida di allenatori e preparatori atletici è proprio quella di fare in modo che gli atleti siano in grado di gestire la fatica mentale e aumentare le possibilità di successo. Ormai non basta più solo allenare i muscoli, ma è necessario mettere a punto esercizi cognitivi volti ad aumentare la motivazione e ridurre la sensazione di fatica.
Il vecchio detto “volere è potere”, è quanto mai attuale.
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